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Usa: «Rappresaglia in Iraq e Siria». Teheran: «Non temiamo la guerra»

Un missile Houthi foto AnsaUn missile Houthi – foto Ansa

Internazionale Nuovo attacco Houthi nel Mar Rosso. Intanto alcuni in Iran temono che gli obiettivi dichiarati dagli Stati uniti siano un diversivo

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 2 febbraio 2024

I prezzi dell’energia sono diminuiti del 6,3%, secondo Eurostat, contribuendo al calo dell’inflazione al 2,8% nell’Unione europea. La diminuzione complessiva avvicina la Bce al suo obiettivo del 2%, considerato ideale per l’economia. Tuttavia, gli attacchi Houthi alle navi stanno rovinando la festa per gli europei. Attacchi che finora non hanno portato a un’impennata dei prezzi del petrolio e del gas naturale, ma questo rimane un rischio tangibile nel caso in cui si intensifichino.

Jihad Azour, direttore del dipartimento per il Medio Oriente e l’Asia centrale della Banca Mondiale, ha dichiarato ieri in una conferenza stampa a Riyadh: «Il principale flusso di traffico nel Mar Rosso è rappresentato dal trasporto di container, che è diminuito di quasi il 30%. La riduzione del volume delle spedizioni, così come l’aumento dei costi di spedizione, stanno influenzando le catene del valore di alcuni settori, con conseguenze sull’economia».

L’Europa, incapace di intervenire presso il suo alleato israeliano per ottenere il cessate il fuoco e porre fine al massacro a Gaza, che ha causato l’impresa degli Houthi contro le navi nel Mar Rosso in solidarietà con i palestinesi, ora prepara la missione “Aspides” che vedrà impegnate navi tedesche, francesi, italiane a difendere i propri interessi nel mar Rosso. Bruxelles non ha neppure cercato di instaurare un canale di comunicazione e negoziato con gli Houthi per garantire la sicurezza del transito delle navi mercantili attraverso lo Stretto di Bab el-Mandeb.
L’operazione Prosperity Guardian guidata dagli Stati uniti, avviata a dicembre per garantire la libertà di navigazione e la sicurezza del traffico marittimo nel Mar Rosso, sembra aver invece contribuito ad intensificare il conflitto con gli Houthi. Washington sembra non avere previsto le ampie capacità degli Houthi nell’assemblare e utilizzare droni e missili contro il traffico mercantile. Il risultato ottenuto è stato opposto: un’escalation i cui costi saranno sostenuti in termini economici soprattutto dall’Europa mediterranea, già provata dal conflitto in Ucraina.
Nessun paese arabo, nemmeno l’Egitto, che subisce danni economici significativi a causa della diminuzione del traffico nel canale di Suez, ha partecipato all’operazione, nonostante le pressioni Usa.

Mentre, secondo il Washington Post, gli statunitensi pianificano un conflitto prolungato nel Mar Rosso, gli Houthi hanno lanciato giovedì due missili balistici contro una nave portacontainer con bandiera liberiana. L’attacco è avvenuto a ovest di Hodeida, una città portuale nello Yemen, come confermato dal Maritime Trade Operations del Regno unito, un gruppo militare britannico che supervisiona le vie navigabili del Medio Oriente. Il portavoce militare del gruppo ha dichiarato che tutte le navi da guerra americane e britanniche coinvolte nell’aggressione contro lo Yemen sono considerate obiettivi.

Nel frattempo, persiste il timore di una reazione americana dopo l’uccisione di tre militari Usa in Giordania domenica scorsa. Gli Stati uniti hanno attribuito l’attacco a «gruppi militanti radicali sostenuti dall’Iran». Biden ha promesso vendetta. Ieri, i funzionari statunitensi hanno confermato a Cbs News che sono stati approvati piani per una serie di attacchi della durata di diversi giorni contro obiettivi – tra cui personale e strutture iraniane – all’interno dell’Iraq e della Siria. Kataib Hezbollah, un gruppo paramilitare sciita iracheno, sostenuto da Teheran, ha rivendicato l’attacco di domenica. Il segretario generale del gruppo, Abu Hussein al-Hamidawi, ha dichiarato martedì: «Mentre annunciamo la sospensione delle operazioni militari e di sicurezza contro le forze di occupazione – al fine di evitare imbarazzi del governo iracheno – continueremo a difendere il nostro popolo a Gaza in altri modi». Considerando che il gruppo di rado ha esternato pubblicamente disaccordi con Teheran, gli osservatori notano che l’annuncio è il risultato della pressione dell’Iran e di influenti gruppi iracheni che non vogliono che Baghdad diventi un campo da gioco nel più ampio conflitto regionale. Ma una rappresaglia americana potrebbe cambiare le cose.

Le forze armate iraniane e l’ “asse della resistenza” rimangono in massima allerta: secondo alcune voci, la dichiarazione dei funzionari americani potrebbe anche essere un diversivo. Alcuni iraniani ritengono che ci sia la possibilità che la ritorsione americana possa mirare a determinate strutture all’interno dei confini del Paese. Il capo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane, il generale Hossein Salami, ha affermato che il Paese non ha paura della guerra con gli Usa: «Abbiamo sentito le minacce dei funzionari americani. Diciamo loro che non lasceremo nessuna minaccia senza risposta. Non cerchiamo la guerra, ma non ne abbiamo paura».

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