I fondi del Pnrr potranno essere usati per la produzione di armi, dato che il Next Generation Eu vede fra le sue finalità la resilienza e una forma di essa è… la resistenza armata. Sembra lo sketch di un programma di satira politica, invece è la realtà, per bocca del Commissario europeo Thierry Breton.

Questa dichiarazione disvela nella maniera più palese quanto fossero poco fondate le aspettative dello «strumento comune» in merito agli obiettivi di costruzione di una Europa migliore all’indomani del Covid, ma l’aspetto più preoccupante è lo sfondo su cui si colloca, consistente in un sinistro balzo in avanti della costruizone di un complesso militare-industriale Ue.

Le affermazioni di Breton infatti si riferiscono ad un piano in tre punti promosso dal Consiglio europeo e dalla Commissione per supportare militarmente l’Ucraina con la fornitura di armamenti: primo, la fornitura a Kiev di proiettili dai singoli Stati (svuotando i propri arsenali) che saranno pagati da un fondo comunitario, dall’orwelliano nome di “European Peace Facility”; secondo, l’acquisto congiunto finanziato allo stesso modo; terzo, promuovere la produzione bellica di tali armamenti favorendo un coordinamento dei produttori europei.

È così che il 20 marzo 2023 (esattamente 20 anni dopo l’attacco all’Iraq) il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di presentare una iniziativa per accelerare la capacità produttiva del settore degli armamenti europeo. La risposta è stata Asap, un acronimo anglicizzante che sintetizza l’espressione «il prima possibile» (as soon as possible), designando un piano intitolato “Act in Support of Ammunition Production” (“Atto a supporto della produzione di munizioni”).

Si tratta della proposta di regolamento (una delle due tipologie normative della Ue, accanto alla direttiva) che dovrà finanziare la cooperazione fra aziende d’armi con 500 milioni € per potenziale la fabbricazione di proiettili da destinare all’Ucraina. È nella presentazione di questo che hanno luogo le affermazioni sul Pnrr; ed addirittura anche i fondi di coesione potrebbero essere destinati per le armi – giustificando tale scelta con la collocazione di fabbriche d’armi in aree isolate…

Già l’anno scorso si era fatto dei passi in questa direzione: a luglio 2022 la Commissione aveva stilato una proposta di regolamento col finanziamento di 500 milioni € per favorire partnership congiunte fra aziende armiere di diversi paesi per la partecipazione ad appalti. Anche in tal caso la cosa era stata motivata dalla urgenza di rifornire l’Ucraina ma la lunghezza del processo legislativo da un lato e le divergenze dall’altro ne hanno inficiato la – attualmente la Commissione medita di modificare il provvedimento dimezzando i fondi.

Il comparto della difesa è patrimonio geloso dei governi nazionali, prolungamento della rispettiva politica estera e di difesa, in reciproca concorrenza commerciale – similmente alle divergenze fra gli interessi delle rispettive economie. Per cui un complesso militare-industriale unitario è difficile da far nascere. La European Defence Agency, un oscuro ente comunitario che sarebbe il più titolato ad assurgere a dominus del militarismo europeo non è riuscita a far molto.

Nella bozza di regolamento ASAP si prevede la possibilità di cofinanziamento fino al 60% di iniziative per incrementare la capacità produttiva, prefigurando di aprire «la strada al futuro programma europeo di investimenti per la difesa (Edip)», una nuova fonte di finanziamento da discutere nel corso dell’anno corrente.

Del resto lo stesso testo afferma che «le imprese delle filiere della difesa avranno accesso al finanziamento a debito per settore delle munizioni e dei missili. Il regolamento dovrebbe in particolare garantire che a tali soggetti siano concesse le stesse condizioni offerte ad altri, facendosi carico di eventuali costi aggiuntiv»”. Insomma credito per le armi. L’edificazione di un vero complesso militare-industriale non è ancora in vista ma c’è chi sta imboccando questa direzione.