A due giorni dalla fine delle elezioni di metà mandato la situazione in Usa è sostanzialmente di stallo, e ancora non si sa chi guiderà il Congresso. Al momento nessuno controlla niente, e entrambe le Camere sono nel limbo con decine di seggi che devono ancora essere assegnati, e la consapevolezza che potrebbero volerci giorni.

Stando a quanto dichiarano gli analisti, visti i dati a disposizione, è probabile che il partito repubblicano prenderà la Camera, ma non si sa che fine farà il Senato, dove potrebbero volerci giorni prima che i seggi dei senatori del Nevada e dell’Arizona vengano assegnati. In entrambi gli stati lo scrutinio è ancora in corso; secondo le previsioni, dovrebbero andare rispettivamente ai Democratici e ai Repubblicani, ma i numeri sono talmente testa a testa da non poter escludere sorprese.

A COMPLICARE ulteriormente il quadro politico, la Georgia è ufficialmente diretta al ballottaggio, proprio come era già accaduto nel 2020. Né il democratico Raphael Warnock né il repubblicano Herschel Walker sono riusciti a raggiungere il 50% dei voti, e il destino del Senato può restare in bilico fino al 6 dicembre.

Ai seggi Warnock ha ottenuto il 49,4 % delle preferenze elettorali e Walker il 48,5 %, ma non è detto che il 6 dicembre la situazione si sciolga immediatamente e in modo inequivocabile, o se ci saranno riconteggi all’ultimo voto, come le elezioni Usa ci hanno ormai abituati.

Allo stato attuale i Democratici possono contare su 48 seggi e i Repubblicani su 49, se dovessero vincerne uno a testa fra Nevada e Arizona, il Gop arriverebbe a 50 senatori, ma (con la Georgia) altrettanto potrebbe fare il partito democratico, che può anche contare sul voto bonus della vice presidente Kamala Harris.

In uno scenario di questo genere l’assegnazione del seggio del Senato della Georgia sarebbe decisivo per decidere il controllo del Senato, e si tornerebbe alla stessa identica situazione degli ultimi anni, in cui i due partiti avevano 50 senatori a testa, ma i Democratici potevano contare sul voto della vicepresidente per arrivare alla maggioranza.

IL LEADER della minoranza repubblicana Mitch McConnell, che si sentiva già a capo del Senato, interrogato dai giornalisti riguardo alle sue sensazioni sull’esito finale di questo voto il cui risultato arriva al rallentatore, non ha rilasciato dichiarazioni, limitandosi a dire di non “non occuparsi di sensazioni”. «I don’t deal with feeling», ha detto.

Nonostante la situazione sembri confusa e traballante, alcune certezze ci sono: il partito repubblicano, che si aspettava una vittoria schiacciante, ha preso una batosta elettorale, e forse ha dato i frutti sperati la controversa strategia Dem di sostenere alcuni candidati repubblicani di estrema destra in modo da spaventare l’elettorato moderato, mentre, allo stesso tempo continuavano a sottolineare la delicata situazione in cui sono ora i diritti civili negli Stati Uniti.

Allo stesso tempo non sta arrivando la valanga di rifiuti dell’esito del voto da parte dei candidati repubblicani penalizzati alle urne, e sembra che la strategia di Trump di gridare al broglio abbia funzionato solo con lui, e solo con la sua base. Quanto meno, anche i candidati repubblicani più negazionisti delle elezioni del 2020 non percepiscono come vincente, se applicata al proprio caso, la strategia abbracciata da The Donalds dopo le elezioni presidenziali.

A chiudere il cerchio per i democratici, è arrivata un’ulteriore buona notizia. Quello che sembrava essere il tema principale della narrativa Gop per il midterm 2022 si è sgonfiato: l’inflazione ha registrato un calo di 0.5 punti, e in Usa il caro vita è sceso al 7,7% su base annua.