Usa e Russia fanno saltare il clima. Tensioni sul commercio globale
La giornata Slitta a oggi il comunicato finale: battaglia sull'Accordo di Parigi cancellato dagli americani
La giornata Slitta a oggi il comunicato finale: battaglia sull'Accordo di Parigi cancellato dagli americani
Il primo incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin, durato 2 ore e 20, molto di più del previsto e dove sarebbe stato discusso un cessate il fuoco nella regione della Siria meridionale di Daraa a partire dalla mezzanotte del 9 luglio, ha impedito ai due leader di Usa e Russia di partecipare alle discussioni sul clima, programmate alla stessa ora. In ogni caso, il testo finale sarà oggetto di trattative fino alla conclusione del G20 di Amburgo oggi: il ritiro degli Usa, a giugno, dall’Accordo di Parigi, dovrebbe portare a una formulazione che prende atto della scelta di Trump. L’ospite Angela Merkel ha tagliato corto: c’è una vera differenza con gli Usa, quindi è inutile parlarne. Merkel è sotto pressione a poco più di due mesi dalle elezioni, Greenpeace chiede alla cancelliera di non sacrificare l’ambizione sull’altare dell’unità di facciata. Emmanuel Macron ha cercato di evitare che le divergenze siano espresse in modo troppo crudo nel comunicato finale. Sulla stessa linea è il cinese Xi Jinping, che non vuole sottolineare lo scontro, anche per evitare che altri paesi non troppo entusiasti dell’Accordo di Parigi finiscano per seguire Trump. La Russia ha firmato l’Accordo di Parigi, ma non lo ha ancora ratificato, mentre Turchia e Arabia Saudita, che pure hanno firmato e ratificato il risultato della Cop21, restano scettici, tenuto conto dei loro interessi nelle energie fossili.
I paesi del G20 (19 stati tra industrializzati e emergenti, più la Ue), che rappresentano l’80% del commercio mondiale e il 64% della popolazione della terra, sono responsabili collettivamente dell’80% delle emissioni di Co2. La Russia ha accettato che l’Accordo di Parigi sia considerato «la base legale internazionale che permette un lavoro comune a lungo termine sulla regolazione climatica». Gli Usa stanno ancora tentando di annacquare il testo del comunicato finale. Trump è «no global»: vuole cancellare dal testo l’espressione «approccio globale», per ridurre le emissioni, nella speranza di far passare l’idea che è possibile ancora lavorare con altri partner per aiutare a un accesso ad alcune energie fossili «più pulite e efficienti». Il testo finale dovrebbe prendere atto dell’abbandono Usa dell’Accordo di Parigi, senza però condannare, sottolineando che Washington può raggiungere l’obiettivo comune prendendo una strada diversa da quella indicata dalla Cop21.
Il «piano di azione» proposto da Merkel chiede a ogni paese del G20 di rendere nota «entro il 2020» la strategia scelta per ridurre le emissioni a effetto serra sul lungo periodo e come intendono modificare i flussi finanziari per favorire le energie rinnovabili. From the Ashes, un documentario del National Geographic presentato qualche settimana fa a Parigi dalla Bloomberg Foundation, mostra molto bene i disastri ambientali e sanitari causati dal carbone negli stati più poveri degli Usa e mette in evidenza come non arrivino più finanziamenti per rilanciare questo settore. Ma l’economia del carbone ha fatto parte della propaganda di Trump. «Spero che gli Usa siano capaci di trovare una strada per tornare indietro sull’Accordo di Parigi, credo sia possibile», ha detto Theresa May (pensava alla Brexit?).
Tensioni irrisolte anche sul commercio mondiale. Trump ha messo sul tavolo la questione dell’acciaio a buon mercato, in gran parte cinese, che danneggia la produzione Usa. Ma la Ue teme di pagare gli «effetti collaterali» di questa guerra (gli Usa importano 26 milioni di tonnellate di acciaio, 2,3 dalla Ue, la Cina fa la parte del leone). Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, con «uno spirito di guerra ad alto livello», ha minacciato «contromisure nei prossimi giorni»: Bruxelles potrebbe fare ritorsioni sull’import agricolo dagli Usa, bourbon compreso. «Discussioni molto difficili», ha riassunto Merkel, che ha sottolineato come la maggior parte dei paesi del G20 sono a favore di un commercio «libero e giusto». Xi Jinping ha insistito sulla necessità di «far crescere la dimensione dell’economia globale». Il G20 si è messo d’accordo sulla lotta al terrorismo, colpendone i finanziamenti.
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