Per Giorgia Meloni sarà il battesimo del fuoco e nelle comunicazioni di ieri al Senato la premier ha confermato che arriverà al Consiglio europeo decisa a combattere. «Non ci sono purtroppo novità apprezzabili, la trattativa sul prezzo del gas è in corso. Porteremo la questione sul tavolo del Consiglio». Il giorno prima era stata drastica: «Riteniamo insoddisfacente la proposta della Commissione». Ma quella macchinosa proposta è già tramontata e il Consiglio di oggi, a Bruxelles, non prevede di sostituirla con una nuova. Passerà la palla alla nuova riunione del Consiglio per l’energia, convocata per lunedì 19. Ma che l’accordo, in alto mare dopo sei mesi di trattative, tocchi ora terra in cinque giorni pare improbabile.

La premier arriva a Bruxelles con alle spalle una vittoria secca sul fronte dell’Ucraina. Ieri anche il Senato ha approvato senza sforzo le sue comunicazioni, di fatto la conferma piena della linea Draghi, condita con un commento sprezzante rivolto ai 5S: «E come convincerete i russi a ritirarsi? Col reddito di cittadinanza?». È una carta vincente che ne accresce l’autorevolezza ma non tale da incidere sul braccio di ferro in corso sull’energia.
IL PROBLEMA PRINCIPALE è il cuore stesso del provvedimento: la quantificazione del tetto. La Commissione proponeva di fissarlo tra i 200 e i 220 euro a megawattora. Per la Germania e per l’Olanda è troppo poco. Per l’Italia e un gruppo di altri Paesi, tra cui Belgio e Grecia ma anche, con sfumature diverse, Francia e Spagna, è troppo. Chiedono che il tetto scenda sotto la soglia simbolica dei 200 euro. Ci sono dubbi anche sulla dinamica proposta dalla Commissione, in base alla quale il tetto dovrebbe scattare automaticamente dopo un aumento di prezzo intorno ai 35 euro rispetto alla media per un arco di 3-5 giorni e disattivarsi poi, altrettanto automaticamente, dopo venti giorni dalla discesa dei prezzi al di sotto della soglia di attivazione. Il punto critico è a che quota fissare quella soglia.

LA PRESIDENTE ITALIANA dovrà dunque insistere perché dal Consiglio esca almeno un’indicazione chiara e concordata che permetta al Consiglio Energia di fare in pochi giorni quel che non si è riuscito a fare in molti mesi: missione quasi impossibile senza uno sblocco della situazione oggi a Bruxelles. L’italiana non sarà sola. Sanchez arriva con la stessa determinazione: «La Spagna sostiene da mesi la necessità di limitare il prezzo del gas e io interverrò per difendere la necessità di fissare un prezzo di referenza massimo». La presidenza di turno del Consiglio europeo, la Repubblica Ceca, è ottimista: «Stiamo lavorando notte e giorno e contiamo di ottenere risultati nelle prossime due settimane», garantisce il ministro per gli Affari europei Bek.

Ma la Germania arriva con l’obiettivo di frenare la marcia verso il Price Cap. «Non esistono soluzioni semplici e immediate. Non possiamo intervenire sui prezzi in un modo che implichi che venga poi consegnato troppo poco gas all’Europa», anticipa il cancelliere Scholz. La paura della Germania e dell’Olanda è chiara: abbassare di troppo il prezzo significherebbe correre il rischio di una chiusura dei rubinetti da parte dei Paesi fornitori, con ricadute esiziali sull’economia.
ANCORA MENO a portata di mano il secondo traguardo che la premier italiana annuncia di voler tagliare: la definizione di strumenti per sostenere le popolazioni «nelle more del RePowerEU», cioè del piano per sganciare i Paesi europei da ogni dipendenza dal gas russo approvato dal Consiglio per l’Energia martedì notte. Secondo il commissario Gentiloni dovrebbe rappresentare un passo importante sulla strada del disaccoppiamento fra il prezzo del gas e quello dell’energia.

Era questa, per Draghi, la vera misura chiave per aggredire il rialzo dei prezzi. La Ue concorda ma con i suoi tempi, non proprio drastici. L’accordo sul RePower per ora è politico. Dovrà essere sostanziato con una serie di misure concrete e Meloni insisterà perché tra queste ci siano sostegni per famiglie e cittadini, se non con la creazione di un fondo specifico come nella crisi Covid, almeno con una rimodulazione più elastica dei fondi di coesione.
Ricucire i rapporti con la Francia sarebbe ovviamente prezioso ma anche stavolta il faccia a faccia risolutivo con Macron dovrebbe slittare. Alla cena di ieri sera il presidente, impegnato a tifare in Qatar, non c’era. L’unico bilaterale in programma per Meloni è con il premier greco Mitsotakis.