Una scodella di Pho e lo spirito Viet Cong
Marco Zappa Quando la pistola si posò sulla sua tempia, Nguyen Kim Bach vide scorrere di fronte a sé gli ultimi tre anni della sua vita. Il sorriso di lei, la cucina […]
Marco Zappa Quando la pistola si posò sulla sua tempia, Nguyen Kim Bach vide scorrere di fronte a sé gli ultimi tre anni della sua vita. Il sorriso di lei, la cucina […]
Quando la pistola si posò sulla sua tempia, Nguyen Kim Bach vide scorrere di fronte a sé gli ultimi tre anni della sua vita. Il sorriso di lei, la cucina lurida in cui aveva lavorato a fianco del suocero, la farina degli spaghetti di riso sulle mani e sui vestiti, il grosso coltello con cui aveva imparato a tagliare i pezzi di carne da mettere nella pentola di latta in cui cucinavano per ore un brodo trasparente, oleoso, dall’odore sensuale. E poi i fucili, le pistole e quelle barre scure che gli avevano insegnato a chiamare «esplosivi»; i ragazzi che dormivano al piano di sopra del ristorante, i messaggi in codice e le mille piccole precauzioni che aveva imparato per evitare i controlli della polizia. Ora, mentre i suoi carcerieri e torturatori lo portavano via da quel luogo dove aveva investito tre anni della sua vita, Bach aveva paura come mai prima di allora. Sapeva che lo avrebbero torturato e lasciato a marcire in carcere. «Avrei preferito essere morto come i miei compagni», ha ricordato a distanza di quasi cinquant’anni, Nguyen Kim Bach — oggi 77enne — in un’intervista al Los Angeles Times.
Era il 1965 quando Bach aveva sposato la figlia di un gestore di un ristorante di pho, spaghetti in brodo di carne alla nord-vietnamita. Aveva iniziato a lavorare nel ristorante e – in parte inconsapevolmente – era entrato in una cellula di Viet Cong, i guerriglieri comunisti che si opponevano al governo della Repubblica del Vietnam e avevano lanciato un’insurrezione dalle loro roccaforti nelle foreste del Vietnam meridionale e nella vasta area del Delta del fiume Mekong. All’epoca, l’intelligence Usa stimava che i combattenti Viet Cong fossero 140mila. E il ristorante di pho del vecchio Toai era diventato un avamposto per lanciare l’offensiva finale sulla capitale. A Saigon ong (zio) Toai aveva saputo adattarsi bene. Era arrivato a negli anni ’50, poco dopo la riunificazione del paese dopo l’occupazione giapponese e poco prima che il Vietnam fosse di nuovo diviso.
Da venditore ambulante di spaghetti in brodo era riuscito a risparmiare una somma sufficiente a comprarsi un ristorante. Toai continuava a preparare il suo pho secondo la ricetta settentrionale che conservava tutta la semplicità e la sobrietà della sua terra. Proprio dalle contee del nord del Vietnam si dice che arrivi la ricetta originale dei celebri spaghetti in brodo alla vietnamita. Secondo la cuoca e storica Andrea Nguyen, vietnamita trapiantata negli Usa, sarebbe stato l’incontro tra diverse cucine – le bistecche di manzo dei francesi e gli spaghetti in brodo graditi dai lavoratori che arrivavano nella regione dal sud della Cina – a darvi origine intorno al 1900. Poco importava questo a ong Toai. Il suo pho era il frutto di anni di pratica e piccoli aggiustamenti sulla ricetta che aveva conosciuto a casa. Il brodo a base di cipolla e zenzero, ossa e salsa di pesce e zucchero. E poi gli spaghetti di riso a cui aggiungere sottili fette di arrosto di manzo, peperoni verdi freschi tagliati sottili, menta e limetta.
Il pho di ong Toai aveva attirato una discreta clientela, fatta anche di poliziotti e soldati dell’esercito della Repubblica del Vietnam. Nel 1965 l’escalation militare americana a sostegno del Vietnam del Sud si era intensificata. A fine anno i militari americani di stanza nel sud della penisola indocinese saranno più di 200mila. Oltre mezzo milione invece, il numero di uomini di cui disponeva il governo della Repubblica del Vietnam per stanare i guerriglieri del Viet Cong. Nessuno si era accorto che tra i pacchi di spaghetti di riso, fette di carne di manzo, le verdure e il coriandolo, Toai preparava un’insurrezione.
Alla sua cellula, nome in codice F100, era stato affidato il compito di trasportare armi ed esplosivi provenienti da basi delle forze vietnamite del nord in una decina di cantine di Saigon. Come i suoi compagni, anche Bach accompagnava i carichi su carri trainati da buoi, le armi nascoste sotto casse di frutta, stuoie, vasi di piante, basi di letti. Per ridurre i rischi a fronte di controlli sempre più frequenti i membri della F100 limitavano al massimo gli incontri e comunicavano solo per mezzo di messaggi in codice. Tutti sapevano che qualcosa di grande si stava preparando, ma nessuno sapeva quanto sarebbero durati quei preparativi.
Alla vigilia dell’offensiva del Tet del 1968, quando i comandi Viet Cong diedero il segnale di attaccare, il ristorante di Toai e Bach divenne un centro operativo dei Viet Cong. Toai e Bach decisero di chiudere il locale e barricarsi dentro con provviste per alcuni giorni. Il 31 gennaio scattò l’offensiva. Dopo qualche ora di scontro con le truppe regolari sud-vietnamite e americane, i Viet Cong vennero respinti. Seguirono gli arresti e le esecuzioni. Toai e Bach furono incarcerati e torturati. Furono liberati cinque anni più tardi. Il nuovo governo socialista attribuì a Toai tutti gli onori: è morto nel 1994 da eroe nazionale. Bach, invece, ancora oggi gestisce il locale del suocero. L’insegna recita «Pho Binh», «gli spaghetti della pace». Nel ristorante che fu del suocero è tutto come nel 1968.
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