Internazionale

Un’altra nave saudita di armi in arrivo a Genova

Un’altra nave saudita di armi in arrivo a GenovaLa Bahri Yanbu, il cargo saudita bloccato dai portuali genovesi

Italia/Arabia saudita In arrivo a Genova un altro cargo saudita della compagnia Bahri, pacifisti e lavoratori del porto in pre-allerta. Al momento si trova a Marsiglia dove avrebbe caricato i cannoni Caesar che due settimane fa gli attivisti francesi avevano bloccato

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 29 maggio 2019

C’è un’altra nave saudita carica di armamenti per la guerra in Yemen che sta arrivando a Genova e i camalli, la Cgil e i pacifisti sono già in pre-allerta. Il cargo si chiama Bahri Tabuk e, secondo la mappa satellitare di Marinetraffic, ieri era ancora in banchina nel porto di Marsiglia.

L’intenzione è quella di impedire le operazioni di carico com’è stato per la gemella Bahri Yanbu, partita dal porto di Genova martedì scorso senza essere riuscita a caricare i materiali bellici, in particolare un’ampia gamma di generatori elettrici trasferiti al Centro smistamento merci.

Secondo le informazioni in possesso di Francesco Vignarca della Rete Disarmo, dell’Opal di Brescia e del sito d’inchiesta francese Disclose, la Bahri Tabuk entro oggi dovrebbe ultimare il carico dei cannoni di precisione Caesar, fabbricati in Francia dalla Nexter e già utilizzati in Yemen nel giugno scorso, anche se ai portuali e ai pacifisti francesi le autorità negano che il carico riguardi attrezzatura militare.

Il mercantile saudita deve aver immagazzinato la maggior parte delle armi – in gran parte mezzi blindati – in acque atlantiche, cioè in Canada, ma a Genova potrebbe tentare di recuperare i generatori lasciati a terra prima di affrontare la traversata verso Alessandria d’Egitto e poi Gedda, sua destinazione finale. In ogni caso i pacifisti hanno inviato due lettere, al governo e al Parlamento, per chiedere di sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione miliare capeggiata dall’Arabia saudita e dagli Emirati arabi uniti e colpevole di «crimini di guerra».

Amnesty, il Comitato per la riconversione della Rwm, i focolarini, la Rete della Pace, la Rete Disarmo e Save The Children chiedono comunque ai lavoratori del porto di vigilare, in accordo con la legge 185, e di continuare a rifiutarsi «di effettuare trasbordi di materiale destinato alla guerra, commettendo gravi violazioni del diritto umanitario e delle convenzioni internazionali sancite dall’Italia».

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