La divulgazione della bozza di opinione di maggioranza della Corte Suprema Usa ha suscitato un enorme clamore dato l’impatto che la vicenda potrebbe avere anche a livello internazionale. Dal testo, proposto dal giudice conservatore Samuel Alito, sembrerebbe che la Corte sia pronta a rovesciare la storica sentenza del 1973 “Roe v. Wade” attraverso la quale l’aborto era stato liberalizzato a livello federale. La Corte, chiamata a prendere una decisione sul caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, tornerebbe a valutare per la prima volta dopo 49 anni di legalizzazione, la costituzionalità degli aborti pre-viability , ovvero del primo trimestre.

Se confermata, questa decisione determinerebbe il via libera a tutte le recenti leggi dei singoli Stati che vietano, equiparano ad omicidio o ostacolano l’interruzione di gravidanza. Si renderebbe necessaria, quindi, una codificazione a livello federale del diritto all’aborto da parte di un Congresso che si appresta ad affrontare le midterm elections. Per comprendere il contesto bipolare all’interno del quale si collocherebbe questa eventualità storica è bene ricordare come qualche mese fa il presidente Macron apriva il semestre di presidenza europeo chiedendo, in senso diametralmente opposto, l’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei principi fondamentali dell’Ue, per proteggerlo così dal volere delle assemblee degli Stati membri che su questo agiscono spesso in totale difformità.

La sfida è tutta qui: tra un mondo progressista che prova ad innalzare a fondamentali i diritti acquisiti – primo tra tutti, il diritto di autonomia decisionale della donna sul proprio corpo – e il mondo del nuovo corso dei reazionari che, per legittimare le retromarce della storia in materia di diritti, non liquida la democrazia come è accaduto in passato ma anzi la esalta onorando le sue conquiste (come la libertà di espressione) e le sue maggioranze popolari, per attaccare una “ideologia uniformatrice mondialista” che priverebbe la società delle proprie radici identitarie fondate sulla famiglia di cui l’architrave è la donna-madre.

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Nella bozza di opinione di maggioranza della Corte Suprema ci si rivolge direttamente alla componente femminile della società. Le donne – scrivono – potranno influenzare un eventuale processo legislativo sul tema dell’aborto facendo lobbying, votando e candidandosi. Un’argomentazione provocatoria rivolta inequivocabilmente a chi ha lottato per il diritto di voto prima e per il diritto di scelta poi: i femminismi. Un sfida che, se aperta con questi presupposti, conduce a molte altre. Nell’argomentare infatti l’impossibilità di continuare a fondare il diritto all’aborto nel 14° emendamento alla Costituzione – non avendo questo precedenti storici o costituzionali evidenti – la Corte Suprema sta rimettendo in discussione il diritto all’aborto, ma anche l’interpretazione non originalista del 14° emendamento, creando una potenziale reazione a catena di immediata contestazione dei tanti diritti non esplicitamente scritti in Costituzione.

Nell’invito rivolto esclusivamente alle donne di influenzare il consenso e le assemblee elettive si cela una concezione di democrazia in cui ciascuno pensa a difendere il proprio, opposta a quella fondata sullo Stato di Diritto, cioè sull’inviolabilità, anche da parte delle maggioranze, delle regole e dei diritti, che concepisce ogni violazione della libertà di un membro come violazione dell’intero sistema, che sostiene i diritti degli “altri” come diritti di tutti.

Lo scontro è transnazionale ed in campo ci sono le risorse milionarie di una rete che agisce da tempo in modo uniforme nel reframing comunicativo, appropriandosi di elementi tipici della società aperta e del femminismo, e adeguandosi invece alle specificità di ogni Paese nelle azioni da portare avanti: attraverso contenziosi a livello europeo, sul piano costituzionale in Sud America e negli Stati Uniti, sfruttando le possibilità anche amministrative in Paesi come l’Italia dove, tra le altre cose, le giunte regionali e comunali di destra approvano ordini del giorno o risoluzioni per la creazione di cimiteri dei feti a prescindere dal consenso delle donne o propongono incentivi economici alle donne che decidono di non abortire. Di questo conflitto, dunque, essenziale è prendere coscienza e unire le forze, per passare dalle trincee all’attacco, perché nessun diritto è storicamente acquisito per sempre.

* avvocata e tesoriera di Radicali Italiani ; * * responsabile campagna Libera di Abortire