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Un sentiero agita la val di Mello

Conflitti Il progetto della regione Lombardia di un percorso attrezzato, anche per i disabili, nella valle in cui negli anni ’70 nacque il movimento dei «sassisti» infiamma gli alpinisti, che temono l’arrivo del turismo di massa

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 14 marzo 2019

Pioggia di articoli sulla stampa locale, social infuocati, una petizione on-line che ha raggiunto in pochi giorni migliaia e migliaia di firme: da alcuni giorni sulla Val di Mello, piccola valle alpina della provincia di Sondrio, si è scatenato un acceso dibattito. Nell’occhio del ciclone è un nuovo sentiero pensato per aumentare la fruibilità della valle alle persone disabili.

Fra placche e speroni di granito eccezionale la Val di Mello vide sorgere negli anni ‘70 un leggendario movimento, quello dei «sassisti» che diffuse una filosofia e un modo di intendere l’alpinismo fuori dagli schemi tradizionali. È incarnato nei nomi e nei tracciati di vie quali Il risveglio di Kundalini, L’alba dei Nirvana e Nuova dimensione. Nel corso degli anni divenne la «piccola Yosemite» e vie come Luna nascente fecero dire a molti «La più bella della mia vita».
Si comprende quindi come i primi ad agitarsi siano stati alpinisti ed escursionisti che hanno moltissimo a cuore l’integrità di una valle speciale. La realizzazione di un sentiero attrezzato viene considerata un’idea aberrante, che la valle non merita. La scheda progettuale al momento disponibile è ancora poco dettagliata e parla fra le altre cose di «allargamento della sede pedonale fino a un massimo di 120 cm», «piccole scogliere a secco dove passeranno joulettes e mountain trike».

Parole che hanno allarmato le guide alpine della valle, che hanno lanciato la petizione dichiarandosi contrarie in maniera assoluta all’allargamento di un ulteriore sentiero (sull’altra sponda del fiume esiste già una mulattiera agro-silvo pastorale utilizzata da tutti), con interventi che volendo abbattere, appianare, slargare quella che al momento è una sottile traccia che scavalca ruscelli e si infila fra i massi, comprometterebbero irrimediabilmente la naturalità del luogo.
Il contestato progetto è stato proposto, e verrà realizzato operativamente, da ERSAF Lombardia, l’ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste. Avrà un costo totale di 400 mila euro (80 mila per il sentiero, il resto per altri lavori di manutenzione, gestione dei servizi, formazione etc.) e rientra nelle buone pratiche di Eusalp, la strategia macroregionale alpina dell’Unione Europea, che per il 2019 è presieduta proprio dalla Regione Lombardia.
Camminando per la Val di Mello colpisce il contrasto fra le imponenti masse di granito sulla quale schiere di alpinisti hanno sputato sangue e che sbucano dalla fascia scura di abeti e faggi secolari, e la dolcezza del fondovalle con le sue acque limpidissime, i massi levigati, i prati verde chiaro, il facile sentiero che costeggia il torrente. Un paesaggio idilliaco dove il selvaggio convive con una frequentazione piuttosto intensa, quando non di massa, che ne ha già modificato alcuni tratti.

E’ un tema delicato e complesso quello di stabilire dove cessa il diritto all’accessibilità degli ambienti naturali delle persone svantaggiate, fino a che punto accettare una loro trasformazione per permettere che a persone già penalizzate non venga negato il piacere di sperimentare un luogo incontaminato. E su questo inevitabilmente si possono scontrare sensibilità ed esigenze differenti. La guida alpina Michele Maggioni le riassume su di sé in quanto a causa di un incidente ha subito l’amputazione del piede; ma per un alpinista, che ha sempre sfidato se stesso a superare gli ostacoli e non a rimuoverli, l’ambiente non va modificato ad hoc per questa o quella categoria. Sulla necessità di un percorso speciale in Val di Mello nutre forti perplessità, lui non lo vorrebbe né per lui né per le tante persone con cui ha a che fare e che spesso vengono definite «disabili» loro malgrado. Non la pensano esattamente allo stesso modo i portavoce delle associazioni che fanno parte del CSV Lombardia (centri di servizio per il volontariato ) tra le quali FAD-Federazione Associazioni Disabili della provincia di Sondrio, che hanno affidato a un comunicato un parere positivo sull’adeguamento del sentiero per persone disabili, anziani e bambini e l’appello a conciliare la salvaguardia dell’ambiente con il rispetto delle persone più fragili.

Forse il punto sta nel dove e il come le iniziative vengono prese e su questo intanto si possono fare un paio considerazioni molto pragmatiche: la prima in merito al luogo specifico e la ricaduta di un intervento del genere sul numero di persone, già elevato, che lo visita. ERSAF insiste molto sul fatto che la maggior parte degli interventi sono relativi a manutenzione straordinaria dell’esistente non più rinviabili per motivi di sicurezza, come la sostituzione del ponte, e di tutela delle risorse, come nel caso delle piante infestanti che minacciano gli ontaneti autoctoni. Ma una messa in sicurezza ha effetti diversi di un aumento della accessibilità, di cui non usufruirebbero solo i disabili ma anche quelle persone che si presentano in montagna come se fosse un prolungamento della città con le disattenzioni che ne conseguono, e che purtroppo già arrivano in Val di Mello.

La seconda in merito alla disponibilità al dialogo espressa da Ersaf in seguito alle polemiche: a meno di un mese dalla presentazione della variante definitiva del progetto al Comune di Val Masino, precedente ente gestore della Riserva Naturale della Val di Mello, non è chiaro come e quando una discussione sul progetto verrà realizzata e che spazi di agibilità potrebbe avere. Una «serata di presentazione pubblica a cui saranno tutti inviatati, guide alpine comprese» come ventilato dall’Ente, non corrisponde a un coinvolgimento vero. Forse avrà un seguito l’iniziativa della consigliera regionale di origine Valtellinese, che conoscendo la zona ha deciso di provare a mettere tutti attorno a un tavolo. Forse avranno un effetto la contrarietà sollevata, così forte e diffusa da colpire i promotori stessi della protesta. Una pratica, quella della partecipazione pubblica, che costa tempo e fatica ma che soprattutto nel caso di luoghi così fragili e dal così alto valore simbolico, oltre che naturalistico, meriterebbe una messa in pratica reale e non solo nominale.

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