Alla veneranda età di 96 anni, l’11 maggio – ma lo abbiamo appreso solo 2 settimane dopo – se ne è andata una leggenda del cinema underground: Kenneth Anger. Forse l’unico filmmaker che sia mai riuscito a coniugare l’immaginario hollywoodiano con la contro-cultura cinematografica sostenuta da figure come Amos Vogel o Jonas Mekas. Ma è in questa contraddizione estetica che Anger (nato a Santa Monica nel 1927) ha sempre vissuto e da cui ha tratto la massima ispirazione, scrivendo i due volumi ormai «cult» di Hollywood Babilonia, che lo hanno reso noto al pubblico più vasto di cinefili. Ma soprattutto costruendo un corpus di opere visionarie e barocche, alchemiche e sataniche, disseminate di simbologie e di misteriosi rituali, che lo consegneranno per sempre alla storia delle immagini in movimento come una sorta di Visconti del cinema sperimentale. I suoi film del resto sono spesso sontuosi, decisamente avvolti da un’aura di decadenza e di nostalgia dell’antico e del classico, dovuta probabilmente al fatto che ha respirato fin da bambino l’aria degli studios di Hollywood dove sua nonna lavorava come costumista.

La sua filmografia – tra film visibili, irreperibili, perduti, incompiuti o annunciati e mai prodotti – conta circa 40 titoli, anche se i suoi capisaldi restano pochi: Fireworks (1947), fortemente influenzato da Le Sang d’un poète di Cocteau (che lo premiò al festival di Biarritz) e che diventerà in seguito uno dei film-manifesto del cinema gay, insieme a Un chant d’amour di Genet; Rabbit’s Moon (1950) che inaugura il Magic lantern cycle e di cui si conoscono anche altre versioni (del 1972 e del 1979); Eaux d’artifice (1953), sinfonia delle acque girato nella cornice di Villa d’Este a Tivoli; Inauguration of the Pleasure Dome (1954-56), dove si rafforzano gli elementi magico-alchemici, desunti dall’opera dell’occultista inglese Aleister Crowley, per cui Anger ha sempre nutrito un culto, aderendo alla religione da lui fondata (Thelema) e alla cui pittura ha dedicato anche un paio di cortometraggi (The Man We Want to Ang e Brush of Baphomet); nel 1963 porta a termine il suo film forse più noto, Scorpio Rising, che mette in parallelo la vita di alcuni bikers votati al culto del demonio, con scene desunte da un kolossal del periodo muto sulla passione di Cristo. Seguiranno Kustom Kar Kommandos (1964) e un altro film di argomento esoterico e satanico, Invocation of my Demon Brother (1969). La sua opera più travagliata è però Lucifer Rising. Le riprese iniziarono nel ’66 ma il materiale fu trafugato da Bobby Beausoleil (protagonista del film e autore anche della colonna sonora); in seguito Anger rigirò le sequenze editando il film – in una versione più breve – solo nel 1980.

Sempre meno sono state le occasioni per Anger, dopo la sfortunata avventura di Lucifer Rising, di avvicinarsi alla macchina da presa. Anche se, dopo oltre 20 anni di silenzio, negli anni ’2000 aveva ricominciato a girare alcuni cortometraggi come: Mouse Heaven (2004) sui memorabilia disneyani, My Surfing Lucifer (2007) tributo al suo amico surfer Bunky o, ancora, Ich Will! (2008) e Uniform Attraction (2009). Se questi ultimi sono difficilmente visionabili, in rete si può ammirare quello che è stato forse il suo ultimo lavoro, Missoni, realizzato nel 2011 per la famiglia degli industriali tessili lombardi. Due minuti e mezzo in cui, utilizzando come attori Ottavio Missoni e tutti suoi familiari, Anger costruisce un caleidoscopico e visionario cortometraggio che – pur volendo essere uno spot – non pubblicizza nient’altro che il mondo dello stesso Anger. Volti, corpi, simboli e altri elementi sono trattati con mirror effect ma, soprattutto, sovrapposti mediante dissolvenze incrociate. Ne vien fuori un affascinante e inquietante stratificazione, una fitta trama audiovisiva che rimanda alla stessa texture degli inconfondibili e coloratissimi tessuti del brand italiano. Missoni – per quanto sia piccola cosa rispetto alle altre opere del maestro di Los Angeles – fonde insieme l’immaginario del cinema classico hollywoodiano anni ’50 (con quei verdi e rossi ma anche bianchi argentati che tanto hanno influenzato il filmmaker) e la post-produzione tipica dell’era digitale. Anger, insomma, ci consegna la sua ultima opera di immagini in movimento come una piccola perla sospesa tra passato e presente.
Il cinema di Anger è caratterizzato da una forte impronta onirica e surreale, che sconfina volutamente nel kitsch e nell’eccentrico, cui contribuiscono non solo i costumi e gli elementi scenografici, ma anche un uso di colori molto accesi, combinati a trucchi ottici (dissolvenze, deformazioni, sovrapposizioni, ecc.), che spiccano soprattutto in film quali Inauguration of the Pleasure Dome – che rimane sicuramente il suo capolavoro di raffinatezza stilistica (pensato anche per una proiezione su tre schermi) – e Lucifer Rising.

Anger è il regista dei quattro elementi (l’acqua di Eaux d’artifice e il fuoco sacro e profano di Fireworks, Inauguration… o Lucifer Rising), del lunare e del terrestre, del diurno e del notturno – visti anche come i due aspetti della nostra personalità – dell’erotico e del violento (ma una violenza sempre rappresentata in modo rituale), della musica pop-rock e di quella classica, dei costumi settecenteschi e dei giubbotti di pelle da bikers. Anger è soprattutto il cineasta della luce, il mago dell’artificio, anche se poi – a leggere bene le sue dichiarazioni – si scopre che quel che mette in scena con tanta accuratezza nella sua opera più ambiziosa, Lucifer Rising, è, in realtà, vero: «Nel film faccio vedere delle cerimonie autentiche; ciò che viene eseguito davanti alla cinepresa non è la semplice ripetizione di un rito, lo scopo è quello di invocare Lucifero, l’angelo ribelle, colui che non accetta ciò che oggi accade nel mondo. Il suo messaggio è che la chiave della Felicità è la Disobbedienza».

E ritorniamo allora nuovamente al suo testamento, Missoni, un’orgia visuale per costruire la quale Anger ha potuto contare, forse per la prima e ultima volta in vita sua, su un budget considerevole e una vera e propria troupe (perfino su un direttore della fotografia, l’italiano Paolo Bellan). Missoni si potrebbe rivedere in loop all’infinito per l’effetto ipnotico che questi pochi minuti di immagini, accompagnati dalla musica di Koudlam, esercitano sullo spettatore.

Se leggete la voce Anger su Wikipedia c’è anche scritto che ha influenzato cineasti come Scorsese, Lynch e John Water: probabilmente è così, ma chissà quanti altri registi possono dire di aver attinto al suo immaginario tanto fortemente connotato, chissà quanti possono considerarsi allievi di colui che amava firmare i suoi film con la semplice dicitura «by Anger», in sintonia con quell’altro grande gigante del cinema sperimentale che incideva direttamente sulla pellicola il suo marchio «by Brakhage».