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Una classe dirigente alla sbarra

Italietta Le nuove generazioni non hanno paura

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 22 luglio 2015

Forse per la prima volta la sinistra italiana, quella riformista e quella radicale, si sarà sentita mortificata da ciò che la Corte europea per i diritti dell’uomo ha sancito, con una sentenza choc, sollecitata da tre coppie gay italiane. Il forse ci sta tutto, perché dalla storia i progressisti hanno tratto raramente giovamento e sono sempre stati portati a rimuovere le loro responsabilità, soprattutto quando si è trattato di agire concretamente a sostegno dei diritti dei “froci”.

L’offensivo spettacolo al quale abbiamo dovuto assistere durante il governo Prodi, sui Pacs, Dico, Cus, o peggio sul decreto di fine anno che doveva introdurre le norme contro l’omofobia, sono così stampati nella nostra memoria che sperare, oggi, in un ravvedimento e un impegno politico serio per approvare, almeno, come ha giustamente sottolineato ArciLesbica, la legge sulle unioni civili, appare come un’eccessiva fiducia. Non c’è leader delle sinistre nostrane che possa dirsi incolpevole, per cui questa sentenza della Corte di Strasburgo è una condanna politica senza appello nei confronti degli ultimi vent’anni di insipienza della classe dirigente del Pds, Ds, Margherita, Pd, Rifondazione, Sinistra Democratica, Sel, Comunisti italiani, Verdi e così via parcellizzando. Il giudizio è troppo duro?

Sì, perché mette tutte e tutti nello stesso sacco, parlamentari e segretari di partito straordinari con quelli che invece frequentavano più i salotti dei cardinali per farsi dettare la linea. Però le rivoluzioni, pur non violente e gentili come quella omotransessuale, non concedono troppi distinguo, e quando se ne scriverà per storicizzare gli eventi, è un’intera generazione del centro sinistra che subirà l’oblio degli ignavi.

Quel che più colpisce anche nelle reazioni di ieri, è lo stupore dei nostri rappresentanti che incitano, ora, a far presto, a chiudere la partita sulle unioni civili nel più breve tempo possibile. Questo atteggiamento deresponsabilizzante, che tra un giorno o due al massimo sarà archiviato per tornare al solito tran tran, è il sintomo clamoroso che ancora dentro la visione politica e culturale e profondamente nell’intimità personale, l’omosessualità e la sua espressione pubblica e sentimentale, sono rimosse, permangono nella sfera dell’eccezionalità.

Altre cause sono pendenti presso la Corte, alcune riguardano il tema spinoso delle trascrizioni dei matrimoni contratti all’estero, vietate da Angelino Alfano come un problema di ordine pubblico.

Un ministro degli interni, al quale è stata data libertà di offendere milioni di cittadini, di cui i tribunali hanno respinto le tesi, mentre l’eroica parlamentare Monica Cirinnà subisce l’attacco forsennato di migliaia di emendamenti di Giovanardi e Malan, rispetto a un testo di legge, che semmai vedrà la luce, farà fare un piccolo, primo, passo verso l’eguaglianza.

Non tanto di solisti han bisogno le battaglie per i diritti civili, ma di convinzione politica corale, al quale i movimenti (che sono persino troppo pazienti) possono dare la spinta, ma non possono e devono sostituirsi. Lo schiaffone che Strasburgo ha menato a Roma, ha reso la destra italiana ancora più furiosa, forte delle piazze clericali reazionarie e della demagogia anti europeista, intensificherà la propria azione ostruzionistica.

Nel frattempo le sinistre italiane sapranno fuoriuscire dalla retorica dall’inconcludente buonismo pro gay? A tutti, da Bagnasco a Renzi, da Grillo, a Berlusconi, Salvini e così via, giunga l’unico monito che possiamo lanciare: le persone e le famiglie omosessuali italiane non si fermeranno, continueranno a sollecitare le Corti italiane e internazionali, sfileranno nelle città, amplieranno alleanze e sostegno nella società, non avranno pace finché la pari dignità sarà ottenuta.

E se la mia e le passate generazioni sono stanche e deluse, le nuove sono agguerrite, non hanno paura, non provano alcun sentimento reverenziale nei confronti di chi, da destra a sinistra, gli nega la cittadinanza, la tutela dei propri figli, la sicurezza personale e collettiva. Il presidente del Consiglio ha promesso, rinviando ancora una volta la data, che entro il 15 ottobre la legge sulle unioni civili sarà approvata al Senato e poi entro l’anno alla Camera. Da ieri ogni secondo sarà contato.

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