«Uno scandalo»: Erdogan il puritano censura le danzatrici del ventre
Turchia Anche Didem Kinali, la più famosa e amata delle danzatrici, non riesce più ad andare in tv. La censura prende di mira anche il rap
Turchia Anche Didem Kinali, la più famosa e amata delle danzatrici, non riesce più ad andare in tv. La censura prende di mira anche il rap
Mustafa Kemal Ataturk è l’idolo di Didem Kinali. Basta scorrere la pagina su Facebook della regina turca della danza del ventre per rendersene conto. La gallery è colma di foto del primo presidente turco passato alla storia per la sua impronta laicista e nazionalista che il secolo scorso tagliò di netto con il passato Ottomano e trasformò il volto del paese. E la Turchia totalmente laica – persino in eccesso – è rimasta sino a quando, una ventina di anni fa, l’islamista Recep Tayyip Erdogan non è andato al potere. Allora è iniziato un cambiamento di segno conservatore (a dir poco) nella società e nei costumi che oltre a prevedere censure ampie ha causato danni, se non la rovina, a tanti artisti. È andata per la verità peggio a oppositori politici, curdi, giornalisti. Human Rights Watch nel suo ultimo rapporto riferisce di casi di persecuzione, detenzione e arresto di decine di giornalisti che avevano criticato il presidente e la sua famiglia. Ma anche i predecessori di Erdogan erano tristemente noti per le violazioni dei diritti umani.
Didem Kinali è solo un’artista. È la musa della danza del ventre in Turchia. Si è esibita ovunque: spettacoli televisivi, feste popolari, ricorrenze pubbliche. È talmente brava e famosa che Madonna la invitò a Ibiza alla sua festa per il 56esimo compleanno. Kinali non lavora più in tv, gran parte dei canali televisivi non possono più trasmettere le sue esibizioni. Per Erdogan e la sua schiera di censori, il suo ventre scoperto e i suoi costumi sono «scandalosi», perciò proibiti al grande pubblico. «Mi manca così tanto essere in televisione. Mi esibirei anche gratuitamente. Se necessario, coprirei ogni parte esposta del mio corpo», ha dichiarato l’artista qualche settimana fa in una conferenza stampa con decine di giornalisti. Sono tante le danzatrici che, come Kinali, incontrano ostacoli crescenti nel loro lavoro.
Fino a una decina di anni fa non era così. Nei giorni di festa non religiosi le tv turche trasmettevano spettacoli di intrattenimento con le danzatrici del ventre, il momento clou per milioni di famiglie. Un segnale importante si era già avuto nel 2007 quando Seyfi Dursunoğlu, noto come Huysuz Virjin (Vergine scontrosa), intrattenitore e drag singer amatissimo, rivelò che la Star TV gli aveva chiesto di smettere di apparire vestito da donna. Nel 2014 il Consiglio supremo della radio e della televisione (Rtuk) ha iniziato a negare spazio in tv a Kinali e alle sue colleghe. «La responsabilità è del Rtuk – ha confermato Kinali al portale d’informazione Al Monitor -, negli ultimi sette o otto anni le danzatrici del ventre sono state escluse dal piccolo schermo».
Rtuk e la Diyanet, la direzione statale per gli affari religiosi, sono diventati il braccio esecutivo della visione puritana di Erdogan. Ma lo stesso presidente turco interviene di frequente per censurare spettacoli, canzoni ed esibizioni. A dicembre, durante una premiazione, si è rivolto ad artisti e intellettuali con queste parole: «Più sei forte nella cultura e nell’arte e più puoi indirizzare e gestire l’ambiente circostante. È un dato di fatto che le armi più potenti di coloro che governano il sistema globale sono proprio gli strumenti della cultura». Nei giorni scorsi sono state pubblicate nuove direttive che riducono il numero di ore per le feste e gli spettacoli musicali dal vivo. Divieti spiegati con la necessità di contenere la pandemia e che invece i giovani musicisti ritengono volti a sanzionare rock, pop, rap. Non mancano i media che invocano maggiori restrizioni. Il conservatore Yeni Akit, ad esempio, ha lanciato attacchi duri al K-Pop, popolare genere musicale sudcoreano, perché incoraggerebbe nei giovani il sesso libero e l’omosessualità.
Preso di mira invece per motivi politici «Susamam» (Non posso restare in silenzio), un brano rap – condiviso due milioni di volte – che denuncia la brutalità della polizia e la censura sui social. Almeno 200 opere musicali sono state censurate dalla Radio and Television Corporation a causa di contenuti culturali e politici «inadatti». Erdogan comunque non vince tutte le sue battaglie. Giorni fa ha fatto marcia indietro dopo aver attaccato Sezen Aksu, la leggendaria cantante sessantasettenne che ha rivoluzionato il pop turco, per un brano del 2017 in cui Adamo ed Eva sono descritti come degli «ignoranti». Le sue critiche hanno provocato sdegno. E con Sezen Aksu si sono schierati anche 200 artisti e scrittori, tra cui Elif Shafak e il premio Nobel Orhan Pamuk.
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