Nel gioco delle parti al quale abbiamo assistito per l’ennesima volta in un summit europeo sull’immigrazione, gli unici due Paesi che hanno votato contro, presentandosi come i cattivi, hanno portato a casa il risultato che volevano: un impegno unitario per cancellare il principio cardine del diritto d’asilo, il principio di non respingimento, e un investimento prioritario sull’esternalizzazione delle frontiere, ossia sull’impedire alle persone di arrivare in Europa, costi quel che costi.

Ma Polonia e Ungheria non hanno votato l’accordo così da continuare a dire al loro elettorato che sono gli unici a difendere i sacri confini.
Allo stesso modo gli altri governi possono affermare di aver votato un buon accordo proprio perché Ungheria e Polonia hanno votato contro.
Una farsa che diventa tragedia sulla pelle delle persone che più di prima saranno obbligate a rivolgersi ai trafficanti, non potendo chiedere ai governi di attraversare le frontiere legalmente e in sicurezza.

Una tragedia che rischia di trascinare l’Europa in un baratro, poiché apre una campagna elettorale europea che la destra vuole vincere nel 2024 usando il razzismo come principale strumento di consenso.
Gli elementi principali dell’accordo non sono delle vere novità. Tuttavia alcune delle misure previste si presentano come delle vere schifezze, che puntano a stravolgere il diritto d’asilo.

Un primo segnale che va verso la negazione del diritto d’asilo è il tentativo di cancellare il principio di non respingimento, che è il principio cardine della Convenzione di Ginevra.
Se possiamo respingere chiunque arrivi alle nostre frontiere verso Paesi definiti “sicuri” autonomamente da ciascun governo europeo, abbiamo di fatto cancellato con un colpo di spugna ogni possibilità di chiedere asilo in Europa.
Un’Europa che, è bene ricordarlo, negli ultimi dieci anni, se si esclude l’eccezione degli sfollati ucraini, accoglie una parte irrilevante di persone in cerca di protezione.

Se consideriamo infatti che nel mondo abbiamo superato già nel 2022 i 100 milioni di persone obbligate a lasciare le loro case (dati UNHCR), l’UE con i suoi 450 milioni di abitanti dovrebbe accoglierne quasi il 7%. Ma siamo ben lontani da questi numeri.
Eppure, nonostante i dati e nonostante la realtà, i governi UE scaricano su Paesi che hanno meno risorse e che, spesso, non garantiscono il rispetto dei diritti umani, quel poco di responsabilità che sono obbligati ad assumere in virtù delle convenzioni internazionali.

Il principio è quello già sperimentato con la Turchia: paghiamo qualsiasi dittatore per fare il lavoro sporco che noi non possiamo fare perché in Europa vigono leggi che tutelano le persone e ci sono giudici che le fanno applicare. Ma c’è adesso un ulteriore peggioramento nelle politiche di esternalizzazione.

Finora ci siamo infatti “limitati” a pagare Erdogan per impedire alle persone che fuggono da guerre e persecuzioni di arrivare in Europa. Se passa il principio contenuto in questo terribile accordo, potremo anche rimandare in Turchia gli afghani e i siriani che hanno attraversato la Turchia semplicemente respingendoli.

In effetti la Turchia è già considerata un posto sicuro. Eppure Erdogan ha respinto in questi anni centinaia di migliaia di afghani e siriani che certamente avrebbero ottenuto asilo in Europa e che, rimandati indietro, rischiano di subire violenze e anche la morte.
Allo stesso modo abbiamo siglato un accordo con la Libia, dove solo nel mese di maggio sono state rimandate indietro più di 500 persone, ricorrendo alla cosiddetta guardia costiera che opera dei respingimenti per conto nostro.

Ma il razzismo dell’UE, non sazio, punta adesso a applicare direttamente, senza la mediazione di Turchia o Libia, il respingimento di richiedenti asilo alle nostre frontiere.
In sostanza oltre alle destre xenofobe, che hanno molti elementi per cantare vittoria, sono i trafficanti, a festeggiare, poiché i governi continuano a perseguire l’obiettivo di impedire alle persone di partire, di arrivare e di accedere alla procedura di asilo e non hanno alcuna intenzione di introdurre vie d’accesso sicure e legali.

Per contrastare questo accordo spregevole sarà necessario mettere in campo nei prossimi mesi, proprio in vista della campagna elettorale europea, una mobilitazione della società civile che dia voce all’Europa dei diritti e della solidarietà contro la cultura dei muri e del razzismo.