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Una luce in fondo al tunnel: in Kenya si parla di riconciliazione

Una luce in fondo al tunnel: in Kenya si parla di riconciliazioneIl leader di opposizione Raila Odinga fuori da un ospedale di Nairobi dove ha incontrato i feriti nelle proteste – Ap/Brian Inganga

Africa Da cinque mesi è in corso un violento scontro tra governo e opposizioni: almeno cinquanta gli uccisi in piazza, centinaia i feriti. E mentre la polizia tenta di perquisire la casa dell'ex presidente Kenyatta, spunta un piano per creare un comitato di pacificazione, con un leader africano a fare da mediatore

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 luglio 2023

In Kenya è in atto da cinque mesi una contrapposizione feroce e violenta tra governo e opposizione, cadenzata da proteste settimanali con accuse reciproche di strumentalizzazione della gente che sembra non trovare alternative.

Dopo gli ennesimi tre giorni di protesta la polizia avrebbe tentato di effettuare una perquisizione nell’abitazione del figlio dell’ex presidente della Repubblica Uhuru Kenyatta e alla madre sarebbe stata tolta la scorta. Kenyatta si è rivolto alla stampa: «Se c’è qualche problema con me, rivolgetevi direttamente al sottoscritto non hai miei famigliari».

«Sina ubaya na mtu mimi» (non ho problemi con nessuno), ha spiegato l’ex presidente, accusato di essere tra i finanziatori delle proteste da parte dei partiti di maggioranza. Il tentativo di perquisizione è sembrato una minaccia. Anche gli arresti domiciliari nei confronti del vice presidente della coalizione Azimio Kalonzo Musyoka vengono letti in tal senso.

IL LEADER dell’opposizione Raila Odinga ha dichiarato: «Finora ci sono stati almeno 50 morti e centinaia di ricoverati negli ospedali con ferite gravi. Molte cliniche sono state istruite a non rivelare il numero di morti e feriti e persino di non far accedere le persone: tanti si stanno curando a casa. È chiaro che abbiamo a che fare con un fenomeno senza precedenti di brutalità della polizia e del ricorso dello Stato a milizie armate per reprimere le proteste. Abbiamo visitato ospedali e obitori e abbiamo stabilito che la polizia e le bande mercenarie hanno sparato e ucciso o ferito decine di persone a distanza ravvicinata. Alcuni sono stati colpiti alla schiena mentre fuggivano o in una posizione di resa. I colpi sono stati mirati agli organi vitali: tutte le vittime erano disarmate».

Per questo il partito di Odinga, Azimio, ha deciso che mercoledì 26 luglio avrebbe organizzato «un diverso tipo di protesta, marce di solidarietà e veglie per le vittime della brutalità della polizia»: «Chiediamo ai keniani di uscire, accendere candele e deporre fiori, preferibilmente bianchi, in ricordo delle vittime». Così i leader e piccoli gruppi di persone si sono diretti davanti agli ospedali in diverse città: Nairobi, Mombasa, Nakuru, Kisumu.

Gli sforzi per trovare una via di riconciliazione sembrano dare i primi risultati. La sospensione delle proteste si ritiene sia stata innescata dall’impegno della diplomazia internazionale: in una dichiarazione congiunta diversi ambasciatori si erano resi «disponibili a sostenere le parti nei loro sforzi per trovare una soluzione costruttiva e pacifica».

Azimio, coalizione di opposizione, avrebbe presentato ai diplomatici le richieste di base per un confronto: abbassare il costo della vita, rispettare la democrazia multipartitica, ricostituire la commissione elettorale (Iebc) e procedere con un audit sui server della commissione Iebc. L’opposizione chiede anche che sia messa in atto un’azione immediata contro gli agenti di polizia che hanno sparato proiettili veri contro i manifestanti.

SECONDO FONTI diplomatiche, la comunità internazionale avrebbe proposto un piano per istituire un comitato di riconciliazione di sei persone anziane tratte dalle due parti sotto la guida di un alto diplomatico. Non a caso martedì sera il presidente della Repubblica William Ruto si è rivolto a Odinga: «Sono disponibile a incontrarti faccia a faccia in ogni momento».

Ma Odinga ha dichiarato all’Afp di essere pronto solo con la presenza di un mediatore: «Ruto non è qualcuno di cui ti puoi fidare». Sia la presidente della Tanzania Suluhu che il presidente sudafricano Ramaphosa sarebbero disponibili. There is alternatives.

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