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Veto di Macron sul Nuovo fronte popolare: non può governare

Veto di Macron sul Nuovo fronte popolare: non può governareMarine Le Pen e Jordan Bardella all’Eliseo per le consultazioni – Ap

Francia All’Eliseo giro di consultazioni con la destra. Scartata d’autorità l’ipotesi Castets prima ministra: obiettivo spaccare la sinistra. La France Insoumise conferma di voler presentare una mozione in Parlamento per la “destituzione” del presidente

Pubblicato circa un mese faEdizione del 27 agosto 2024

Emmanuel Macron, dopo una prima tornata di consultazioni, scarta d’autorità la possibilità di un governo del Nuovo Fronte Popolare in nome della «stabilità istituzionale»: l’Eliseo ha «constatato che un governo sulla base del solo programma e dei soli partiti proposti dall’alleanza che ha più deputati, il Nuovo Fronte Popolare, sarebbe immediatamente censurato dall’insieme dei gruppi rappresentati all’Assemblée Nationale». Di fronte a queste parole la France Insoumise ha confermato di voler presentare una mozione in Parlamento per la “destituzione” del presidente e che proporrà una mozione di sfiducia contro qualsiasi proposta di primo ministro diverso da Lucie Castets.

Dopo aver incontrato i gruppi, Macron forza per imporre le sue posizioni iniziali: punta a un governo di coalizione al centro, che non rimetta in questione, «non disfi», quello che è stato fatto negli ultimi sette anni. Per arrivarci, l’obiettivo resta spaccare il Nuovo Fronte Popolare, escludendo la France Insoumise, con un appello a Ps, Verdi e Pcf a prendere le distanze. Il presidente propone oggi un nuovo ciclo di discussioni – allargate al di là dei partiti a personalità che «si sono distinte per il senso dello stato». Cinquanta giorni dopo il voto delle legislative, 41 giorni di governo dimissionario, la situazione resta bloccata.

Ieri, Emmanuel Macron ha ricevuto Marine Le Pen e Jordan Bardella del Rassemblement national e la frangia di Eric Ciotti, l’(ex) presidente dei Républicains che si è alleato con l’estrema destra. Sono stati ricevuti anche i presidenti dell’Assemblée Nationale e del Senato, Yaël Braun-Pivet e Gérard Larcher. Il Nfp ha fatto sapere che tornerà all’Eliseo alla sola condizione di discutere le «modalità» della nomina della sua candidata, Lucie Castets, a Matignon. La France Insoumise ha annunciato la “censura” contro qualsiasi governo che non sia a guida Nfp.

Oggi c’è una finestra – di tempo – domani c’è l’apertura dei Giochi Paraolimpici (per i Giochi Olimpici c’è stata l’ambigua “tregua” che ha permesso di rimandare le decisioni), giovedì e venerdì il presidente è in viaggio in Serbia. La prima sessione ordinaria dell’Assemblée nationale uscita dal voto del 7 luglio sarà il 1° ottobre ma per quella data il bilancio 2025 dovrà già avere dei contorni più o meno definiti, anche perché ci sono le scadenze di Bruxelles (con la Francia sotto osservazione per deficit eccessivi).

Ieri, gli ospiti dell’Eliseo hanno messo in scena un’offensiva anti-Nuovo Fronte Popolare: il Rassemblement National ha dichiarato che presenterà e voterà la “censura” di «qualsiasi governo a guida Nfp». Per Eric Ciotti, la «sola alleanza possibile» è «l’unione delle destre». Precedentemente, il MoDem e Horizon, due componenti dell’area Macron, si erano dichiarate a favori di una “censura” di un governo di sinistra. Ieri, il primo ministro dimissionario, Gabriel Attal, che ora è anche capogruppo di Ensemble pour la République (Epr), ha attaccato la proposta del week end di Jean-Luc Mélenchon, la rinuncia alla partecipazione di ministri della France Insoumise per smascherare l’opposizione al programma Nfp: per Attal, si tratta di «un simulacro di apertura, un tentativo di prova di forza di Mélenchon». Attal continua a proporre un’intesa allargata, si dice «pronto al compromesso», nella speranza di rompere il fronte del Nuovo Fronte Popolare, staccando il Ps (o parte di esso).

Le bordate contro il Nfp sono arrivate ieri anche dal Medef (la Confindustria francese). Agli «incontri degli imprenditori», il presidente Patrick Martin ha criticato la «vaghezza politica che sta durando da troppo tempo» e invocato l’imposizione del «primato dell’economia nel dibattito e nella decisione politica».

Il Medef rifiuta in blocco il programma del Nfp: no all’abrogazione della riforma delle pensioni, che dovrebbe essere la prima decisione di un governo Castets, no all’aumento del salario minimo a 1.600 euro (la minaccia è il ritorno della disoccupazione di massa), no all’aumento delle tasse, a cominciare dall’Isf (la patrimoniale), per non parlare della soppressione o revisione al ribasso del credito di imposta per la ricerca, un vantaggio per le imprese in vigore dalla presidenza Hollande, applicato con grande manica larga e che fa parte dell’intoccabile, per il padronato e per Macron: la supply side economics, la politica pro-business perseguita finora.

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