Sulla legge contro la tortura – «una norma di civiltà da difendere proprio in nome della professionalità» delle forze dell’ordine – e sulla cultura dei diritti non si torna indietro; è necessario raddrizzare quel «discorso pubblico sbilanciato sul versante populista e applicato all’ambito penale che ha portato in anni recenti all’estensione dell’area del controllo penale, pur in presenza della riduzione del numero dei reati più gravi»; «è tempo di aprire un chiaro confronto sul regime speciale» 41bis; «stupore e dissenso» rispetto «a qualche minoritaria proposta volta a diminuire quello slancio inclusivo proprio della Carta costituzionale verso il tendenziale positivo reintegro sociale di ogni persona, anche di chi ha gravemente sbagliato».

Sono solo alcuni dei passaggi del brillante discorso con il quale Mauro Palma ha presentato nella sala della Regina a Montecitorio (unica autorità di garanzia al lavoro alla Camera, ieri) la sua settima e ultima Relazione al Parlamento come presidente dell’ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, a conclusione del suo mandato.

IN REALTÀ NELLA SALA gremita – che lo ha ringraziato con un lunghissimo applauso – di parlamentari non ce n’erano moltissimi (Avs, Pd e qualche M5S). Ministri, nessuno. In parte giustificati dalla lenta ripresa, ieri mattina, delle attività politiche e istituzionali dopo i giorni di lutto per Berlusconi (pre consiglio dei ministri, giuramento dei magistrati, ecc). In sala invece, ad ascoltare anche il corposo e non rituale messaggio di ringraziamento da parte del capo dello Stato Sergio Mattarella, c’era la presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra, la vice presidente del Senato Anna Rossomando, la segretaria di presidenza della Camera Annarita Patriarca (FI) e gli ex ministri Lamorgese, Boschi e Orlando. La presentazione è stata trasmessa anche su Rai3.

UNA RELAZIONE “politica” nel senso più alto del termine, «non di bilancio ma di prospettiva», quella di Mauro Palma, che è stato il primo a costruire questa figura istituzionale e a riempirla di senso e valore. Un monito, il suo, a chi prenderà il posto del Collegio e della presidenza, a non lasciare che i politici dettino l’agenda e le regole all’Autorità di garanzia. Che in questi sette anni – e sei governi – ha esercitato la propria funzione di prevenzione e, nel dialogo con la magistratura, di accertamento e denuncia delle violazioni del diritto delle persone private della libertà in carcere, nelle Rems dedicate ai “folli-rei”, nelle residenze socio sanitarie e nei centri per i migranti.

PALMA HA RICORDATO che compito delle istituzioni pubbliche è costruire «un’identità centrata proprio sulla capacità di saperne includere altre», «una identità non negata come valore, ma mai assunta come fattore identitario escludente». Perché, ha detto citando Hannah Arendt, la sventura più grande che può abbattersi su una società non è tanto la perdita dei diritti specifici ma «la perdita di una comunità disposta e capace di garantire qualsiasi diritto».

Dei tanti dati raccolti nella corposa Relazione al parlamento, Palma ha citato l’aumento dei detenuti in carcere per scontare condanne brevi: persone fragili, spesso analfabete (845 detenuti attuali), o che non hanno completato l’obbligo scolastico (5000 detenuti), con dipendenze o problemi psichiatrici, che quindi «avrebbero dovuto trovare altri supporti nell’istruzione, nel sostegno abitativo, nella possibilità di un reddito». Ha parlato delle misure alternative che, in questi sette anni, invece sono diventate aggiuntive alle pene da scontare in carcere: sommando le une alle altre si nota infatti che si è passati dalle 98854 persone raggiunte nel 2016 dall’azione penale alle 137366 di oggi. Malgrado «gli omicidi volontari siano diminuiti nello stesso periodo del 25%, l’associazione mafiosa del 36%, le rapine del 33%».

SULLE PERSONE RINCHIUSE per illeciti amministrativi nel campo delle migrazioni – «che non costituiscono eventi contingenti» -, il Garante nazionale ha fatto notare che dei 6383 migranti ristretti nel 2022 nei Centri per il rimpatrio, il 50,6% non è mai stato rimpatriato. Con «il rischio che la privazione della libertà dei migranti irregolari tenda a legittimarsi più come misura rassicurante della collettività che non come tassello di una strategia efficace». Da qui l’augurio che lo Stato italiano, «in linea con la nostra Carta», si tenga distante «dalla tentazione di esternalizzazione delle nostre responsabilità di controllo e tutela» dei migranti.

PALMA HA ANCHE invitato a continuare sulla strada di riforma intrapresa con l’abolizione degli Ospedali psichiatrici giudiziari e con la realizzazione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, così come sono organizzate al momento, fermo restando la necessità di potenziarne «l’effettività della presa in carico delle persone», con piani terapeutico riabilitativi personalizzati, finora messi a punto «soltanto per il 46% dei pazienti definitivi accolti».

Infine, parlando di violenze e torture commesse sulle persone private della libertà da parte dei tutori dell’ordine pubblico, Mauro Palma ha spiazzato i presenti ricordando che «il 21 settembre 1999 Silvio Berlusconi presentò un’interpellanza firmata da 104 parlamentari di Forza Italia per introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento». Abbiamo dovuto attendere 17 anni, per metterci in regola con le convenzioni internazionali, ma oggi la famiglia politica del Cavaliere non sta più da quella parte.