Prima di partire per gli Stati Uniti la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato un «piano idrogeologico» e scarica le responsabilità della mancata prevenzione e cura del territorio colpito da alluvioni, incendi o caldo torrido ai governi precedenti. E ha precisato anche che «usare tutti i mezzi disponibili non significa – lo dico con chiarezza – che noi oggi abbiamo tutti i mezzi necessari». Nella prossima legge di Bilancio «intendiamo aumentare le spese per la manutenzione di veicoli aerei» per il soccorso contro gli incendi, ha detto Meloni.

In realtà l’annuncio di Meloni sembra essere riferito a un intervento più ambizioso di un potenziamento della flotta dei Canadair richiesto alla Commissione Ue. Il «piano» potrebbe vedere la luce nella prima metà del 2024. Ci starebbero lavorando i tecnici della cabina di regia sul dissesto. Ci dovrebbe essere una nuova «rilettura» del territorio alla luce dei cambiamenti climatici con interventi mirati, dal recupero e cura dei territori abbandonati alla realizzazione di nuove dighe, dalla riduzione degli sprechi idrici alla riqualificazione dei corsi d’acqua. «Parliamo certamente di centinaia di miliardi, ma la sicurezza a costo zero non è possibile» ha osservato il ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci.

Mentre il governo si è messo alla ricerca dei fondi, Renzi e i suoi accoliti si sono fatti avanti e hanno ricordato uno dei loro fallimenti. Si chiamava «Italia Sicura». Era fondato sulla teoria del «rammendo» del territorio. Era stato chiamato Renzo Piano. «Cancellato dal primo governo Conte – ha attaccato Renzi – La maggioranza si era impegnata a rimetterlo in funzione già dal novembre scorso. Le risorse ci sono». Come sempre ogni governo, dopo ogni disastro, sembra essere sceso dalla luna e ricominciare tutto da zero. Con o senza i fondi che ci sono sempre, ma nessuno sembra riuscire a spenderli.

E’ giunta l’ora di contare i danni: negli ultimi tre giorni ci sono stati 4mila interventi tra incendi e maltempo, sono state mobilitate 10mila unità di personale e 2mila mezzi. Sono saliti a oltre 100 milioni di euro le stime, ancora parziali e in continuo aggiornamento, dei danni del maltempo in Lombardia. A Milano sono caduti più di 400 alberi. Il 40% delle linee dei tram ieri non erano tornate regolari.

Un consiglio dei ministri ieri ha varato la Cassa integrazione estesa per i lavoratori dell’edilizia, dei «lapidei» e dell’agricoltura, i settori più esposti alle alte temperature ma anche al maltempo. La bozza del testo stanzia 10 milioni di euro: 8,6 milioni per la cig extra nei cantieri e 1,4 milioni nei campi. Il decreto estende la possibilità di chiedere la cassa integrazione ad ore in caso di eventi non evitabili, escludendola dal conteggio complessivo normalmente previsto: dunque un plafond extra rispetto alle 52 settimane del biennio mobile per la cassa integrazione ordinaria (Cigo) per l’edilizia e ai 90 giorni nell’anno solare per la cassa integrazione per gli operai agricoli a tempo indeterminato (Cisoa). Secondo la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone l’auspicio del governo è rendere strutturale l’intervento nella prossima legge di bilancio.

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Confermata l’esclusione dei precari e degli stagionali. Una decisione criticata dai sindacati che chiedono tutele anche per i rider. Resta dunque scoperto da questo provvedimento tardivo, che replica norme già esistenti, la maggioranza dei lavoratori che operano nei settori più colpiti dall’emergenza climatica. Anche per loro non varrà la richiesta, avanzata da Cgil Uil e Usb, del blocco delle attività se necessario e della revisione del livello della temperatura dalla quale far scattare la cassa integrazione. Si continuerà a fare riferimento a una circolare Inps dove il ricorso alla cassa integrazione per «eventi meteo» è possibile quando le temperature risultino superiori ai 35 gradi. Esistono deroghe per cui è possibile attivarla anche sotto i 35 gradi se aumenta la temperatura percepita rispetto a quella rilevata.
Nelle intenzioni del governo ci sarebbe un protocollo da firmare con le parti sociali. «Serve molto altro- ha detto Alessandro Genovesi (Fillea Cgil) – tutele automatiche per tutti i tipi di lavoratori, dipendenti e autonomi, l’obbligo per le imprese a rimodulare orari e carichi di lavoro tramite specifici accordi aziendali con i sindacati, in particolare nelle piccole aziende e, nelle situazioni più pericolose».