Il 7 e 8 maggio, a Pisa, Sinistra Italiana discuterà di scuola, università e ricerca: «Pensiero stupendo. Sapere è democrazia». Un incontro nazionale preparato con 11 tavoli di lavoro; aperto, sia perché sarà possibile seguirlo in streaming, sia perché interverranno tante e tanti intellettuali, rappresentanti delle organizzazioni degli studenti e dei docenti, del sindacato e delle associazioni.

UNA CHIAMATA alla discussione, ma anche e soprattutto a sostenere e sviluppare la mobilitazione che il movimento degli studenti, in particolare, ha fatto vivere nei mesi scorsi. Questo movimento è stato, insieme allo sciopero generale di dicembre, uno dei più forti segnali di riscossa democratica, capace di squarciare la rappresentazione patinata di un consenso quasi unanime al governo Draghi; di mostrare che il Paese reale non corrisponde all’enorme maggioranza parlamentare, alla quale Sinistra Italiana dall’inizio si è opposta, consapevole che quel governo rappresenta un’involuzione autoritaria e classista della democrazia.

La lotta contro la guerra e il bellicismo e quella per il diritto al sapere libero, critico, pubblico, non sono distinte. Appare chiaro anche dall’ultimo atto del governo, rivelatore di una china ancor più pericolosa e inaccettabile: l’impressionante aumento della spesa militare, a fronte di una riduzione del bilancio dello Stato sull’istruzione. Un mare di soldi per la guerra, un taglio al sapere (come alla salute); è una logica che va respinta radicalmente, anche perché evidenzia una prospettiva e un modello di società orribili e che la maggioranza degli italiani rifiuta.

IL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE e della formazione è oggetto di un lungo processo di snaturamento, rispetto alle finalità di liberazione ed emancipazione che la Costituzione gli assegna. Impoverito, precarizzato, burocratizzato e piegato alle logiche del mercato. È una spinta che viene da lontano e ha caratteri globali, ma che nell’ultimo decennio, nel nostro Paese (e in particolare coi governi Renzi e Draghi) ha conosciuto un’evidente intensificazione, di cui gli indirizzi del Pnrr costituiscono un precipitato culturale e politico; quando, invece, anche l’esperienza della pandemia avrebbe richiesto una discussione partecipata e seria, non un’ulteriore aggressione – alla scuola e all’università – a colpi di decreti legge.

È urgente una controffensiva che ribalti alla radice questa logica prestazionale e di un sapere monodimensionale, finalizzato al lavoro, che addestra «pezzi di ricambio», invece di formare esseri umani e coscienza critica; che rovesci le formulazioni pedagogiche del neoliberismo e rifiuti una ricerca pubblica subalterna all’impresa privata.

A Pisa – dove, poco tempo fa, tre giovani coraggiose (una delle quali sarà con noi) hanno dato una scossa di critica e riflessione – discuteremo anche di questo; come del diritto gratuito alla formazione, dal nido all’Università, delle campagne e delle leve legislative necessarie a dare forza e consistenza concreta ad una «rivolta delle coscienze»: da classi più piccole al contrasto alla povertà educativa, dal superamento del precariato alla formazione dei docenti, dalla democrazia nelle scuole e negli atenei, ad un cambiamento delle logiche della valutazione.

NON SI TRATTA DI UNA questione settoriale, ma di uno snodo decisivo per il futuro delle giovani generazioni e della stessa democrazia; perché il modello di formazione è una pietra angolare del modello di società che si intende costruire, nelle relazioni sociali e intellettuali, nelle forme del lavoro e della vita, persino – visto l’impatto che, fin dall’infanzia, le tecnologie virtuali e digitali hanno sui processi di conoscenza e sull’universo emotivo – sul tipo di umanità che abiterà la Terra dai prossimi decenni.

LA FORMAZIONE E LA RICERCA, la loro libertà, la qualità e le finalità che le orientano sono una grande questione democratica. Sono, anzi, componente essenziale delle democrazie, in un’era in cui, all’inizio di un secolo e di un millennio, assistiamo alla loro profonda crisi, al consolidarsi di modelli selettivi e autoritari (che guerra e riarmo non possono che accelerare), ad un pericoloso mutamento del rapporto tra libertà e capitalismo globale; a fronte di un lungo indebolimento e di una frammentazione del mondo del lavoro e di soggetti di massa capaci di spingere nella opposta direzione: quella della liberazione umana, della priorità del bene comune, dell’ambiente, della giustizia sociale.

Battere le destre non può essere solo un’operazione elettorale o di geografia politica; vuol dire fare i conti con errori e subalternità degli ultimi decenni; significa affermare una nuova egemonia culturale dei valori della Costituzione, indirizzare i processi, non inseguirli, costruire una nuova stagione della democrazia; di cui le forme del sapere non sono un ramo secondario, sono la linfa vitale.

L’autore è responsabile Scuola e Università di Sinistra Italiana