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Turchia doppia: libero Altan, mentre Erdogan minaccia l’Italia

Turchia doppia: libero Altan, mentre Erdogan minaccia l’ItaliaIl presidente turco Erdogan – Ap

Italia/Turchia La Corte di Cassazione annulla la condanna dello scrittore, dopo l'intervento della Cedu. Il presidente riprende la querelle con l'Italia e con il primo ministro che lo aveva definito un dittatore. Già sospesi alcuni contratti con aziende italiane, già messo il cappello sul neo governo di Tripoli, Ankara tira la corda come fa sempre

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 15 aprile 2021

La lunga giornata turca si è chiusa con una sorpresa, inattesa: la Corte di Cassazione ha ordinato il rilascio dello scrittore e giornalista 71enne Ahmet Altan, in carcere dal primo settembre 2016 prima con l’accusa di aver preso parte al tentato golpe e poi con quella di appartenenza a organizzazione terroristica.

Ad appena 24 ore dalla sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo, che ne chiedeva il rilascio per violazione del diritto a un equo processo e della libertà di espressione, è successo qualcosa che non era mai accaduto prima: Altan ha lasciato il carcere di Silivri, dopo la cancellazione della condanna a 10 anni e sei mesi comminata nel 2019.

Poche ore prima era andato in scena un esempio ben diverso dei rapporti tra Turchia ed Europa. Un fiume in piena quello uscito dalla bocca del presidente turco Erdogan ieri alla Biblioteca presidenziale nazionale. Di fronte aveva dei giovani e ha approfittato dell’occasione per mettere i suoi puntini sulle i e spargere un po’ di (in)sano nazionalismo. A partire dal caso Draghi, che la scorsa settimana lo aveva definito «un dittatore» (necessario).

«Prima di dire una cosa simile a Tayyip Erdogan devi essere a conoscenza della tua storia», ha detto il presidente per poi ribadire che il primo ministro italiano – come già sottolineato dal governo di Ankara la scorsa settimana nelle reazioni a caldo – è stato «nominato» e non eletto.

E dopo avergli dato dell’impertinente e del maleducato, Erdogan ha sventolato la vera minaccia: «Proprio in un periodo in cui auspichiamo che le relazioni tra Italia e Turchia possano raggiungere un ottimo livello, questo signore di nome Draghi ha purtroppo colpito i nostri rapporti», facendo presagire rappresaglie, dopo aver già fatto sospendere alcuni contratti in essere con aziende italiane, a partire da Leonardo e la sua fornitura di 10 elicotteri militari.

Da temere per il business italiano ce n’è (la bilancia commerciale tra i due paesi si aggira sui 15 miliardi di euro e nel paese operano imprese di ogni tipo, da Unicredit a Piaggio, da Finmeccanica a Barilla), ma dopotutto Erdogan aveva già colpito e affondato invitando ad Ankara il 12 aprile il neo premier libico Dabaiba, appena pochi giorni dopo la visita di Draghi a Tripoli. Su entrambi i tavoli, quello turco e quello italiano, c’è la ricostruzione del paese nordafricano, un affare enorme che si accompagna alla gestione della guerra.

Non pago, Erdogan è intervenuto anche su temi che stanno a cuore all’Europa intera, o perlomeno alla sua società civile: la Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere, da cui è uscito il 20 marzo e che ieri ha definito inutile perché «non ha condotto al rispetto dei diritti delle donne»; e la Convenzione di Montreux, messa in dubbio dal progetto del Kanal Istanbul, ma che secondo Erdogan «non ha niente a che vedere» con il suo canale.

Ultima notizia (ma che non tocca l’Italia): ieri l’Antitrust turco ha multato Google per 296 milioni di lire turche, circa 36,6 milioni di dollari per violazione della legge nazionale sulla concorrenza: l’accusa è di aver reso meno visibili i contenuti a pagamento dei propri concorrenti nel motore di ricerca.

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