Economia

Visco: «Renzi sta sbagliando, così non aggancia la ripresa»

Visco: «Renzi sta sbagliando, così non aggancia la ripresa»Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze e presidente del Nens

Def e Legge di Bilancio L’ex ministro delle Finanze: basta misure a caso, per il Pil servono investimenti pubblici. La detassazione a pioggia delle imprese non ha senso: puntiamo su settori come la robotica. E non illudiamoci sul Patto per la produttività: questa non aumenta agendo sui salari. Se contrasti l’evasione fiscale, poi potrai tagliare le tasse a lavoratori e pensionati. Ma serve una riforma generale del fisco: gli 80 euro seguono la filosofia del ’ndo cojo cojo

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 29 settembre 2016

«Non solo con questo Def, ma già con misure passate come gli 80 euro, il governo ha sbagliato l’interpretazione della crisi. Si postano le risorse su provvedimenti che non danno risultati, mentre per far ripartire il Pil sarebbe stato più opportuno concentrare tutto sugli investimenti pubblici e sostenere l’innovazione e la ricerca». Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze e presidente del Nens, boccia la manovra che l’esecutivo sta approntando in questi giorni.

Sul Def Renzi ha sbagliato strategia? Per il momento non ha ottenuto dalla Ue la flessibilità che avrebbe voluto.

L’obiettivo del disavanzo per il 2017 è il 2%, mentre poi c’è uno 0,3-0,4 che dovrebbe essere recuperato, nelle intenzioni del governo, con la legge di Stabilità. Chiedendo nuove deroghe alla Commissione Ue. Staremo a vedere, io penso che comunque almeno un ulteriore 0,2-0,3 verrà accordato, ma il problema vero è che l’esecutivo insisterà su una politica che non porta risultati. E se non presenti strategie di respiro, in modo serio, pacato e documentato, non ha senso che stai lì a pietire deroghe.

Su quali leve si dovrebbe agire, a suo parere?

Innanzitutto si deve comprendere dove sta il problema: l’Italia continua a crescere la metà di quello che fanno gli altri paesi dell’eurozona, e così perde terreno. L’attuale incapacità di agganciare una vera ripresa è preoccupante: siamo usciti da una recessione nel 2008, e dopo aver perso 5 punti siamo risaliti di 1,7. Non è tanto, ma è qualcosa. Oggi, dopo una nuova perdita di 5 punti, si arriva a stento all’1. E ancora: nel 2014-2015 il nostro Pil procapite era -17% rispetto alla media degli altri paesi, quando nel 2000 era +4%. C’è stato un impoverimento micidiale, devi affrontarlo e cercare di rilanciare la domanda.

Date queste condizioni lei come costruirebbe la legge di Bilancio?

Dati i vincoli che ci sono, terrei innanzitutto d’occhio il debito, e farei in modo che non cresca, o che possibilmente si riduca. Cambierei poi completamente la composizione della legge di Bilancio e concentrerei tutte le risorse disponibili in spese ad alto moltiplicatore, cioè di investimento pubblico: il contrario di quello che hanno fatto tutti gli ultimi governi, quando invece questa è l’unica voce che se investi 100 ti restituisce 120-150. Infine sosterrei gli investimenti privati, ma non con incentivi a pioggia: guardiamo gli altri Paesi, che scommettono su robotica, genomica e settori ad alta innovazione. Invece l’unico mantra del governo sembra quello del taglio delle tasse: certo, fai la gente contenta, ma poi crei problemi a tanti servizi pubblici, e l’effetto economico sicuramente non è espansivo, anzi spesso è addirittura recessivo.

Ritiene impossibile in questa fase abbassare le tasse? Tra l’altro l’annunciata riforma dell’Irpef anche quest’anno non si è potuta fare.

L’unico modo per abbassare le tasse è recuperare soldi dall’evasione fiscale: devi contrastare l’illegalità diffusa, la corruzione, la malavita, il nepotismo e l’affarismo, mali atavici di questo Paese che mi sembra per il momento non si prendano di petto. Fatto questo, si potrà intervenire soprattutto su chi paga troppo, i redditi da lavoro e da pensione.

Intanto si agisce sulla leva delle imprese: gli sconti fiscali in questo caso arriveranno.

Sì, ma come ho già detto non sono d’accordo su misure a pioggia. Inoltre se incentivi le assunzioni e allenti altri vincoli non spingi le imprese a investire e a migliorarsi sui propri problemi strutturali. Poi francamente non vedo motivi per cui sia preferibile detassare i profitti e non i redditi da lavoro: questi ultimi hanno una aliquota marginale massima al 41%, mentre sui primi si vogliono scontare 10-15 punti. La politica fiscale di questo governo non ha una strategia coerente, la trovo imbarazzante, agisce su singole categorie con il criterio del ’ndo cojo cojo.

Intende gli 80 euro?

Intendo tutte le misure fiscali, 80 euro inclusi. Per l’Irpef pare ci sia l’intenzione di ridurre solo alcune aliquote centrali. Ma se già si parte da imposte piatte come le nostre, rischi di concentrare il carico sulle classi medie. Al contrario bisognerebbe tornare a imposte con molte aliquote e una vera progressività che sgravi le classi medie e colpisca i più ricchi. Gli stessi 80 euro sul piano tecnico sono un’assurdità: potevano avere un senso se fossero durati massimo uno o due anni, ricostruendo per intero l’Irpef e riassorbendoli in una riforma del fisco più generale.

Qualche beneficio alla crescita potrebbe venire dal Patto sulla produttività? Le imprese chiedono di detassare il salario aziendale per rilanciarla.

Ma la produttività non c’entra nulla con i salari aziendali: deve crescere a monte, se le imprese investono sull’innovazione e superano altri fattori che le frenano. Creata più ricchezza, poi si potrà redistribuire in busta paga. Tra l’altro una legge che detassi il salario aziendale rischia di creare squilibri sul piano fiscale per tutti quelli che non fanno contrattazione di secondo livello, e può avere profili di incostituzionalità: tante piccole imprese non firmano accordi aziendali, come anche il settore pubblico.

Le piace l’Ape per le pensioni?

Se lo Stato si fa carico delle spese per le fasce disagiate, non vedo problemi: tutti gli altri possono decidere se accedervi o meno. Il problema delle pensioni è tenere in equilibrio il sistema e non farlo riesplodere tra qualche anno. Oltre a pensare agli assegni dei giovani, in prospettiva troppo bassi.

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