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Vaccino, non per tutti. Nei Paesi poveri tagliati fuori nove cittadini su dieci

Vaccino, non per tutti. Nei Paesi poveri tagliati fuori nove cittadini su dieci

Covid L'Italia prenota 202 milioni di dosi. People’s Vaccine Alliance chiede a governi e aziende di rinunciare ai brevetti

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 10 dicembre 2020

Se i vaccini contro il Covid-19 in corso di sperimentazione saranno autorizzati, l’Italia riceverà 202 milioni di dosi di vaccino dai vari produttori, stando ai contratti già siglati. Ciascun cittadino italiano avrà così a disposizione tre o quattro dosi. In altri Paesi ricchi va ancora meglio: ogni canadese, per esempio, potrà vaccinarsi cinque volte, visto il rapporto tra il numero di vaccini prenotati e la popolazione. All’opposto, in 67 Paesi in via di sviluppo le dosi a disposizione basteranno a vaccinare solo una persona su dieci. Sono i dati raccolti e analizzati da «The People’s Vaccine», un’alleanza di organizzazioni umanitarie come Ong Amnesty International, Oxfam, Unaids, lo Yunus Center. La coalizione chiede che l’accesso ai vaccini non sia limitato ai Paesi ricchi.

I vaccini ritenuti più vicini all’approvazione sono quelli targati Moderna e Pfizer, e il 100% della produzione del primo e il 96% della produzione del secondo sono destinati ai Paesi più ricchi. Il 64% delle dosi del vaccino AstraZeneca sarà invece destinato ai Paesi in via di sviluppo. Ma mantenere questo impegno richiederà molto tempo, perché la capacità produttiva dell’azienda è limitata e la produzione del 2021 basterà solo per il 18% della popolazione mondiale. Per aumentare la produzione, scrive l’alleanza, è necessario che le case produttrici condividano le conoscenze e il know how in maniera libera. Se così fosse, anche Paesi come India e Sudafrica potrebbero mettere a disposizione le loro industrie farmaceutiche per aumentare il numero di vaccini disponibili.

La maggior parte dei Paesi in via di sviluppo non ha stretto accordi con le case farmaceutiche. Dovrà dunque accontentarsi delle dosi di vaccino rese disponibili dal programma Covax, il programma di distribuzione umanitaria dei vaccini anti-Covid a cui partecipano l’Oms, la coalizione Gavi (Alleanza globale per i vaccini) e la Cepi (Coalizione per le innovazioni nella risposta alle epidemie). Raccogliendo donazioni da governi e privati, prime fra tutte le fondazioni che fanno capo a Bill Gates, il Covax mira a distribuire due miliardi di dosi entro il 2021, pari a un miliardo di vaccinazioni. Basteranno a coprire le categorie più a rischio e gli operatori sanitari, ma non consentiranno di raggiungere l’immunità di gregge.

L’equità nella distribuzione dei vaccini avrebbe anche un impatto sulla loro efficacia complessiva. Nell’opinione corrente, i Paesi più poveri sono stati poco colpiti dalla pandemia. In realtà, tra i 67 Paesi in cui il vaccino sarà introvabile ci sono Kenya, Myanmar, Nigeria, Pakistan e Ucraina, che da soli hanno registrato un milione e mezzo di casi. Il fisico ed epidemiologo Alessandro Vespignani ha calcolato che se il vaccino fosse distribuito in base alla popolazione degli Stati indipendentemente dal loro reddito, il numero totale delle vittime sarebbe dimezzato rispetto allo scenario in cui fossero i 50 Paesi più ricchi a monopolizzare le dosi disponibili.

I governi del nord del mondo, dunque, secondo l’Alleanza dovrebbero fare tutto il possibile per garantire che i vaccini anti-Covid-19 siano un bene pubblico globale, senza costi per la popolazione e distribuito in base ai bisogni reali. Il primo passo è appoggiare la proposta di India e Sudafrica per sospendere i brevetti sul vaccini, test e terapie, presentata ufficialmente all’Organizzazione Mondiale del Commercio ma bocciata dalla maggioranza guidata da Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea.

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