Il giorno dopo la morte di Alika Ogorchukwu è quello delle parole, delle prese di distanza e delle opposte rivendicazioni.

L’omicidio di Civitanova Marche avviene che la campagna elettorale per le prossime politiche è ai suoi primordi e le dichiarazioni sono tutte in bilico tra lo sconcerto per quanto accaduto e il tentativo di non apparire strumentali.

Per ora, a parte la comunità nigeriana che è scesa in piazza ieri mattina, non sembrano esserci in programma iniziative di vicinanza o di solidarietà.

Il Comune di Civitanova ha annunciato che pagherà le spese per i funerali, mentre la Regione Marche si costituirà parte civile al processo.

Per il resto, dopo il primo intervento della Lega (il commissario regionale Marchetti: «Gli italiani non possono continuare ad avere paura»), il segretario Matteo Salvini ha parzialmente corretto il tiro: «È folle morire così, spero che la pena sia la massima possibile». E poi: «Il problema è che ci sono episodi di violenza e criminalità in pieno giorno in tutta l’Italia. Non è possibile, ma succede perché manca la certezza della pena». Il leader leghista, comunque, non passerà per Civitanova: «Non vado perché se lo facessi sbaglierei e strumentalizzerei».

Da sottolineare, comunque, che la cittadina marchigiana è amministrata dalla destra ed è anche dotata di un assessore alla Sicurezza, peraltro proprio della Lega.

Giorgia Meloni, dal canto suo, dopo un breve messaggio di cordoglio sui social, si è scagliata contro il giornalista Corrado Formigli, che si era chiesto su Twitter cosa avrebbe detto la capa di Fratelli d’Italia. «Prima di usare la morte del povero Alika per la tua penosa propaganda non potevi almeno esprimere solidarietà alla famiglia?», questa la reazione di Meloni.

Dalla Cgil delle Marche, invece, si invita a riflettere «sulla rabbia, la violenza, il disprezzo e l’indifferenza che avvelenano ogni spazio ed ogni tempo e contaminano le nostre azioni e il nostro vivere in comune. Le forze democratiche, le istituzioni e i cittadini non possono rassegnarsi a tutto questo».

Parole simili le usa il segretario del Pd Enrico Letta: «L’assassinio di Alika Ogorchukwu ci lascia sgomenti – ha scritto su Twitter –. La ferocia inaudita, l’indifferenza diffusa. Non possono esserci giustificazioni. E nemmeno basta il silenzio: l’ultimo oltraggio ad Alika sarebbe quello di passare oltre e dimenticare».

Da Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni ricorda i fatti di Fermo e Macerata, i precedenti tutti marchigiani. «Inondare la nostra società di propaganda tossica – sostiene Fratoianni – fatta di istigazione a farsi giustizia da soli, di pregiudizi sul colore della pelle e su ogni differenza, prima o poi scatena la violenza fino all’omicidio su un marciapiede, a disposizione dell’obiettivo degli smartphone. Non basta chiedere giustizia e una pena esemplare, serve ricostruire un linguaggio e una cultura».

Luigi Ciotti
Il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi volge lo sguardo altrove

Sul vuoto con cui Civitanova ha accompagnato la morte di Alika è intervenuto don Luigi Ciotti di Libera: «Il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi guarda e lascia fare, oppure volge lo sguardo altrove. Il male si nutre da sempre di un combinato di crudeltà e malvagità, d’indifferenza e di viltà: le prime due riguardano gli autori del male, le seconde gli spettatori».

Stessa posizione dell’Anpi, che parla di «una violenza che non ha fermato nessuno» e aggiunge che «la disumanità non può e non deve avere cittadinanza».

La presidente del Pd Valentina Cuppi, infine, coglie un punto forse fondamentale: «Quanto accaduto non fa solo male, fa anche paura. Fa male per la morte di un innocente, fa paura per la violenza dell’assassino. Fa male anche per l’indifferenza generale».