Daniel Perkins, aka Tom Tomorrow, è un fumettista satirico americano, punto di riferimento della sinistra radicale Usa. Ha cominciato trent’anni fa su una rivista anarchica di San Francisco creando This Modern World, che continua a pubblicare settimanalmente, restando fedele allo stesso stile dissacratorio degli esordi, su testate come New York Times, New Yorker, Esquire, Village Voice, Spin, Mother Jones, The Nib, Salon, Economist e un’ottantina di riviste fra Usa e Canada.
Perkins ha anche una lunga storia di collaborazione con i Pearl Jam di cui ha fatto la copertina dell’album Backspacer, nel 2009, e una serie di poster a tema Halloween per i concerti a supporto dell’album. Per This Modern World ha ricevuto una lunga serie di premi, fra cui il Robert F. Kennedy Journalism Award (due volte) e il prestigioso Herblock Prize per le vignette editoriali. Nel 2015 è stato finalista per il Premio Pulitzer. Il suo lavoro è tradotto in molte lingue, fra cui l’italiano.

Osserva la politica americana da 30 anni: quando tutto ha cominciato a sgretolarsi?
Veramente è da sempre che tutto sembra cadere a pezzi, ma negli anni ’90 eravamo un paese giovane e ingenuo, dei bambini che pensavano di avere dei problemi. Non immaginavamo che un giorno il presidente sarebbe stato il presentatore di un programma televisivo scadente e infestato da vermi culturali, e che ci saremmo chiesti se la democrazia stessa sarebbe sopravvissuta nei prossimi due anni.

Che tipo di midterm è questo?
È stato uno strano ciclo di midterm, con una narrativa imposta dai precedenti midterm “normali”, ovvero che il partito al potere dopo due anni perde fisiologicamente dei seggi al Congresso. Per un po’ ho sperato che la decisione di ribaltare la sentenza sull’aborto avrebbe minato questa narrativa, così come il fatto che i repubblicani siano sempre più espliciti sul loro desiderio di porre fine alla democrazia come l’abbiamo conosciuta, ma gli americani hanno tempi di attenzione brevi e i media politici Usa adorano la narrazione convenzionale, così i repubblicani sono riusciti in qualche modo a riportare la conversazione sulle loro storie preferite: inflazione, prezzi della benzina, criminalità. Invece il tema demoralizzante sarebbe che sono sempre più espliciti sulle loro intenzioni autoritarie, e che questo ai loro elettori va bene. Il candidato alla carica di governatore del Wisconsin ha detto chiaramente che, se vincerà, nel suo stato il Gop non perderà più un’altra elezione. Molti repubblicani hanno detto che criminalizzeranno a livello federale l’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e persino la contraccezione. La Corte suprema è diventata l’esecutrice degli obiettivi politici della destra. I dem hanno cercato di lanciare l’allarme, ma rimanendo in qualche modo su posizioni blande, anche quando il terrorismo sparso a caso dai rep ispira reali violenze, come per il 6 gennaio o con l’attacco al marito di Nancy Pelosi. La questione di questo midterm non è se gli americani accetteranno l’autoritarismo in cambio della chimerica promessa di abbassare i prezzi del gas, ma se una pluralità di elettori in realtà desidera l’autoritarismo. Non che questo sia un fenomeno puramente americano, come mostrano le recenti elezioni italiane, ma sto invecchiando, e mi spezza il cuore pensare al mondo che lascerò a mio figlio, se le persone perbene non riusciranno a trovare un modo per far girare questa nave prima che colpisca l’iceberg. Ma chissà, forse questa sera ci sorprenderà tutti.

Qual è la più grande colpa della sinistra americana?
Non penso che abbia una responsabilità, perché “la sinistra” non ha mai avuto un vero potere in questo paese. Se invece intendi i Democratici, il problema è che sono bloccati nella politica degli anni ’90, mentre siamo in una situazione completamente diversa. Portano una pistola ad acqua in una guerra nucleare, parlano di essere bipartisan mentre i repubblicani fanno terra bruciata.
Una volta ha twittato che il mondo non tornerà mai più al “prima”, prima di Trump, prima del Covid, prima di questa Corte suprema.
Il vecchio mondo è andato. Non annulleremo mai i danni del Covid e le debolezze della rete di sicurezza sociale americana che ha messo a nudo. La Corte suprema ha annullato decenni di progressi, ci vorrà una generazione o più per tornare indietro, se mai sarà possibile.

Ha detto che dall’arrivo di Trump il suo lavoro “è tutto su questo idiota ora”. I media danno a Trump troppo spazio?
Non la penso così. C’è una linea di pensiero per cui prestargli attenzione aiuta solo a promuoverlo, ma Trump è la più grande minaccia alla nostra democrazia e, per ragioni che ancora non comprendo del tutto, la sua base gli è fanaticamente leale. Ha ispirato un’insurrezione, un vero e proprio assalto al Palazzo d’Inverno, e più ne sappiamo, più è chiaro che il nostro stesso sistema di governo quel giorno è sopravvissuto a malapena. Puoi ignorarlo come puoi ignorare un tumore, ma non risolverà il problema.

È stato invitato più volte in Italia, qual è la difficoltà maggiore nello spiegare gli Usa agli italiani?
L’ultima volta che sono stato in Italia è stato circa 6 mesi dopo l’elezione di Trump, era un giro promozionale per un mio libro tradotto in italiano, Il Pazzo Mondo a Stelle e Strisce. Ho partecipato a diversi festival, a conferenze a Roma, e un intervento al Senato italiano. Tutti volevano capire cosa era appena successo in America. Rispondevo che solo il tempo avrebbe detto se avevamo appena eletto il nostro Berlusconi o il nostro Mussolini, e ad oggi la domanda resta senza risposta. Penso che la cosa più difficile sia spiegare il sistema del collegio elettorale, in base al quale la persona che riceve meno voti può comunque vincere le elezioni.