Un monolocale costa circa 900 euro, ma nel weekend di apertura della Biennale una notte può arrivare anche a quota 1600. La muffa agli angoli del soffitto ricorda che la lotta contro l’umidità è persa in partenza. Se al piano terra, ad ogni acqua alta devi sperare che non sia sufficientemente alta da invaderti la cucina. E le lampade devono essere almeno cinque, perché in certe calli il sole non ci arriva mai e in casa c’è buio anche di giorno. Anche questo significa vivere a Venezia. Una città sempre più vuota, dove la differenza tra cittadini e posti letto turistici è solo di 328 unità. Lo dimostrano i contatori cittadini installati dall’Osservatorio CIvicO sulla casa e sulla residenza (Ocio): i cittadini ammontano a quota 49.474, i posti letto ricettivi 49.146.

La redazione consiglia:
La bolla immobiliare alimentata dal boom di affiti brevi e bonus 110%

Lo stacco è minimo e la proliferazione di b&b e case vacanze è veloce e smaniosa, un vero e proprio contagio, senza periodi di incubazione. Nel mese di aprile, ad esempio, i posti per i turisti sono aumentati di 600 unità. Secondo i dati elaborati dall’attivista di Ocio, Alice Corona, dal 2019 i residenti sono diminuiti del 7% e i letti per i turisti cresciuti dello stesso numero percentuale.

LA VITA NELLA CITTÀ più bella del mondo comporta mille difficoltà. Anche piccole cose, comprare un computer, ad esempio, o un costume da nuoto, i giocattoli da mettere sotto l’albero a Natale o i libri di testo per la scuola. Serve andare in terraferma, il più delle volte. Piccolezze che sommate al resto ti fanno chiedere chi te lo faccia fare, meglio traslocare e fine. Pensate alla vostra città, quella che amate e che vi ha dato molto più di quanto voi avete dato a lei. Ora immaginatela presa d’assalto dai turisti, 65 mila persone nel ponte del 2 giugno. Poche, se in altre occasioni toccano quota centomila.

Fa male? Almeno un po’ si, lo conferma Maria Fiano di Ocio: «Difficile essere ottimisti. Serve una regolamentazione delle locazioni brevi e politiche abitative a 360°». Politiche che sono state richieste a gran voce anche dagli studenti dell’Università Ca’ Foscari, che hanno montato le tende fuori da una delle sedi per protestare contro il costo degli affitti. «Più di 15 euro a metro quadro» commenta Marco Dario di Udu Venezia, «Solo nell’ultimo anno sono cresciuti del 13%».

ALLE LORO PROTESTE, però, il sindaco Luigi Brugnaro ha risposto che «chi paga 700 euro di affitto non merita la laurea perché si sta facendo fregare» e poi, rincarando la dose, ha aggiunto che «non è detto che aspettare la paghetta sociale o che lo Stato vi risolva i problemi sia la scelta migliore». La colpa, insomma, è dei ragazzi. Non di chi chiede queste cifre. Non del sistema e di chi non fa nulla per migliorare la situazione.

Intanto, il problema del turismo riguarda anche quelle strutture create appositamente per gli studenti, «come i campus di San Giobbe, Santa Marta e Combo» spiega Dario, «campus di lusso, che solo in pochi possono permettersi. A Santa Marta una doppia costa 700 euro, una singola 800 o 900». E le borse di studio della Regione? «circa 800, a fronte di 2900 richieste» continua Dario. Mentre i prezzi sono questi e gli aiuti economici esigui, le istituzioni parlano del modello Città Campus, che dovrebbe attirare in centro storico 30mila studenti. Poi dove verranno messi – dal momento in cui le residenze sono inaccessibili, trovare casa è un’impresa impossibile, le poche che ci sono hanno affitti esorbitanti – si vedrà, ci si penserà più avanti.

LE DIFFICOLTÀ SONO tante anche per le persone meno abbienti. E qui si apre l’altra piaga della residenzialità, quella degli alloggi pubblici – sia comunali che Ater – sfitti. Nella Venezia insulare, sono ben 1.016, in terraferma 1.092, per un totale di 2.208. Inoltre, il 70% degli appartamenti comunali non rientra tra gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (erp), ma in quelli di social housing. Ogni anno, il numero di erp diminuisce a causa di riqualificazioni delle strutture che vengono così inserite nei bandi dell’edilizia sociale. Ma molte restano vuote, a riempirsi instancabilmente sono solo le locazioni turistiche.

ASSOCIAZIONI e politici sono concordi nel dire che serve una regolamentazione dei flussi turistici, ma una chiave ancora non è stata trovata. Si parla di contributo d’accesso, numero chiuso, ma qualcuno dice no, ché Venezia non è mica un museo da doverci pagare il biglietto d’entrata. Mentre la politica discute, i cittadini che restano resistono, con associazioni e comitati che si occupano della difesa della sanità pubblica, dei diritti lgbt, Rete degli Studenti Medi, Fridays for Future, realtà che danno vita a festival culturali di ogni tipo e artigiani che arrancano ma non mollano. Accanto al souvenir, Venezia è una barricata.