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Un anno di legge sulla sicurezza nazionale: Hong Kong sempre più simile a Pechino

Un anno di legge sulla sicurezza nazionale: Hong Kong sempre più simile a Pechino

100 anni di Pcc Il dissenso politico e civile si è spento in città tra arresti e candidati «patriottici»

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 2 luglio 2021

Quando i manifestanti di Hong Kong il 21 luglio 2019 hanno imbrattato con vernice nera l’emblema dello stato cinese che campeggia l’ingresso del Liaison Office di Hong Kong, il principale ufficio dell’autorità cinese, Pechino ha visto in pericolo la sua pretesa sulla città. Nell’anno in cui migliaia di hongkonghesi sono scesi in strada, spinti dall’esigenza di frenare l’approvazione del disegno di legge sull’estradizione in Cina, e dalla richiesta di maggiore democrazia, il Partito comunista cinese stava lavorando a una misura per porre fine ai disordini della città, indicane una traiettoria futura.

POCO PRIMA della mezzanotte del 30 giugno 2020, il Pcc ha promulgato la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, con effetto immediato. Un mese prima, il 28 maggio, l’Assemblea nazionale del popolo aveva dato via libera alla norma, riuscendo a dare vita al tentativo fallito nel 2003.

Il Pcc ha così voluto inviare un messaggio ad Hong Kong e agli Usa, accusati più volte di aver manipolato i manifestanti. Ha imposto una legge che ha rimodellato il panorama legale, politico, educativo e mediatico della città, assestando un duro colpo al principio «un paese, due sistemi», il modello che garantisce alla città un alto grado di autonomia fino al 2047. Ma a distanza di 24 anni dall’handover, Pechino ha accelerato il suo processo di assorbimento di Hong Kong. E, soprattutto, ha tagliato drasticamente l’opposizione locale. Chi trasgredisce la legge sulla sicurezza nazionale, che criminalizza atti di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere, rischia fino all’ergastolo.

L’AUTO CENSURA È DIVENTATA così l’unica arma per proteggersi anche sui social network: gli utenti evitano di pubblicare frasi come «Liberate Hong Kong» e altri contenuti che possano figurare come reati previsti dalla legge. Da quando Pechino ha imposto la norma, la polizia ha arrestato 117 persone tra manifestanti, attivisti pro democratici, politici e giornalisti. Più della metà è stata accusata e solo 17 persone hanno ottenuto la libertà su cauzione.

MA LA VAGHEZZA del testo della norma concede alle autorità un grosso margine di interpretazione dei reati, punendo con più facilità attivisti di qualsiasi fascia d’età: in carcere è finita una ragazza 15enne perché ha sventolato uno striscione per chiedere l’indipendenza della città, così come il 73enne Jimmy Lai, fondatore dell’ormai chiuso quotidiano Apple Daily, accusato di collusione con le forze straniere.

GLI EFFETTI DELLA LEGGE si sono fatti sentire già nelle prime ore dalla sua entrata in vigore. Il partito prodemocratico Demostisto, guidato da Joshua Wong, Agnes Chow e Nathan Law, i volti noti delle proteste, si è sciolto per timore di finire nel mirino delle autorità. Alcuni attivisti e giudici hanno lasciato la città, costretti all’auto esilio in altri paesi. A preoccupare i cittadini di Hong Kong è anche lo stato dell’indipendenza della magistratura.
I processi privi di giuria e che si aprono decine di settimane dopo l’arresto (il primo lo scorso 23 giugno) sono un’arma nelle mani del Pcc per spaventare gli hongkonghesi.

Nell’ultimo anno, l’opposizione politica è scomparsa. I legislatori prodemocratici si sono dimessi in massa o sono stati squalificati, dopo che il parlamento cinese ha approvato una risoluzione che consente l’espulsione dei legislatori, che sostengono l’indipendenza di Hong Kong o favoriscono le interferenze straniere negli affari locali, senza pronunce di giudici e tribunali.

Altri politici, così come gli attivisti, sono finiti in carcere per aver organizzato o partecipato a manifestazioni non autorizzate, reato divenuto frequente durante l’anno della pandemia e usato per vietare manifestazioni nelle date calde per Pechino.

Agli hongkonghesi non resta che affidare la gestione degli affari della città ai candidati politici, scelti dal Pcc per il loro sentimento patriottico. Con la recente riforma elettorale, la Cina controlla le elezioni ed esclude così gli oppositori politici. Ma i valori del Partito passano anche tra i banchi di scuola. Agli istituti scolastici è stato ordinato di insegnare gli elementi della legge sulla sicurezza nazionale.

ANCHE IL DIBATTITO CIVILE si è ridotto, dopo che diverse testate di opposizione, come il noto Apple Daily, sono state costrette a chiudere per via degli arresti di numerosi giornalisti. A distanza di un anno dall’introduzione della legge la città è profondamente cambiata, mentre Amnesty International vede in atto un’emergenza dei diritti umani.

Oggi si celebra il centenario del Pcc e il 24 anniversario del ritorno di Hong Kong alla Cina. La Chief Executive Carrie Lam è volata a Pechino per onorare lo storico momento a fianco di Xi: è la prima volta, dal 1997, che un amministratore della città non presiede alla cerimonia dell’anniversario dell’handover. Ma Hong Kong non è stata abbandonata: in strada ci sono 10mila agenti per evitare la storica marcia prodemocratica del 1°luglio. Le autorità hanno vietato l’evento per la pandemia del Covid-19.

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