Parla Chantal Meloni, professoressa associata di diritto penale internazionale all’Università degli Studi di Milano.

Come interpreta la decisione della Cig di ordinare lo stop all’offensiva su Rafah e la riapertura del valico per gli aiuti umanitari?
Credo sia una decisione molto importante: si auspicava con forza che la Corte – a fronte delle condizioni a Gaza decisamente peggiorate – ordinasse qualcosa di più a Israele. E infatti abbiamo visto, anche nei termini impiegati dai giudici nelle loro dichiarazioni, che la situazione a Gaza viene definita più volte come terribile, altamente critica. Addirittura alcuni togati hanno detto non ci sono più parole per descrivere ciò che sta avvenendo. L’ordine è quello di interrompere immediatamente le operazioni militari a Rafah e dintorni. Non riguarda quindi tutta la Striscia, cosa che invece alcuni auspicavano. D’altra parte bisogna notare che l’ultima richiesta del Sudafrica riguardava specificamente Rafah. E però è anche evidente che come è stato detto già a gennaio scorso l’unico modo che Israele ha per essere davvero in ottemperanza dell’ordine, e quindi mettere al riparo i palestinesi dal rischio di un danno irreparabile, è interrompere completamente l’operazione militare su Gaza. Anche l’ordine di riapertura del valico di Rafah è fondamentale: in queste settimane non sono praticamente più entrati aiuti umanitari, e le persone che hanno bisogno di uscire da Gaza non hanno potuto farlo. Ed è significativo anche che la Corte abbia accolto la richiesta di fare entrare nella Striscia funzionari di Commissioni di inchiesta, investigatori internazionali. È un elemento fondamentale che si lega all’altro procedimento in corso, quello davanti alla Corte penale internazionale.

Chantal Meloni
Chantal Meloni

Queste due decisioni a stretto giro, del procuratore della Cpi e della Cig, che effetto pensa possano avere?
Abbiamo raggiunto il picco dell’intensità possibile in fatto di intervento della giustizia internazionale. Sia le richieste dei mandati d’arresto che queste misure cautelari – il terzo gruppo di ordinanze emanate dalla Corte internazionale di giustizia da gennaio – sono estremamente significative, al di là di quello che sarà l’atteggiamento di Israele che è in gran parte annunciato: Netanyahu ha già detto che non si fermerà non si fermerà davanti a nulla, che non riconosce l’autorità di nessuno di questi organismi, che addirittura accusa di essere un un’arma nei confronti di Israele. Ma sono passaggi significativi perché rappresentano dei tasselli per comporre un mosaico sempre più chiaro delle violazioni molto gravi del diritto internazionale in corso. Quindi sarà sempre più difficile a livello internazionale prestare supporto, anche materiale, all’operazione di Israele. Penso innanzitutto all’export di armi, ma anche al sostegno di tipo politico e diplomatico.

Cosa è tenuto a fare adesso il Consiglio di sicurezza dell’Onu?
Innanzitutto bisogna vedere quale sarà l’atteggiamento di Israele. Poi il Consiglio di sicurezza prenderà atto di questa di questa ordinanza molto significativa: è qualcosa di più intenso rispetto a quello che abbiamo visto. La riflessione riguarda in particolare gli Stati uniti, fino a ora l’unico Paese rimasto – fra quelli che hanno diritto di veto – a difendere il loro alleato. Però abbiamo già visto cosa è accaduto con la risoluzione adottata qualche settimana fa, in cui gli Usa si sono astenuti. Possiamo immaginare che si ripeta una situazione del genere: che nel caso Israele non ottemperi all’ordine ci siano delle risoluzioni del Consiglio che vengono lasciate “passare” dagli Usa.

In seguito all’ordine della Cig l’unico comunicato rilasciato dalla Casa bianca non ne faceva menzione, parlando solo della «soddisfazione» del presidente per la chiamata con al-Sisi in cui hanno concordato nuovi sforzi per fare entrare aiuti a Gaza.
Mi spingo a dire che questo silenzio fa il paio con la possibilità che l’atteggiamento degli Usa di fronte a un ordine così rilevante sia appunto di scegliere l’opzione dell’astensione piuttosto che quella del veto. Lunedì hanno contestato la richiesta di Khan di mandati d’arresto per Netanyahu e Gallant. Ma benché molto gravi, perché attaccano l’indipendenza della Corte, le dichiarazioni americane avrebbero potuto essere ancora più forti. Insomma penso che con tutti i suoi limiti e ritardi anche l’Amministrazione Biden stia facendo i conti con questa situazione.

Yair Lapid ha contestato il fatto che nell’ordine non sia inclusa l’imposizione di rilasciare tutti gli ostaggi. Cosa ne pensa?
Questa critica non ha senso: la Corte non aveva alcuna possibilità di imporre una misura nei confronti di Hamas, che non è parte davanti alla Cig. Inoltre, la vita dei civili palestinesi e il loro diritto a non essere sottoposti a condotte che possono integrare un rischio di genocidio non è da bilanciare con il rilascio degli ostaggi israeliani.