Via l’abuso d’ufficio, dal Senato il primo sì
Il ddl Nordio Iv vota con la destra. La Lega attacca anche sulla legge Severino
Il ddl Nordio Iv vota con la destra. La Lega attacca anche sulla legge Severino
Come ampiamente annunciato a più riprese sia dalla premier Giorgia Meloni sia da diversi esponenti della maggioranza, l’anno parlamentare si apre con l’offensiva del governo sulla giustizia. In tre ore di discussione, ieri pomeriggio, la commissione giustizia del Senato ha cominciato a dare corpo al ddl Nordio, presentato l’estate scorsa.
IL PRIMO colpo è il più duro: l’abuso d’ufficio è stato abrogato, dal codice penale sparisce così l’articolo 323. Non si tratta di una riformulazione (sarebbe stata la quarta dal 1990), ma proprio di una cancellazione definitiva. Tutti gli emendamenti sul punto, come previsto, sono stati respinti e a favore dell’abrogazione hanno votato la maggioranza e Italia Viva con il suo rappresentante Ivan Scalfarotto. Azione, non rappresentata in commissione, ha comunque fatto abbondantemente sapere di essere d’accordo in tutto e per tutto. Contrari Pd, M5s e Avs. I dem avevano provato a proporre una mediazione, separando le responsabilità dei sindaci da quelle dei dirigenti, ma non c’è stato nulla da fare, nonostante l’Unione Europea, sull’onda del Qatargate, abbia inserito l’abuso d’ufficio tra i reati che tutti i paesi membri devono prevedere nel proprio codice e nonostante il tentativo di moral suasion di Mattarella, che dopo aver firmato il ddl Nordio, aveva chiesto alcune modifiche sul punto proprio per non entrare in contrasto con la legislazione comunitaria.
ESULTA il ministro Carlo Nordio: «L’abrogazione di questo reato evanescente, richiesta a gran voce da tutti gli amministratori di ogni parte politica, contribuirà a un’accelerazione delle procedure e avrà quell’impatto favorevole sull’economia auspicato nei giorni scorsi da Giorgia Meloni». Tutto qui? Neanche per sogno: due iniziative della Lega vanno a toccare altrettanti punti critici e, di certo, aprono la strada all’ennesimo scontro sulla giustizia. Il primo riguarda il reato di traffico d’influenze: una proposta – primo firmatario Manfredi Potenti – prevede un ritocco non da poco: le parole «Sfruttando intenzionalmente relazioni esistenti», vengono sostituite da «Utilizzando intenzionalmente relazioni esistenti». Questo cambio di verbo secondo la presidente della commissione Giulia Bongiorno «tipizza meglio la norma», mentre secondo le opposizioni renderà molto più difficile il suo utilizzo. Anche qui parliamo di un reato che la commissione europea reputa molto importante. La seconda bordata leghista è un ordine del giorno (passato anche questo) che impegna il governo a rivedere la legge Severino con l’eliminazione dell’obbligo di sospendere gli amministratori locali condannati in primo grado.
Spiega il capogruppo del Pd in commissione Alfredo Bazoli: «Sono stati bocciati tutti i nostri emendamenti che puntavano a riscrivere, rendere più tassativa e migliorare la fattispecie di abuso d’ufficio senza eliminarlo dall’ordinamento. Vanno dritti per la loro strada, lasciando un vuoto normativo pesante perché tutti i comportamenti prevaticatori della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini non saranno più punibili». E questo per Bazoli è «un errore, come ci hanno detto i giuristi che abbiamo sentito in audizione».
a salire sulle barricate, dal canto suo, l’ex magistrato e ora senatore del M5s Roberto Scarpinato: «È surreale e inquietante che si debba discutere di una proposta di legge che vuole abrogare il reato di abuso d’ufficio, ridimensionare il reato di traffico influenza, diminuire in modi obliqui e occulti i poteri di indagine della magistratura sui reati dei colletti bianchi, mentre nel Paese si va consolidando la consapevolezza che la politica è divenuta la cinghia di trasmissione di interessi di potentati economici, di grandi e piccole lobby affaristiche, di comitati di affari, di cricche». Il match sulla giustizia si preannuncia comunque ancora piuttosto lungo: questa mattina in commissione si ricomincerà a votare sugli emendamenti.
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