Trump scende a patti con i Talebani, c’è l’intesa per il ritiro Usa
Afghanistan Da Doha l’annuncio di una bozza d’accordo: via le truppe straniere in cambio dell’impegno a non ospitare basi di Isis e al Qaeda. L’inviato Usa ora però deve rassicurare il presidente Ghani che non verrà scavalcato
Afghanistan Da Doha l’annuncio di una bozza d’accordo: via le truppe straniere in cambio dell’impegno a non ospitare basi di Isis e al Qaeda. L’inviato Usa ora però deve rassicurare il presidente Ghani che non verrà scavalcato
«Abbiamo una bozza d’accordo, ma non ancora un accordo vero e proprio. Progressi significativi, ma rimane ancora molto da fare». Zalmay Khalilzad, inviato per l’Afghanistan del presidente Usa Donald Trump, rivendica con prudenza l’esito dei colloqui avuti a Doha con alcuni esponenti del movimento talebano. Dopo sei giorni consecutivi di discussioni intorno allo stesso tavolo c’è una bozza di accordo per terminare la lunga e sanguinosa guerra afghana.
POCHI MA ESSENZIALI I PUNTI discussi. Il primo riguarda il ritiro delle truppe straniere. I Talebani vogliono un calendario certo per il disimpegno. Per stilarlo, è stata formata un’apposita Commissione. In cambio gli americani chiedono che i Talebani si impegnino a impedire che gruppi jihadisti come al Qaeda o lo Stato islamico facciano del Paese un santuario per attività terroristiche.
«Abbiamo ricevuto rassicurazioni dai Talebani», fa sapere Khalilzad. Ma i Talebani già combattono contro la branca locale dello Stato islamico, la cosiddetta «provincia del Khorasan», che contende loro soldi, reclute, territorio, mentre i rapporti con al Qaeda erano burrascosi e conflittuali perfino quando Osama bin Laden viveva in Afghanistan. Oggi sono parziali, intermittenti e molto flebili, al di là del piano retorico.
IL TERZO PUNTO riguarda un cessate-il-fuoco, operazione sempre più necessaria per tutelare la vita degli afghani. A dispetto dei progressi negoziali rivendicati da Khalilzad e perfino dai Talebani, la guerra infatti si fa più dura. «Stiamo lavorando insieme per arrivare a un cessate il fuoco generale». Così Khalilzad. Ma il cessate il fuoco deve riguardare anche le forze di sicurezza governative. E del governo di Kabul, per ora, in questa partita non c’è traccia.
È uno degli aspetti più controversi e delicati. Khalilzad ha provato a forzare la mano, chiedendo ai Talebani di incontrare i rappresentanti del governo. Una mossa che non è piaciuta agli studenti coranici. I quali prima hanno minacciato di boicottare i colloqui, poi hanno ribadito la posizione di sempre: prima l’accordo sul ritiro delle truppe straniere, «poi parliamo col governo fantoccio di Kabul».
Oltre a rassicurare i barbuti, Khalilzad deve rassicurare anche il presidente Ashraf Ghani, incontrato domenica nella capitale, subito dopo la fine dei colloqui di Doha. Gli ha detto che tutte le decisioni importanti, anche quelle sul ritiro delle truppe americane, verranno prese insieme. E che non si è parlato affatto di un governo ad interim, ipotesi favorita dai Talebani ma duramente criticata da Ghani. Che non è uomo da farsi mettere da parte e restarsene silente.
Khalilzad chiede fiducia e tempo al presidente afghano: «Precisiamo l’accordo di massima, poi ti passo la palla». Questa in sintesi la rassicurazione. Ma di tempo ne ha poco. Trump è uomo impaziente. Crede che basti schioccare le dita per ottenere la pace. Ma più una guerra è lunga, più difficile è venirne fuori.
Khalilzad dice di aver fretta di chiudere la partita per evitare altre sofferenze. Ghani proprio ieri in un’intervista alla tv afghana ha ricordato che nei negoziati i tempi sono cruciali; che se la guerra in Afghanistan dura da 40 anni è anche perché sono stati siglati accordi buoni sulla carta, ma privi di solidità e di legittimità all’interno della società. Qualche settimana fa aveva prefigurato un processo di pace di 5 anni. Tempi biblici per Trump e il suo inviato. Ghani ha ricordato che le vittime, civili e militari, sono afghane. «E quindi l’iniziativa di pace deve essere prerogativa degli afghani».
MA TRA AFGHANI NON CI SI PARLA: Ghani ha di nuovo invitato i Talebani a incontrarlo. Gli hanno riso in faccia. Per conquistarli, il presidente ha detto in tv che anche lui, come i suoi concittadini, non vuole che le truppe straniere rimangano per sempre nel Paese. «La loro presenza attuale è necessaria», ha detto, ma «lavoreremo su un piano articolato per ridurne il numero a zero». È la prima volta che lo dice così apertamente. Segno ulteriore che sul fronte afghano questa volta ci sono novità importanti.
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