Ultimatum di Abu Mazen a Israele: «Via dai Territori entro un anno». Palestinesi scettici
Territori occupati All'Assemblea generale dell'Onu il presidente dell'Anp ha minacciato di revocare il riconoscimento dello Stato ebraico se non si ritirerà da Cisgiordania e Gerusalemme Est. Ma i palestinesi non hanno fiducia in lui
Territori occupati All'Assemblea generale dell'Onu il presidente dell'Anp ha minacciato di revocare il riconoscimento dello Stato ebraico se non si ritirerà da Cisgiordania e Gerusalemme Est. Ma i palestinesi non hanno fiducia in lui
Il discorso della resurrezione, così come lo avevano presentato i media dell’Anp, non ha scosso le masse palestinesi. E da Israele, almeno sino a ieri sera, non è arrivata alcuna reazione all’ultimatum che il presidente dell’Anp Abu Mazen ha lanciato venerdì in un discorso registrato per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. «Israele ha un anno di tempo per ritirarsi dai Territori palestinesi occupati nel 1967», ha intimato Abu Mazen, minacciando di rivolgersi alla Corte penale internazionale e di revocare il riconoscimento di Israele da parte dell’Olp avvenuto dopo la firma degli Accordi di Oslo. L’occupazione israeliana «impedisce il raggiungimento di una soluzione a Due Stati», ha spiegato Abu Mazen aggiungendo che, se non ci saranno cambiamenti, la comunità internazionale e le circostanze sul campo «imporranno diritti politici uguali per tutti sulla terra della Palestina storica, all’interno di un unico Stato». Quindi si è detto pronto a negoziare, durante i prossimi 12 mesi e sulla base delle risoluzioni internazionali, i confini dello Stato palestinese che dovrà sorgere accanto a Israele.
Il risveglio ieri mattina non ha portato i risultati che il presidente dell’Anp e il suo entourage (forse) si attendevano. A parte gli applausi scontati del premier Mohammed Shtayyeh – che ha definito il discorso all’Onu la «road map» della fine dell’occupazione israeliana – e del gruppo dirigente del partito Fatah, l’ultimatum non ha generato interesse in Cisgiordania e Gaza. Anzi i toni insolitamente bellicosi di Abu Mazen sono stati accolti da molti palestinesi con scetticismo e qualche sorriso. Sui social con sarcasmo alcuni hanno scritto che il presidente dell’Anp ora è pronto alla lotta armata. Nessun palestinese crede che Israele prenda in considerazione l’ultimatum e accetti di ritirare i suoi soldati e centinaia di migliaia di coloni in appena 12 mesi. «Gli israeliani sono stati presi dal panico dopo l’ultimatum del presidente» ha ironizzato su Twitter Akram Maslamani, uno studente.
La popolazione palestinese è abituata ai proclami altisonanti dell’Anp mai seguiti da azioni concrete. Ne è una testimonianza l’annuncio fatto più volte in questi ultimi anni della interruzione di ogni rapporto dell’Anp con Israele che non è mai sfociato nella sospensione del coordinamento tra i servizi di intelligence delle due parti che pure è chiesta da tutti i palestinesi. Abu Mazen, lo pensano in tanti, ha scelto l’approccio battagliero nel tentativo di recuperare consensi. La sua popolarità è ai livelli più bassi e secondo un sondaggio l’80% dei palestinesi vuole le sue dimissioni. Un dato su cui pesa la dura repressione delle proteste di migliaia di palestinesi per l’omicidio compiuto dai servizi di sicurezza dell’Anp di Nizar Banat, un oppositore del presidente. Ma Abu Mazen ha forse voluto lanciare anche un messaggio a Joe Biden che, proprio all’Onu a inizio settimana, ha da un lato ribadito il sostegno alla soluzione a Due Stati e dall’altro ha detto ai palestinesi di aspettare, schierandosi di fatto sulle posizioni del premier israeliano Naftali Bennett secondo il quale al conflitto non c’è soluzione nei prossimi anni.
Il governo israeliano per ora non commenta e non è detto che Bennett risponda all’ultimatum di Abu Mazen quando domani interverrà a sua volta alle Nazioni Unite.
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