La corsa all’oro dei vaccini anti-Covid sta rallentando. Lo si capisce dai dati comunicati agli investitori dalle principali case farmaceutiche e relativi al primo trimestre del 2022. Fatta eccezione per il vaccino Pfizer, gli altri produttori registrano vendite in calo e prospettive poco rosee. La domanda per i vaccini anti-Covid è in calo. Ma la minore richiesta non mette a disposizione un maggiore numero di dosi per i paesi a basso reddito, che si affidano alle donazioni o ai programmi umanitari: anche l’obiettivo di fornire due miliardi di dosi entro marzo 2022 è stato mancato dal programma umanitario Covax istituito dall’Oms e dalle fondazioni filantropiche.

L’ULTIMA A FORNIRE i numeri è stata proprio Pfizer, che il 3 maggio ha annunciato alle borse i risultati del trimestre gennaio-marzo 2022. È l’unica corporation che riporta un segno positivo: nei primi tre mesi del 2022 le vendite del vaccino Comirnaty si sono attestate a 13 miliardi di dollari, due in più degli 11 registrati negli ultimi tre mesi del 2021.

Per il resto dell’anno, tuttavia, la stessa azienda si attende ricavi inferiori dal vaccino. Le previsioni per l’intero 2022 si fermano a 32 miliardi di dollari, cinque miliardi in meno del 2021. Pfizer punta molto sulla quarta dose per puntellare la sua quota di mercato nei paesi più avanzati, grazie anche a un vaccino adattato alle ultime varianti. Sulla base delle ricerche di marketing, l’amministratore delegato Albert Bourla ha parlato agli investitori di «un segnale incoraggiante per il mercato potenziale di una quarta dose».

PER LE ALTRE AZIENDE farmaceutiche il calo nelle vendite è già iniziato. Nel suo report trimestrale, Moderna ha fatto sapere che le vendite del vaccino Spikevax sono scese da 6,9 a 5,9 miliardi di dollari rispetto al trimestre precedente (-14%). Per AstraZeneca il tonfo è ancora più sonoro: i ricavi si sono quasi dimezzati in tre mesi passando da 1,8 miliardi nel periodo ottobre-dicembre 2021 a un miliardo nel primo trimestre 2022.

Il confronto per Johnson & Johnson è ancora più negativo: le vendite del vaccino sono scese da 1,6 miliardi a 457 milioni (-72%). In ogni caso, mentre per Pfizer il vaccino anti-Covid rappresenta un terzo del fatturato e per Moderna è l’unica fonte di reddito, AstraZeneca e Johnson&Johnson hanno una produzione molto più diversificata. I numeri di Novavax, che proprio ieri sera ha comunicato la sua trimestrale, contano poco perché il vaccino circola solo dalla fine del 2021.

PER LA SECONDA METÀ del 2022 tutti gli analisti prevedono ulteriori cali. La società di analisi di mercato farmaceutico Airfinity ha appena aggiornato al ribasso le previsioni sul fatturato del settore, portandole da 80 a 64 miliardi di dollari. I motivi sono sotto gli occhi di tutti: le somministrazioni dei vaccini rallentano quasi ovunque, anche perché il numero ufficiale di morti per Covid-19 oggi è ai livelli più bassi dal 2020 e l’allarme sociale sta scemando.

Ogni giorno nel mondo si somministrano dieci milioni di dosi, quattro volte meno che alla fine del 2021. Frenano i Paesi più ricchi, che hanno i frigoriferi pieni di dosi già acquistate e destinate alla scadenza. Nell’Unione europea si effettuano circa 200 mila vaccinazioni al giorno contro i 4 milioni dello scorso. Il calo riguarda sia i Paesi ad alta copertura vaccinale – come l’Italia – che l’Est e i Balcani, dove la percentuale di immunizzazioni è molto inferiore. Simile l’andamento della curva negli Usa, dove oggi si vaccinano circa 300 mila persone al giorno, molti di meno rispetto ai quasi due milioni dello scorso dicembre. Persino in Cina le vaccinazioni proseguono al ritmo di appena un milione di dosi al giorno, contro i tredici di fine 2021, nonostante i periodici lockdown delle megalopoli cinesi mantengano alto il livello di attenzione.

L’UNICA AREA in cui le vaccinazioni tengono è l’Africa, dove quattro persone su cinque non hanno fatto nemmeno la prima dose. Ma anche nel continente escluso dalla corsa oggi si fanno meno somministrazioni di prima. A frenare la campagna di immunizzazione qui non è la bassa domanda ma la perdurante scarsità dell’offerta. Molti paesi africani dipendono dalle dosi assicurate dal programma umanitario Covax finanziato principalmente dall’Oms e dal Gavi, una coalizione di governi e fondazioni filantropiche come quella creata da Bill Gates.

L’obiettivo di fornire due miliardi di dosi ai paesi a basso reddito entro il 2021, poi rimandato al primo trimestre del 2022, è stato clamorosamente mancato: finora le dosi inviate sono state meno di 1,5 miliardi. Nonostante in molti Paesi ricchi le dosi giacciano nei magazzini, le consegne del fondo Covax stanno persino rallentando. Mentre a dicembre 2021 le dosi consegnate erano state 320 milioni, nel 2022 le forniture sono scese a cento milioni di dosi al mese.

DATO CHE IL MERCATO dei vaccini è molto influenzato dall’evoluzione della pandemia, la correttezza dei pronostici dipenderà dall’andamento del coronavirus e delle sue varianti. Le previsioni sull’autunno sono quanto mai incerte.

Secondo il Washington Post, la Casa Bianca punta a preparare gli Usa a un’ondata da cento milioni di nuovi casi per il 2022. È un numero considerato pessimistico da molti esperti, ma l’amministrazione Biden intende utilizzarlo per spingere il Congresso ad approvare nuovi investimenti nella preparazione a future ondate pandemiche. Dal canto suo, l’Unione europea ha già firmato contratti per circa 4 miliardi di dosi, pur avendone somministrate meno di un miliardo. L’ultimo accordo con la Pfizer siglato a maggio 2021 riguarda 900 milioni di dosi (più un’opzione su altrettante). L’accordo coprirà anche l’eventuale acquisto di vaccini adattati alle nuove varianti.