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Usa, routine quotidiana: nero di 20 anni ucciso dalla polizia

Usa, routine quotidiana: nero di 20 anni ucciso dalla polizia

Stati Uniti A Minneapolis un agente spara a Daunte Wright. Proteste, interviene la Guardia nazionale

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 13 aprile 2021

Il processo per l’omicidio di George Floyd entra nella terza settimana, dopo una notte di proteste scatenate dall’uccisione da parte della polizia di un altro afroamericano, avvenuta a circa 16 chilometri da Minneapolis, nella cittadina di Brooklyn center.

UN RAGAZZO DI 20 ANNI, Daunte Wright, era in auto con la sua ragazza quando è stato fermato dalla polizia in quanto aveva troppi deodoranti per ambiente a ostruire la visione del finestrino posteriore della macchina, mentre stava recandosi a un autolavaggio prima di fare visita a suo fratello. Secondo la ricostruzione della polizia, Wright aveva un mandato d’arresto pendente e avrebbe provato a rientrare nel veicolo per fuggire mentre gli agenti tentavano di arrestarlo, e a quel punto un poliziotto avrebbe sparato.

Il ragazzo è morto poco dopo essere stato colpito e aver comunque guidato per alcuni isolati prima di schiantarsi contro un altro veicolo. La notizia della morte di Wright ha fatto riesplodere le proteste davanti al dipartimento di polizia e sul luogo dell’omicidio, dove i familiari della vittima sono rimasti tutta la notte seduti sul marciapiede circondati dalla folla accorsa immediatamente. La madre di Wright ha raccontato che il figlio dopo essere stato fermato aveva mandato un sms al fratello per dirgli del fermo e che la polizia aveva riscontrato dei problemi sulla sua posizione assicurativa e non su un mandato di arresto pendente. Il fratello aveva consigliato a Wright di chiamare la madre visto che era stata lei a regalargli la macchina, e che lei avrebbe spiegato tutto agli agenti, e il ragazzo l’aveva infatti chiamata.

«GLI HO DETTO di farmi parlare con l’agente – ha detto la madre della vittima, Katie Wright – così avrei fornito le informazioni necessarie. Invece ho sentito il poliziotto dirgli di lasciare il telefono e scendere dall’auto, mentre Daunte chiedeva perché. Ho sentito una colluttazione, e poi l’agente che gli diceva di non scappare, e di posare il telefono, poi è stata tolta la comunicazione». La donna ha raccontato di aver richiamato suo figlio circa un minuto dopo, e che a rispondere era stata la sua ragazza: «Mi ha detto che gli avevano sparato. Ha messo (il telefono) sul lato del guidatore e mio figlio giaceva lì, senza vita». Mentre la notizia della morte di Wright si diffondeva, le autorità hanno cominciato a ricevere segnalazioni di manifestanti che lanciavano pietre contro un edificio della polizia di Brooklyn Park, e visto che i manifestanti restavano sulla scena della sparatoria nonostante l’ordine di disperdersi, la polizia ha iniziato a usare i gas lacrimogeni.

LA GUARDIA NAZIONALE del Minnesota, schierata a Minneapolis per il processo Chauvin, è arrivata poco dopo, per assistere la polizia quando i manifestanti hanno iniziato a spaccare le vetrine dei negozi.

In molti si sono chiesti perché la polizia abbia sparato invece che usare altri strumenti in suo possesso, come il taser. Ieri l’agente di polizia che ha ucciso Wright ha dichiarato di averlo fatto accidentalmente, rilasciando un video dove sembra che il poliziotto gridi: «Taser!», prima di sparare.
«È mia convinzione che l’agente avesse intenzione di usare il taser, ma invece ha sparato – ha detto Tim Gannon, capo del dipartimento di polizia di Brooklyn Center – Questo mi sembra, da ciò che ho visto, e dalla reazione di angoscia dell’agente subito dopo».

L’AGENTE, che non è stato identificato pubblicamente, è stato messo in congedo amministrativo, ma questa versione dei fatti non sembra bastare per calmare il dolore della comunità di Brooklyn Center.

«Nulla è fondamentalmente cambiato dall’uccisione di George Floyd – ha detto al Washington Post Jaylani Hussein, direttore esecutivo della sezione del Minnesota del Council on American-Islamic Relations – Gli agenti di polizia possono ancora fare quello che hanno fatto senza alcuna misura di responsabilità».
Hussein fa parte di una coalizione di attivisti che si battono da tempo per difendere la comunità nell’area di Minneapolis, offrendo supporto legale e svolgendo attività di sensibilizzazione, ed è in contatto sia con i genitori di Wright che con il sindaco di Brooklyn Center, Mike Elliott, che domenica ha definito la sparatoria «tragica» e ha esortato sia i manifestanti che la polizia a rimanere pacifici.

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