Internazionale

Valore anche ai sentimenti delle persone

«Noi Siamo Chiesa» Con una consultazione al proprio interno il movimento per la riforma si rivolge al Sinodo scavalcando «reticenze e ritardi»

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 29 dicembre 2013

Fra i gruppi che hanno guardato con maggior attenzione all’iniziativa del questionario sulla famiglia c’è «Noi Siamo Chiesa», movimento per la riforma della Chiesa nato fra Austria e Germania nel 1996 e poi diffuso in tutta Europa. «Per la prima volta si riconosce che questi temi devono essere affrontati a partire dal vissuto di tutti i credenti, donne e uomini, e non solo da chi vive nei sacri palazzi, separato dal mondo», spiega Vittorio Bellavite, coordinatore per l’Italia di Nsc.

Scavalcando «reticenze e ritardi» delle gerarchie ecclesiastiche, il movimento ha svolto una consultazione al proprio interno e ieri ha inviato i risultati alla segreteria del Sinodo. «Sono risposte in discontinuità rispetto al magistero, ma in linea con il sentire diffuso della maggior parte dei cattolici, verso l’accoglienza e la valorizzazione dei sentimenti delle persone, al di là della loro codificazione giuridica. E questo – aggiunge – non significa scadere nell’individualismo».

Sulla questione dei divorziati risposati, che «vivono l’impossibilità di ricevere i sacramenti con una sofferenza che spesso evolve nell’indifferenza», Nsc propone di «adottare la prassi delle Chiese ortodosse, che ammettono la celebrazione delle seconde nozze dopo il divorzio, e che del resto era in vigore nel primo millennio in tutta la Chiesa». A questo proposito, prosegue Bellavite, la convivenza «appare non solo sempre più normale, ma per certi versi auspicabile prima di compiere un passo come il matrimonio, orientato alla indissolubilità».

Sulle coppie omosessuali, la posizione di Nsc è netta: «La Chiesa dovrebbe abbandonare una concezione antropologica ristretta secondo cui l’amore omosessuale sarebbe ’contro natura’ e non una variante naturale, seppur minoritaria – spiega Bellavite – E invece attuare un accompagnamento pastorale degli omosessuali senza intendimenti ’missionari’ di redenzione dal peccato, perché l’accoglienza di chi ha un altro orientamento sessuale, se deve essere piena, non può limitarsi al rispetto e alla non discriminazione. L’obiettivo, sia nella comunità cristiana che civile, è il riconoscimento, anche formale, delle coppie gay e lesbiche, con l’approvazione di una disciplina ad hoc, che garantisca diritti e doveri dei conviventi».

Insomma, conclude Bellavite, «bisogna prendere atto che non è possibile parlare di ’famiglia’ come di un’istituzione immutabile e di un modello unico sempre valido, ma di ’famiglie’».

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