Lavoro

Valerio De Stefano: «Sui rider un intervento spot, tutelare tutti i lavoratori delle piattaforme»

Valerio De Stefano: «Sui rider un intervento spot, tutelare tutti i lavoratori delle piattaforme»Valerio De Stefano (Università di Lovanio)

Gig Economy Intervista al giuslavorista Valerio De Stefano (Università di Lovanio): "Il governo rischia di produrre una iper-parcellizzazione del diritto del lavoro. Sono anni che gli studiosi ripetono che non si deve leggere l’economia delle piattaforme come se fosse un fenomeno avulso dal resto del mercato del lavoro"

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 6 marzo 2019

Valerio De Stefano, docente di diritto di lavoro all’università di Lovanio, una bozza di emendamento al «decretone reddito-pensioni quota 100», attualmente all’esame della Camera, applica la disciplina del lavoro subordinato alle piattaforme digitali. È una risposta alla richiesta di tutela avanzata dai rider in Italia?
Solo in parte. L’emendamento indica le piattaforme che mettono in relazione le persone per l’attività di «consegna dei pasti a domicilio». Tuttavia queste piattaforme usano i rider anche per altri servizi, come fare la spesa o sbrigare commissioni di qualsiasi genere. E se in un determinato giorno un rider effettua per la piattaforma prestazione diverse? Gli si dovrebbe applicare le stesse tutele. È stato usato un approccio sensazionalistico. I rider sono la parte più visibile dei lavoratori su piattaforma. È stato fatto un intervento spot per dimostrare di avere fatto qualcosa su un fenomeno che ha la più ampia attenzione mediatica.

Cosa dovrebbero fare il governo e la maggioranza?
Tutelare tutti i lavoratori delle piattaforme. Questa economia è un fenomeno molto più vasto che include molti lavoratori che effettuano lavori di cura fino a coloro che accudiscono gli animali domestici. Inoltre le piattaforme possono mediare lavoro che si svolge online: tradurre testi, trascrivere audio, taggare fotografie. Molto spesso le modalità di esecuzione di queste attività sono altrettanto bisognose di tutela di quelle dei rider che consegnano il cibo, se non a volte di più perché le condizioni di controllo sull’attività sono ancora più stringenti.

Anche in questi casi la tutela passerebbe dalla subordinazione?
Sì, laddove esistono le condizioni. Ma si può anche pensare a una disciplina che estenda l’applicazione delle tutele a prescindere dall’accertamento di un vincolo di subordinazione, come il governo cerca di fare con questo emendamento per i rider del food delivery. Non si capisce perché queste piattaforme vengano trattate diversamente dalle altre.

Le aziende accetteranno la norma?
Se la norma entra in vigore prevedo comunque che ci sarà bisogno di andare in giudizio perché la disposizione si applica a quelle che determinano le caratteristiche della prestazione o del servizio, come dice l’emendamento. Bisognerà capire cosa significa in pratica. Probabilmente ci vorranno delle cause affinché questo avvenga.

I sindacati avevano chiesto l’inserimento dei rider nel contratto della logistica. Accadrà?
I sindacati possono fare pressioni sulle piattaforme per inserire i lavoratori in questo contratto, a prescindere dall’emendamento. Oltretutto l’articolo 2 del Jobs Act, nel quale si inquadrerebbe questa nuova disciplina, autorizza la contrattazione collettiva a derogare da alcune disposizioni di legge, se esiste un accordo. Le piattaforme potrebbero essere interessate anche in questo senso.

Si tratta comunque del primo provvedimento di questo genere nella gig economy?
È un provvedimento sicuramente sui generis perché le disposizioni anche a livello comparato che si sono occupate del tema, come per esempio in Francia, non fanno distinzioni tra piattaforme di food delivery e le altre. Qui c’è una iper-parcellizzazione della disciplina giuslavoristica che non fa bene a nessuno. Sono anni che gli studiosi ripetono che non si deve leggere l’economia delle piattaforme come se fosse un fenomeno avulso dal resto del mercato del lavoro. Qui invece si fa un provvedimento che settorializza all’estremo, occupandosi di una parte limitata di un fenomeno come il lavoro su piattaforma che, a sua volta, è parte di un fenomeno più ampio, quello del lavoro precario.

*** L’emendamento nel “decretone”
«Stiamo lavorando per far sì che i rider abbiano le stesse tutele del lavoratore subordinato» ha confermato il vicepremier ministro del lavoro e sviluppo Luigi Di Maio. «Finalmente si va nella giusta direzione: garantire diritti e tutele ai rider delfood delivery – sostiene Tania Scacchetti (Cgil) – I testi che abbiamo potuto vedere in via informale, se corrisponderanno a quelli che verranno portati in aula, garantiranno coperture assicurative obbligatorie, tutele agli iscritti nella gestione separate, il divieto di cottimo». Scacchetti sostiene l’esigenza di un confronto con le aziende e quella di inserire i diritti dei rider nel contratto nazionale della logistica. «Mancano indispensabili interventi a tutela della privacy, per il diritto alla disconnessione e per la trasparenza degli algoritmi»ha detto Luigi Sbarra (Cisl). «Deve essere impedita alle piattaforme una retribuzione a cottimo» ha ribadito Claudio Tarlazzi (Uila-trasporti).

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento