Lavoro

Crisi della moda, oggi sciopero e manifestazione a Firenze

Una manifestazione per lo sciopero della moda a Firenze - foto CgilUna manifestazione per lo sciopero della moda a Firenze – Cgil

Profondo rosso La protesta di un settore in forte difficoltà da almeno due anni, con la richiesta al governo di Cgil Cisl Uil e delle categorie interessate di prorogare gli ammortizzatori in deroga anche nel 2025 per la miriade di piccole aziende sotto i 15 addetti, e interventi strutturali per salvare la filiera

Pubblicato un giorno faEdizione del 12 novembre 2024

“Il lavoro non è fuori moda”. Con questo messaggio, oggi manifesta a Firenze l’intero settore moda toscano. E’ un comparto che occupa oltre 110.000 lavoratrici e lavoratori, quasi il 40% del totale degli addetti nel manifatturiero della regione, e che continua ad attraversare un periodo di fortissima difficoltà, dovuto dal rallentamento del commercio mondiale strettamente collegato alle guerre, anche commerciali, in corso, e da consumi ridotti ai minimi termini da almeno due anni.

Nell’occasione, Filctem Cgil, Femca Cisl e UilTec, insieme a Fim Fiom e Uilm provinciali per il settore degli accessori e delle minuterie metalliche, hanno indetto una giornata di sciopero, lanciando l’ennesimo appello: per la miriade di aziende piccole e piccolissime del comparto, quelle sotto i 15 dipendenti, non è sufficiente la cassa integrazione in deroga concessa dal governo Meloni, dopo reiterate richieste, fino al 31 dicembre e non oltre. Perché, come osserva l’assessora regionale Alessandra Nardini, “questa emergenza caratterizzata da ordinativi in stallo, consumi fermi, e un aumento come da tempo non si vedeva di richiesta di cassa integrazione, non è come le precedenti. E soprattutto non si sa quando finirà.”.

La crisi della moda non è solo locale. “E’ nazionale – puntualizza Nardini – tocca anche il Veneto, la Campania, le Marche, l’Emilia-Romagna e la Puglia, con 75mila lavoratrici e lavoratori coinvolti di cui 16mila nella sola Toscana”. Al riguardo, l’ultima analisi dell’Istat fornisce numeri emblematici: nei primi sette mesi del 2024 in Italia il settore tessile abbigliamento e pelli ha visto un calo della produzione del 10,8% sullo stesso periodo del 2023. E, analizzando i tassi di crescita dei settori economici a due cifre della classificazione Ateco delle attività economiche, nel periodo che va da maggio 2022 al luglio scorso il calo è ancora più accentuato, raggiungendo il -25%.

Per questo Cgil Cisl e Uil toscane chiedono alle imprese e alle istituzioni ammortizzatori in deroga e il prolungamento di quelli presenti per tutti i settori della filiera e per tutto il periodo di difficoltà previsto. Poi la tutela dei livelli occupazionali da parte delle imprese della filiera, anche attraverso un’equilibrata gestione degli ordinativi. Ancora, azioni effettive di contrasto all’illegalità e allo sfruttamento lavorativo – quelle denunciate da mesi anche dal sindacato di base Sudd Cobas nel “distretto parallelo” della Piana toscana – e la definizione di politiche nazionali per valorizzare le produzioni della filiera e salvaguardare l’occupazione e le competenze del settore. Senza dimenticare la qualificazione e il tracciamento della filiera, con una corretta applicazione dei contratti, e un supporto ai processi di aggregazione e di innovazione, con adeguati percorsi formativi per gli addetti.

“È fondamentale che l’esecutivo di Giorgia Meloni si attivi con misure adeguate – tira le somme il consigliere regionale dem Fausto Merlotti – perché quella del settore moda è una crisi strutturale, non congiunturale, e per questo richiede il massimo impegno da parte di tutte le istituzioni e di tutti gli attori coinvolti. Scioperare implica un sacrificio personale ed economico, questo dimostra quanto sia urgente e sentita la richiesta di attenzione e di intervento”.

Non sfugge infine ai sindaci e agli assessori al lavoro dei territori più coinvolti dalla crisi – Piana fiorentina, pratese e pistoiese, e province di Pisa e Arezzo – che di fronte alla crisi “alcune filiere si stanno riorganizzando, accorciandosi e trasferendo alcune produzioni altrove, nonostante il valore delle competenze di chi vi opera”.

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