La creatività si è scatenata ieri in tante piazze d’Italia e d’Europa: lockdown o no, il modo di gridare «Aprite le Frontiere!» si è trovato. A Trieste, da dove tutto è partito, a Roma a Torino, ai più piccoli paesi, sui confini, a Claviere, a Ventimiglia in Sicilia, «un ponte di corpi» ha aderito all’iniziativa. Una banda di ottoni e un flash mob tutto al femminile ad Atene. Le donne dell’Odissea recitate a Paestum. Striscioni, cartelli, poesie, canzoni. A Berlino, in Irlanda, nei Paesi Bassi, la voglia di esserci, la capacità di esserci, comunque.
La rete solidale è vasta, tanto, molto più di quanto appaia. Le adesioni al manifesto scritto da Lorena Fornasir nel quale chiedeva che «un ponte di corpi» si prendesse per mano per superare i confini, per dire che ogni essere umano deve potersi muovere e raggiungere i luoghi dove poter vivere con dignità, sono cresciute, non hanno trovato casse di risonanza se non la volontà dei singoli. Quel manifesto, il carrettino verde con cui ogni sera Lorena si reca in piazza per trovare “clandestini”, hanno raggiunto il cuore e la volontà di migliaia di persone.
L’appuntamento di ieri nelle tante “piazze del mondo” è stato un successo quasi inimmaginabile, da Trieste alle cento piazze che hanno denunciato le violenze ed i respingimenti, che hanno voluto mostrare di essere «là dove bisogna stare».
Tra i corpi a Trieste c’era anche il vicepresidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), Gianfranco Schiavone: «Prima ancora di migrare ‘liberamente’, è il fatto di non poter in nessun caso accedere a canali di migrazione regolari, ovviamente regolati, ma regolari. Laddove non ci sono canali regolari, si innesca la criminalità», ha spiegato.
«Io rivendico il carattere politico, e non umanitario, del mio impegno quinquennale con i migranti» ha sempre detto Gian Andrea Franchi e lo ribadisce con forza dopo l’irruzione della polizia nella sua casa per la presunta colpa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, «l’impegno umanitario è un impegno che si limita a lenire la sofferenza senza tentar d’intervenire sulle cause che la producono. L’impegno politico, nell’attuale situazione storica, è prima di tutto resistenza».
L’oggi puzza di putrefazione, cambiare il mondo è una salita lunga e faticosa ma, intanto, c’è la forza dell’auto-organizzazione, la presenza in piazza e nel web, come schiaffi all’Europa sorda e cieca. Si è visto anche ieri: migliaia di corpi sono stati testimoni, anche, di una testarda, irriducibile, volontà di cambiamento.