Dritti alla meta anche quando questo significa andare contro un muro. La crisi climatica in atto ci imporrebbe di ripensare il turismo invernale montano, ma questo non pare interessare al governo che continua andare per la sua strada, ignorando che in montagna nevica sempre meno (la fondazione di monitoraggio ambientale Cima, a metà dicembre, ha rilevato un deficit di precipitazioni nevose del 44%) e che stanno aumentando esponenzialmente costi e consumi per innevare artificialmente gli oltre 5mila Km di piste da sci.

«IL MINISTERO DEL TURISMO – DENUNCIA Legambiente – ha stanziato, nel 2023, 148 milioni di euro destinati alle società proprietarie degli impianti di risalita per ammodernamento, sicurezza e dismissioni contro i 4 milioni di euro messi a disposizione per la promozione dell’ecoturismo. Una sproporzione inaudita tra i due settori, se pensiamo che l’innevamento artificiale è una pratica non sostenibile. Serve un cambio di passo e una decisa volontà politica che punti e investa davvero sul turismo sostenibile a partire da quello montano. È inoltre fondamentale che vengano stanziate al più presto le risorse per attuare il Pnacc (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici) per renderlo effettivamente operativo e replicare le buone pratiche». E a proposito di esempi virtuosi, in occasione della Giornata mondiale della neve, celebrata il 21 gennaio, Legambiente ha stilato la top ten delle buone pratiche che innovano l’offerta turistica nel segno di un turismo montano in armonia con la valorizzazione dell’ambiente, delle professionalità e del patrimonio storico e architettonico di quei luoghi.

LA SELEZIONE È UN’ANTEPRIMA del report Nevediversa 2024 in uscita in primavera. L’organizzazione ambientalista ha raggruppato dieci storie che arrivano dalle Alpi, incluse quelle svizzere e austriache, e dalla dorsale appenninica e che ci parlano di un nuovo modello di abitare e vivere la montagna nell’era dei cambiamenti climatici. Partiamo dal Piemonte, Alpi Cozie meridionali, con il modello Valle Maira, una delle regine del turismo slow che anche grazie al ruolo del locale consorzio turistico ha cercato un equilibrio tra natura e sci escursionismo, sci alpinismo e di fondo e ciaspolate.

Poco più a nord, nelle Valli di Lanzo, il piccolo comune di Balme, in provincia di Torino, ha vietato l’eliski (la pratica dello sci fuoripista servendosi di un elicottero come mezzo di risalita) e guarda a progetti come Beyond the snow (oltre la neve): un programma rivolto alle località che dovranno reinventarsi per la carenza di precipitazioni nevose. In Valle d’Aosta, Naturavalp è un’associazione promotrice di un turismo responsabile e sostenibile, che riunisce agricoltori, allevatori, artigiani e operatori turistici. In Trentino, Dolomiti Paganella Future Lab è, invece, una piattaforma in continua evoluzione, unica nel suo genere, nata per definire una visione di sviluppo turistico bilanciato di lungo periodo, basato su vivibilità e qualità di vita di residenti e ospiti. Arriviamo, poi, in Friuli-Venezia Giulia, a Malborghetto-Valbruna, dove si punta su una rete di escursioni, tra cui i 19 km di piste di fondo, dalla piana di Valbruna fino all’alta Val Saisera.

SCENDENDO LUNGO LA PENISOLA, si va dalla cooperativa di comunità Valle dei Cavalieri – Succiso (Reggio Emilia) nel Parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano all’associazione Cammina Sila, in Calabria, nata per far conoscere e riscoprire il territorio silano attraverso le attività outdoor come ciaspole, trekking, mountain bike, sci di fondo, canoa e tutte quelle attività eco-sostenibili. Infine, ecco il Comprensorio Broncu Spina in Sardegna in provincia di Nuoro, dove – anche se l’impianto sciistico non è più attivo – visitatori e turisti sono disposti a fare un po’ di strada a piedi avventurandosi in tour esperienziali lungo i pendii accompagnati da una guida.

INCLUSE TRA LE DIECI BUONE PRATICHE ci sono anche due esempi d’oltralpe: Dobratsch, in Austria, è una stazione sciistica a zero impianti, l’attività è stata interrotta perché non era più conveniente e si sono intensificate le attività di turismo dolce; Monte Tamaro e Cardada / Cimetta, in Svizzera, sono stazioni che hanno abbandonato lo sci e hanno potenziato la rete dei sentieri per escursioni (aperta tutto l’anno pure una stazione termale).

SI TRATTA DI ESEMPI CHE SONO UNA RISPOSTA concreta alla crisi climatica e alla monocultura dello sci di pista. Per questo motivo, Legambiente torna chiedere stanziamenti economici più consistenti per il turismo sostenibile montano troppo spesso sottovalutato e sottostimato. «Ci lasciamo alle spalle un 2023 che è stato l’anno più caldo sulla Terra nell’ultimo secolo e mezzo. Un dato allarmante e preoccupante – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – perché la crisi climatica con l’aumento delle temperature sta allo stesso tempo ridisegnando i profili delle nostre montagne con, ad esempio, un’accelerata della fusione dei ghiacciai e dall’altra parte la necessità di sparare in quota neve artificiale per sopperire alla riduzione delle precipitazioni nevose e consentire agli impianti di risalita di operare a pieno regime.

L’Italia è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente. Una pratica che causa un grande impatto per consumi idrici e di suolo in aree spesso delicate come ecosistemi. Ed è molto dispendiosa, prevedendo l’impiego di fondi pubblici. Per questo da anni con il report Nevediversa, oltre a denunciare il tema dell’innevamento artificiale, portiamo in primo piano quegli esempi virtuosi territoriali, frutto di un cambiamento culturale e sociale, che sono preziosi laboratori di innovazione e sperimentazione a cielo aperto e che indicano la giusta strada da percorrere rispondendo così alla crisi climatica».

PER VANDA BONARDO, RESPONSABILE NAZIONALE Alpi Legambiente, «se le precipitazioni nevose non sono più la normalità dei nostri inverni dobbiamo ripensare complessivamente il nostro rapporto con la neve, beneficiarne quando arriva e non pretenderla a tutti i costi quando non c’è». Bisogna andare oltre, «lavorare sulla diversificazione dell’attività turistica sostenibile e su nuove forme di adattamento, tenendo conto che abbiamo censito nel 2023 oltre 200 impianti dismessi e abbandonati».