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Trump minaccia Seattle e difende gli emblemi razzisti

Trump minaccia Seattle  e difende gli emblemi razzistiLa statua di Cristoforo Colombo a terra, divelta dai manifestanti, a St. Paul, Minnesota – Ap

Stati uniti I manifestanti della «Zona autonoma di Capitol Hill» trattati come «terroristi interni». Anche Nancy Pelosi chiede la rimozione di una dozzina di statue dei confederati dal Congresso

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 12 giugno 2020

In una serie di tweet scritti a tarda notte, Donald Trump è tornato ad attaccare il governatore dello Stato di Washington Jay Inslee, e a minacciare di intraprendere azioni federali per controllare le proteste di Seattle, prendendo in giro le autorità locali, a sua detta inadeguate. Jay Inslee ha restituito il disprezzo, definendo Trump «incapace» di governare e invitandolo «tornare nel bunker».

A SEATTLE IN EFFETTI si sta creando una situazione in stile Occupy Wall Street, ma più radicale: dopo giorni di scontri con i manifestanti fuori dal distretto di polizia, lunedì le autorità hanno fatto marcia indietro, rimuovendo le barricate. Da allora i manifestanti hanno proclamato l’area «Zona autonoma di Capitol Hill», dove è vietato l’ingresso alla polizia, il cibo è gratuito, la sera si svolgono proiezioni di documentari sulle battaglie sociali e la controcultura americana, riunioni e la notte si alzano tende per dormire nella Town Hall.

Per descrivere questi manifestanti Trump ha suggerito la definizione di «terroristi interni» e ha parlato di una piazza «gestita da radicali di sinistra democratici, ovviamente».

Gli effetti delle manifestazioni vanno oltre le proteste di piazza e in poco più di 2 settimane hanno portato alla rimozione di simboli dello schiavismo e del proibizionismo cari ai suprematisti bianchi.
Anche la Formula 1 statunitense, amatissima da Trump, ha annunciato che vieterà la bandiera confederata ai suoi eventi dopo che Bubba Wallace, l’unico pilota nero a correre, lo ha chiesto.

Ma i simboli più ingombranti potrebbero sparire presto anche dalle sale del Congresso, dove la presidente della Camera Nancy Pelosi ha chiesto la rimozione di quasi una dozzina di statue dei confederati.

QUESTE INIZIATIVE non sono solo simboliche, indicano un cambiamento della società e delle istituzioni che si esprime anche nei simboli, cosa a cui prevedibilmente Trump si oppone. Da qui il niet alla proposta del Pentagono di considerare la ridenominazione delle basi dell’esercito che prendono il nome da ufficiali confederati.

Andando oltre l’aspetto simbolico, Amazon ha dichiarato che vieterà per un anno alla polizia l’uso delle sue tecnologie per il riconoscimento facciale per via delle preoccupazioni derivate dal modo in cui e dallo scopo per cui la tecnologia tratta i dati degli afro-americani.

Le proteste di Black Lives Matter e l’effetto a catena che hanno provocato sono state una valanga per la Casa bianca, dove Trump si trova sempre più isolato.

UN ARTICOLO del New York Times rivela che alcuni membri della Guardia Nazionale di Washington D.C. tra le cui fila ci sono oltre il 60% di neri, non hanno detto alle proprie famiglie di aver fatto parte del giro di vite contro i manifestanti ordinato da Trump. I dirigenti, preoccupati per l’opposizione pubblica all’uso della forza sui manifestanti, hanno persino messo in guardia i loro uomini dall’acquistare cibo dai venditori ambulanti per timore che le guardie venissero attaccate.La Guardia Nazionale inoltre si trova ora implicata in un’indagine che riguarda il caos e le cariche violente della scorsa settimana. Su un punto tutti sono d’accordo: questi primi giorni di giugno sono stati un momento disastroso per la presidenza Trump.

Sul piano internazionale non va meglio. Dopo l’ordine esecutivo con cui il presidente Trump ha autorizzato sanzioni contro le persone coinvolte in un’indagine della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja per stabilire se le forze statunitensi abbiano commesso crimini di guerra in Afghanistan, il segretario di Stato Mike Pompeo ha rincarato la dose, definendo la Cpi con l’espressione «corte di canguri» (Kangaroo court), con cui ci si riferisce di solito a un tribunale illegale. «Non possiamo, non aspetteremo che la nostra gente venga minacciata da una corte di questo tipo», ha detto Pompeo nel corso di una conferenza stampa. Gli Stati uniti non hanno mai aderito all’organismo internazionale.

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