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Ue: «Più armi a Kiev». E Putin in Mongolia sfida la Corte dell’Aia

Ue: «Più armi a Kiev». E Putin in Mongolia sfida la Corte dell’AiaSoldati ucraini - foto Ap

Il limite ignoto Il vertice dei ministri degli esteri si è concluso lasciando che siano i singoli stati membri a decidere se autorizzare o meno l'Ucraina a impiegare le loro armi su territorio russo

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 31 agosto 2024

Un’altra sfida al diritto internazionale? Stando a quanto si apprende dal sito del Cremlino, Vladimir Putin ha in programma per martedì prossimo una visita ufficiale in Mongolia – paese che, in linea teorica, dovrebbe procedere al suo arresto semmai ciò avvenisse.

A marzo del 2023 infatti la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di cattura nei confronti del presidente russo, accusandolo assieme al commissario presidenziale per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova della deportazione del trasferimento forzato di minori ucraini nel contesto dell’invasione in corso.

ULAN BATOR HA RATIFICATO lo Statuto di Roma nel 2002 e sei mesi fa ha nominato il suo primo giudice all’Aia. Pertanto, come ha dichiarato la stessa corte, le autorità mongole «hanno l’obbligo» di procedere alla detenzione del leader russo. Anche l’Ucraina ieri ha provato a porre pressioni.

Ma dalle parti di Mosca non sembra trapelare preoccupazione: «I nostri rapporti con Ulan Bator sono eccellenti», ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. In effetti, la visita si svolge su invito ufficiale del presidente mongolo Ukhnaagiin Khurelsukh per l’anniversario della battaglia di Khalkhin Gol, in cui le truppe del paese e quelle sovietiche sconfissero l’esercito imperiale giapponese. La repubblica asiatica è fortemente dipendente dalla Russia per quanto riguarda l’importazione di prodotti petroliferi (90%) e dal suo vicino settentrionale prende il 20% di elettricità. Può essere dunque che Putin faccia leva anche su questo per mostrare come, al di fuori dell’«occidente collettivo», la sua posizione diplomatica non sia stata più di tanto intaccata.

Sebbene a luglio dell’anno scorso il presidente russo abbia partecipato solo da remoto al vertice dei Brics in Sudafrica (altro paese che da statuto avrebbe dovuto arrestarlo), non sono poche le nazioni che lo hanno accolto nonostante la guerra – dalla quasi totalità delle repubbliche centroasiatiche all’Iran e alla Corea del Nord, fino a Bielorussia e Cina.

IN PIÙ, IERI, SEGNALI POSITIVI per Mosca anche da Bruxelles: il vertice dei ministri degli esteri si è concluso lasciando che siano i singoli stati membri a decidere se autorizzare o meno Kiev a impiegare le loro armi su territorio russo. La presidente Von der Leyen dal forum Globsec a Praga si mostra decisa, dicendo che l’invasione di Putin deve portare a un «ripensamento dell’architettura difensiva europea», aumentando anche le spese militari, e che «ci deve essere unione nella solidarietà all’Ucraina». Ma c’è chi si smarca, dal sempre disallineato premier ungherese Viktor Orbán fino a Tajani: «Le nostre armi si possono utilizzare all’interno del territorio ucraino», ha ribadito il capo della Farnesina.

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