È una corsa contro il tempo e una lotta contro il clericofascismo. È una lotta delle donne per difendere il loro corpo ma anche una lotta di tutte le minoranze per i loro diritti. È uno scontro più ampio, più radicale, più violento di quanto appaia. È una nuova fase della seconda guerra civile americana. Purtroppo, in questo conflitto, i buoni sono incerti e pavidi, i cattivi sono determinati e spietati. L’ipocrisia regna sovrana, come ha mostrato il senatore democratico Joe Manchin con le sue lacrime di coccodrillo: dopo aver votato per confermare la nomina alla Corte suprema dei giudici felloni Gorsuch e Kavanaugh, nominati da Trump, ha espresso il suo «disappunto» per la decisione di cancellare la sentenza che proteggeva il diritto all’interruzione della gravidanza, come se non fosse una scelta ampiamente prevista.

La corsa contro il tempo ha una scadenza precisa: l’8 novembre si voterà per eleggere 435 deputati e 33 senatori. Se, come predicono gli esperti, la fragile maggioranza democratica lascerà il posto a una rivincita dei repubblicani la presidenza Biden sarà paralizzata. Non solo ogni legge sarà bloccata ma il partito di Trump (perché tale è ancora oggi) ha già promesso infinite indagini sull’amministrazione e magari un impeachment del presidente, tanto per pareggiare i conti. La prima a scomparire sarà la commissione che ha indagato sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, che sta conducendo pubbliche audizioni in questi giorni.

I democratici sono stati fin qui abili nel mostrare la vastità del piano criminale per mantenere Trump al potere e, soprattutto, a esibire le prove che a dirigere il golpe era Trump in persona, non un manipolo più o meno folcloristico di seguaci. Ed è stata fin qui Liz Cheney, repubblicana ma ferocemente ostile all’ex presidente, a ricoprire fin qui un ruolo decisivo nelle indagini.

Secondo logica, quindi, Trump dovrebbe essere ammanettato e processato per alto tradimento, salvo che il potere di farlo sta nelle mani dell’Attorney General Merrick Garland, che fin qui ha deciso di perseguire solo i pesci piccoli, per evidenti ragioni politiche: un procedimento contro Trump oggi si trasformerebbe in un gigantesco spot elettorale a favore dell’ex presidente, per di più con incerte probabilità di successo. L’unico precedente risale al 1809 e l’ex vicepresidente Aaron Burr fu assolto benché le prove e i testimoni a suo carico fossero numerosi. Lasciare Trump in libertà significa però permettergli di continuare la sua opera di demolizione delle istituzioni americane con l’aiuto dei sei giudici della Corte Suprema, che ora hanno nel mirino una serie di altri diritti civili, come il matrimonio fra omosessuali.

La sentenza dell’altroieri, però, ha rimesso in moto le donne, che costituiscono il 52% dell’elettorato americano e che tendono a votare largamente per i democratici. Se questa spinta a difendere la loro libertà di scelta si tradurrà in un’alta partecipazione alle elezioni di novembre è possibile che questo possa salvare qualche seggio pericolante e limitare i danni per il partito di Biden. Occorrerebbe però una mobilitazione di massa di eccezionali dimensioni, perché il sistema elettorale sovrarappresenta le zone rurali che normalmente votano repubblicano. L’aborto è solo una delle questioni sul tappeto: l’inflazione sta erodendo i salari e una maggioranza di cittadini ne attribuiscono la colpa alla Casa Bianca. Senza contare il fatto che l’attivismo bellicista dell’amministrazione in Ucraina non necessariamente entusiasma gli elettori.

C’è un’altra variabile da considerare: le elezioni del 2022 sono la prova generale di quelle presidenziali del 2024, come sempre avviene con le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti. Nel 2006 i democratici riconquistarono il Congresso e nel 2008 fu eletto Barack Obama. Nel 2014 vinsero ampiamente i repubblicani e nel 2016 prevalse Trump. Un successo quest’anno non potrebbe che confermare i repubblicani nella loro volontà di tornare al potere con qualsiasi mezzo, magari ricandidando lo stesso Trump fra due anni contro un Biden fortemente indebolito, o contro una candidata politicamente sbiadita come Kamala Harris.