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Usa, la stretta neo maccartista contro il sostegno alla Palestina

Usa, la stretta neo maccartista contro il sostegno alla PalestinaUna manifestazione filopalestinese fuori da Harvard – Ap

Stati uniti Il 63% dei dem è contro l’operato di Tel Aviv Gaza, sotto i 35 anni sono 67%, e il 52% delle donne

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 16 dicembre 2023
Luca CeladaLOS ANGELES

L’eccidio di Gaza continua a riverberare nella politica, nella società e sulla psiche del principale alleato di Israele. Secondo Gallup, nel secondo paese per popolazione ebrea (virtualmente equivalente a quella dello stato ebraico), il 63% dei democratici è contrario all’operato di Israele a Gaza, sotto i 35 anni la percentuale sale a 67%, il 64% delle minoranze etniche e 52% delle donne. Sono numeri enormi per gli Stati uniti, dove il sostegno all’alleato “speciale” in Medioriente è storicamente dato per scontato.

Lo shift sta costando al presidente pezzi di elettorato (arabi e, soprattutto, giovani) che difficilmente può permettersi di perdere. Difficile da sostenere rischia di diventare anche il dissenso in seno allo stesso governo. Mercoledì più di cento lavoratori del Homeland Security hanno firmato una lettera al ministro della sicurezza interna Aljandro Mayorkas, contestando il «silenzio inaccettabile» del ministero sulla strage in atto – lo avevano fatto un mese fa anche 500 dipendenti del dipartimento di Stato.

DI CONTRO lo schieramento filosionista, storicamente radicato in America, serra i ranghi ed ha ricevuto un assist importante dai repubblicani Maga che una settimana fa hanno trascinato i rettori di Harvard, Mit e U Penn dinnanzi alla commissione parlamentare per l’educazione. L’audizione è presto degenerata in un’imboscata in cui la trumpista Elise Stefanik ha chiesto alle amministratrici di garantire che «invocazioni dello sterminio degli ebrei» diventassero illegali nei rispettivi atenei. Impreparate al trabocchetto, le direttrici hanno opposto delle flebili obiezioni sulla libertà di espressione – osservazioni giustificate in un paese dove il primo emendamento protegge perfino le manifestazioni di nazisti con tanto di svastiche ed uniformi, ma che hanno nondimeno permesso ai repubblicani di sfoggiare plateale indignazione (ed insabbiare al contempo le proprie stesse pericolose frequentazioni con viscerali antisemitismi di destra).

SOTTO I RIFLETTORI, Stefanik ha continuato a esigere che fosse scelta una parte senza sfumature ed ha chiesto che nella definizione di apologia di genocidio fossero compresi slogan su «resistenza armata ed intifada». Una master class di strumentale equiparazione di antisionismo e antisemitismo che è costata il posto alla presidente di U Penn ed ha guadagnato l’immediato elogio di Donald Trump. Istruzione ed università sono d’altronde in prima linea dello scontro ideologico fomentato da un rampante neomaccartismo in vena di proscrizione di libri di testo ed epurazione di docenti considerati fautori di «indottrinamento marxista».
Il movimento filo Netanyahu ha ugualmente perseguito una strategia di intimidazione attraverso la stigmatizzazione di reati di pensiero. Già a maggio Fatima Mohammed studentessa di legge della City University New York era stata pubblicamente condannata nel Congresso per un discorso di laurea sulla lotta palestinese. Dall’assalto a Gaza, d’accordo con la linea Netanyahu, l’accusa di antisemitismo è sempre più utilizzata come clava contro il dissenso antisionista. Dopo l’audizione parlamentare, il dipartimento dell’educazione ha annunciato «inchieste» anche su mezza dozzina di università della West Coast, comprese Stanford e Ucla.

LE INDAGINI rischiano però facilmente di estendersi ad inquisizioni ideologiche. A Los Angeles due educatrici delle scuole secondarie sono state denunciate per aver incluso la lotta palestinese nel programma di un corso di storia dei movimenti sociali. A portare querela è stato un fantomatico Concerned Jewish parents and teachers. I «genitori ebrei preoccupati» del presunto «contenuto antisemita» sono risultati rappresentati da uno studio legale legato al American Zionist Movement, compreso l’avvocato Jerome Marcus, autore di un saggio in cui sostiene che gli «appelli alla situazione umanitaria a Gaza» portino «all’uccisione di ebrei».
Contemporaneamente, le insegnanti sono sostenute dal movimento ebreo pacifista If Not Now che mercoledì ha bloccato con un sit-in la principale arteria autostradale della città. In un’altra azione di Jewish Voices For Peace sul ponte della sesta strada, giovedì, i militanti hanno specificamente denunciato la strumentalizzazione dell’antisemitismo da parte della destra israeliana e dei suoi alleati americani.

LA CROCIATA anti dissenso funge da cortina fumogena che distoglie dalla vera fonte di un antisemitismo risorgente a destra. Lo hanno ricordato anche parlamentari ebrei come Jamie Raskin e Jerry Nadler. A confermarlo, domenica scorsa, nel suo podcast, Nick Fuentes, un neonazista che è stato ospite di Trump a Mar A Lago, ha invocato «la pena di morte per non cristiani e perfidi ebrei».

Come la guerra, il dibattito è destinat o a perdurare. Mercoledì è giunta notizia del ritiro in Germania del premio dato a Masha Gessen reo di aver comparato Gaza al ghetto Varsavia. Lo stesso giorno Bernie Sanders, ha inviato una lettera a Biden chiedendo la sospensione degli aiuti militari ad Israele e denunciando il bombardamento di Gaza come «nuova Dresda».

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