Aperta da Hobbes e giunta a noi attraverso Schmitt, la scienza politica moderna inaugura uno spazio in cui, prima attraverso l’adiacenza di sovranità e monarchia e poi in termini democratici e liberali, l’individuo possa reperire tutela pubblica nel perseguimento dei propri interessi privati. La mitologia politica moderna presenta la sovranità come unico centro di pacificazione fra individui spontaneamente votati alla distruzione reciproca. Recentemente c’è chi, come Luigi Alfieri (L’ombra della sovranità, Treccani, pp. 144, euro 15), ha proposto una interessante lettura alternativa di Hobbes: sollecitato dalle intuizioni di Pascal e Canetti, Alfieri accantona la teologia politica schmittiana, che colloca come fonte di significato della politica la distinzione fra amico e nemico – dunque la guerra – per indicare invece la pace come vera missione naturalmente instillata dal trascendente all’uomo, così votato all’edificazione di un potere corrispondente all’imperativo divino. Da qui, e non da una irriducibile bellicosità umana che il sovrano trattiene per sé, verrebbe la legittimità.

MA SE ENTRAMBE queste letture, polemica e teologica, fossero criticabili, l’una per le sue premesse antropologiche, l’altra per l’urgenza che alla pace sovrintenda l’istituzione sovrana? Si tratta di questioni su cui da secoli il pensiero libertario si arrovella. Certo non senza difficoltà, per gli stessi anarchici dovute a una propaganda funzionale alla conservazione del potere, a una strategia volta a sedare ogni pensiero critico. Il monopolio della forza pubblica completa il lavoro. Gli anarchici imputano a una scarsa conoscenza del loro nobile e articolato pensiero la diffidenza a essi tributata, la confusione tra la loro proposta di una libera sperimentazione individuale e comunitaria su base non territoriale, da un lato, e il caos, il nichilismo, la violenza, il sangue e la morte, dall’altro lato. Con Libertaria. Una antologia scomoda (curato da G.P. de Bellis, D Editore, pp. 596, euro 23), primo di cinque volumi di una ricca antologia di testi libertari e anarchici, D Editore ci consente di entrare in contatto con la storia e il pensiero polifonico di quella che, più che una ideologia da imporre con la violenza delle bombe, si rivela essere la proposta di uno stile di vita autonomo, pacifico, di mutuo sostegno, all’insegna della critica a ogni forma di autoritarismo, non in vista del mero arbitrio, bensì della piena corresponsabilità da perseguire volontariamente.

IL POTERE CHE SI RACCONTA come istanza di pacificazione è, in realtà, fonte di diseguaglianze e di reciproco odio fra gli individui: solo senza dominio e assoggettamento può emergere la vera natura dell’uomo, che non è reciproco annientamento, ma riconoscimento del valore irriducibile di ciascuno nella vicendevole dipendenza. Al di là dell’individualismo astratto del liberalismo, calibrato su figure storicamente dominanti, l’individuo libertario si riscopre concretamente circondato da relazioni che lo conservano come persona e che chiedono da lui cura volontaria e libera. Questi preziosi documenti ci invitano a ripensare la legittimità delle istituzioni che ci circondano, degli strumenti con cui perseguono i loro principi e i loro fini. Ma soprattutto a nutrire il dubbio che gli esseri umani possano essere per natura ragionevoli e onesti, e che sia invece il potere, in ogni sua forma, a corromperne la loro spontanea solidarietà.