Le ragazze dello Star Garden ce l’hanno fatta. Dopo una lotta durata più di un anno, le spogliarelliste del locale di Los Angeles hanno formato un sindacato e saranno rappresentate nelle vertenze professionali dalla Actors’ Equity Association, il sindacato di categoria di attori e performer di scena. Le 17 lavoratrici sono le prime della loro categoria in America ad ottenere questo riconoscimento dopo il voto unanime certificato dalla National labor relations board (NLRB).

LE BALLERINE erano scese in lotta lo scorso marzo dopo aver firmato una petizione presentata ai proprietari del locale chiedendo che venisse tutelata la loro sicurezza sul lavoro e che cessassero le rappresaglie della stessa proprietà contro le lavoratrici che avevano segnalato problemi. «Il nostro è un ambiente in cui si mescolano sessualità ed alcol. Può essere molto divertente ma anche dare luogo a pericolose intemperanze da parte dei clienti», aveva spiegato all’epoca Reagan, una delle perfomer che aveva iniziato l’attività dopo una laurea in sessuologia, femminismo e gender studies. Per tutta risposta la proprietaria del locale aveva licenziato le donne ammettendo di incontrarle solo individualmente.

ERA COMINCIATO così uno degli scioperi più coloriti negli annali sindacali della città. Davanti al piccolo locale su Lankershim boulevard, nella San Fernando Valley, le “girls” annunciate dalla vecchia scritta in neon, hanno trasformato il marciapiede in un picchetto-performance con karaoke, declamazioni di Shakespeare e occasionali liturgie profane in costumi da suora. Una sorta di Halloween permanente durante il quale hanno ricevuto la solidarietà di numerosi clienti abituali oltre a visite di militanti come Chris Smalls, organizzatore del sindacato Amazon e Tom Morello dei Rage Against the Machine.

Le rivendicazioni delle ballerine riguardano anche le forme contrattuali del settore. In California dal 2018 le lavoratrici dovrebbero per legge essere considerate dipendenti, ma i locali – negli Stati uniti ce ne sono circa 4000, comprese alcune catene nazionali – impongono comunque alle lavoratrici rapporti di “consulenze” o “forniture” indipendenti che li esentano da contributi pensionistici o sanitari. Alle ballerine vengono inoltre imposte tariffe «di palcoscenico» e sottratta una percentuale dalle mance. «Le spogliarelliste sono di base performer dal vivo», ha dichiarato Kate Schindle, presidente del sindacato Actors’ Equity che da oggi tutelerà i diritti delle lavoratrici dello Star Garden. «Alcuni elementi del loro lavoro sono unici, ma si tratta essenzialmente i lavoratrici dello spettacolo e come tali affrontano le stesse problematiche di molti altri nostri membri».

LE LAVORATRICI dello Star Garden, un locale che rimanda ad altri tempi (e nelle parole di una delle ragazze, «ad un bar di un film di David Lynch»), sono perlopiù ventenni, comprendono, come spesso accade nel settore, studentesse che con l’attività si pagano gli studi universitari e, ha spiegato Reagan in un’intervista all’emittente progressista Real News Network, hanno scoperto una nuova solidarietà durante la pandemia. «Abbiamo imparato molto durante il lockdown. Attraverso il lavoro online abbiamo scoperto cosa poteva essere il lavoro senza la tariffe imposte dai padroni e ad apprezzare quindi il nostro potere contrattuale».

In questo senso la loro lotta si ricollega a molte altre vertenze che alla base rifiutano lo sfruttamento imposto dal modello gig economy e rivendicano conquiste sindacali minacciate in molti settori. La nuova consapevolezza è stata uno stimolo per superare il sistema di competizione fra ballerine per il favore e le mance degli avventori, tradizionalmente utilizzato dai locali per contrastare la solidarietà.

LA VITTORIA DELLE DONNE avviene in un momento in cui altri picchetti, quelli degli sceneggiatori cinematografici, sono in corso davanti ai cancelli degli Studios della città, compresi quelli della Warner Bros, a poche centinaia di metri dallo Star Garden. Le dinamiche di quello sciopero non sono dissimili per come riguardano, in particolare nel lavoro culturale e creativo, la precarietà imposta da modelli industriali che puntano alla destabilizzazione di una forza lavoro sempre più frazionata ed esautorata. Sullo sfondo di disuguaglianze sempre più evidenti, spiega forse anche il rinnovato sostegno di oltre il 60% che si registra oggi in America per il movimento sindacale, un livello non visto dagli anni ‘60.