Europa

Ungheria e Polonia minacciano il veto sul Recovery Fund

Ungheria e Polonia minacciano il veto sul Recovery FundIl premier ungherese Viktor Orbán – LaPresse

Next generation Ue Orbán scrive alla Commissione e alla presidenza tedesca: no all'accordo sullo stato di diritto. Morawiecki sulla stessa linea

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 10 novembre 2020

La strada per l’approvazione e la messa in atto del «pacchetto» di 1800 miliardi – 1100 del bilancio pluriennale della Ue più il Recovery Fund di 750 miliardi per uscire dalla crisi del Covid – è ancora seminata di ostacoli, mentre il tempo stringe. L’Ungheria rifiuta il compromesso raggiunto dal Parlamento europeo e la presidenza tedesca del Consiglio Ue: i deputati europei sono riusciti a rendere un po’ meno vago l’impegno di condizionare il versamento dei finanziamenti Ue al rispetto dello stato di diritto, principio che era stato evocato nell’accordo del luglio scorso sul Recovery, ma in termini più che altro formali e che lasciavano ampio spazio a diverse interpretazioni.

Viktor Orbán ha scritto ieri una lettera ai presidenti Ursula von der Leyen (Commissione) e Charles Michel (Consiglio), e ai leader dei tre paesi che assicurano la presidenza a rotazione: la Germania, fino al 31 dicembre, il Portogallo (primi sei mesi 2021) e la Slovacchia (secondo semestre 2021). Orbán minaccia di porre il veto nel voto sul «pacchetto» di 1800 miliardi, bloccando il processo, perché il compromesso sul legame tra versamento dei finanziamenti e rispetto dello stato di diritto «non era contenuto nell’accordo di luglio» e ora il compromesso del Parlamento «viola la certezza del diritto». Il primo ministro ungherese rifiuta categoricamente che venga posta una «condizionalità» sul rispetto dello stato di diritto, soprattutto dopo che il Parlamento europeo è riuscito a precisare un po’ i casi di devianza: a cominciare dall’indipendenza della magistratura.

La Polonia è sulla stessa linea dell’Ungheria (i due paesi sono sottoposti da mesi alla procedura dell’articolo 7, per aver infranto i principi dello stato di diritto). Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha detto la scorsa settimana che la Polonia eserciterà il «diritto di protesta» perché non vuole che la condizionalità tra finanziamenti e rispetto dello stato di diritto venga interpretata secondo «la visione della Ue». Unica concessione: la Polonia renderà conto con precisione di come spende i soldi.

Il Parlamento europeo è riuscito a introdurre qualche precisazione sul rispetto dello stato di diritto, sull’indipendenza della magistratura, sul limite a decisioni arbitrarie del governo, sui campi di intervento delle istituzioni europee ecc. Non si tratta di questioni di pura forma, perché il bilancio Ue 2021-2027 e il Recovery Fund devono essere votati a maggioranza qualificata dal Consiglio Ue, ma devono anche passare per i Parlamenti di una maggioranza di stati e tra questi ci sono i «frugali», che già hanno accettato con poco entusiasmo di diventare garanti per prestiti a paesi già fortemente indebitati e con ampi deficit e che – giustamente – pretendono che ci sia una chiara condizionalità che imponga il rispetto delle regole democratiche della Ue per accedervi. Il Consiglio si era limitato a chiedere che fosse esaminato il rischio che divergenze sullo stato di diritto possono far correre agli «interessi della Ue».

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