Per il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, intervenuto ieri al l congresso Assiom Forex a Parma, l’inflazione è «sostanzialmente una tassa, probabilmente in buona parte destinata a rientrare». è lo stesso orientamento scelto, per ora, dalla presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde. L’avviso comune ai banchieri centrali sulla fiammata dei prezzi prodotta dal secondo tempo della crisi innescata dal Covid dovrebbe segnare dunque una discontinuità rispetto a quello che sta accadendo negli Stati Uniti dove l’inflazione ha raggiunto un impressionante 7,5% (nell’Eurozona è al 3,5%, in Italia al 3,8% nel 2022). Ciò ha spinto la Fed ha mutare sensibilmente la sua politica monetaria «accomodante».

«Negli ultimi mesi – ha proseguito Visco – l’aumento dei prezzi è risultato superiore a quanto previsto in dicembre e le tensioni sul fronte energetico non si sono ancora allentate. L’aumento dei costi delle materie prime energetiche determina a oggi una variazione negativa delle ragioni di scambio, e quindi una riduzione del potere di acquisto dei redditi nell’area dell’euro. Si tratta sostanzialmente di una tassa, probabilmente in buona parte destinata a rientrare (probabilmente nel 2023, ha detto, quando sarà all’1,6% ndr.), i cui effetti più distorsivi possono essere oggetto di compensazione, ove possibile, a carico dei bilanci pubblici. L’incremento dei costi non deve però trasformarsi in una prolungata spirale inflazionistica».

Questa prospettiva comporta una serie di indicazioni di politica economica molto stringente che, tra l’altro, esclude il rilancio di una politica dei salari in Italia, tra i più bassi dell’Unione Europea. è in questa direzione che sembrano andare le indicazioni date ieri da Visco al governo Draghi di cui condivide l’impostazione generale. Dunque aiuti emergenziali legate alle crisi settoriali, i bonus, ma fiducia nella «crescita» che oggi risulta insidiata dai contraccolpi della crisi economica globale indotta dal «libero mercato» dell’energia.

Fa bene quindi il governo a varare misure di emergenza contro il caro bollette o di aiuto ai settori come il turismo o la ristorazione ancora colpiti dalla pandemia. Ma non serve un »intervento pubblico generalizzato» come ad esempio la moratoria sui prestiti (scaduta a fine dicembre) o altre misure di natura soprattutto sociale che sembrano essere ritenute capaci di mettere in disordine sia il deficit che il debito pubblico che Draghi e il ministro dell’economia Franco si sono impegnati a diminuire. Siamo lontani dalla favola del «debito buono/debito cattivo». Anche se la crisi non è finita, e senza intervenire in maniera sistemica sulle sue conseguenze sociali, il debito va tagliato. Sempre che la «crescita» duri. Nel 2022 il Pil sarà +4,1%, nel 2023 diminuirà al +2,3%.

Il debito pubblico è avviato verso il 150% del Pil. dopo la pioggia di bonus senza alcuna idea di riforma dello Stato sociale voluta dal governo «Conte 2». Si tratta di una riduzione molto marcata di 10 punti rispetto a previsioni che lo vedevano prossimo al 160 per cento del Pil alla fine del 2021. «In presenza di un saldo primario migliore delle attese ma comunque ampiamente in disavanzo, il calo del peso del debito rispetto al 2020 ha riflesso la forte differenza, negativa per oltre 5 punti percentuali, tra l’onere medio per interessi e la crescita nominale dell’economia» ha sottolineato Visco.

Nell’attesa che il ciclo invernale di Omicron si esaurisca, sempre che non riprenda nel prossimo autunno, tutto resta come definito nel 2020. L’ombrello della Bce resterà aperto.. «Il previsto rallentamento degli acquisti netti di titoli nel corso di quest’anno e la loro eventuale sospensione non sono tali da giustificare, in Italia, un significativo peggioramento delle condizioni di finanziamento sul mercato obbligazionario» ha aggiunto Visco.

Sul caro bollette, in attesa che il governo vari nuove misure tampone, nel primo trimestre le tariffe dovrebbero aumentare del 55 e del 42 per cento rispetto agli ultimi tre mesi del 2021. Prepariamoci a pagare. A tutto il resto penserà il «piano di ripresa e resilienza» (Pnrr). Un mantra ripetuto sperando che piova nel deserto.