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Trump indagato per l’assalto al Campidoglio

Trump indagato per l’assalto al Campidoglio

Stati Uniti Avviso di garanzia del procuratore speciale: quattro giorni per costituirsi. Inizia la fine? Persino Rudy Giuliani tratta per salvarsi. La lettera che lo convoca a Washington è il più grosso colpo alla fedina dell’ex presidente. Il giorno prima la Georgia aveva rifiutato di fermare l’inchiesta «trovami 11mila voti Brad»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 19 luglio 2023

Vedremo un ex presidente degli Stati Uniti in un’aula di tribunale? O, ancora, ammanettato e accompagnato da due agenti in un carcere federale? Vedremo in il suo aereo privato volare verso un qualche paese con cui gli Stati uniti non hanno un trattato di estradizione? Tutto questo, e molto altro, è possibile perché dopo una lunga attesa le cose della Giustizia si sono bruscamente accelerate.

Nell’ultimo mese Trump si era presentato davanti a un giudice federale per rispondere di vari reati legati ai documenti segreti che si era tenuto in casa dopo la fine del suo mandato, cosa vietata dalla legge. Negli ultimi giorni, però, ci sono state due importanti novità: ieri l’ex presidente ha annunciato con un post sulla sua piattaforma TruthSocial di aver ricevuto un avviso di garanzia nell’indagine sul fallito golpe del 6 gennaio 2021, quando una folla di seguaci di Trump invase il Congresso per impedire l’ingresso in carica di Joe Biden. Com’è ovvio, si tratta di un procedimento ben più grave di quello già in corso per la detenzione illegale di documenti segreti dopo la fine del suo mandato.

LA SECONDA NOTIZIA è che lunedì la Corte Suprema della Georgia ha respinto la sua mozione per mettere fine all’indagine locale sul tentativo del presidente fellone di rovesciare il risultato delle elezioni in quello Stato con una telefonata a Brad Raffensberger. Raffensberger è il segretario di stato (repubblicano) della Georgia a cui Trump chiese di “trovare 11.000 voti” per cambiare il risultato elettorale e, saggiamente, la telefonata fu registrata. I giudici hanno respinto la pretesa di Trump di cancellare l’inchiesta di Atlanta, che porterà quindi a un rinvio a giudizio entro poche settimane.
Trump è assediato da guai giudiziari su tutti i fronti: per esempio, nel caso dei documenti trovati nella sua villa di Mar-a-Lago è stato diffuso il nastro registrato in cui si vantava di avere documenti segreti di fronte a un gruppo di ospiti, specificando anche che si trattava di piani del Pentagono per un attacco contro l’Iran. Non solo: l’ex presidente, che non riesce a tenere la bocca chiusa per mezza giornata, è andato in televisione dove sostanzialmente ha ammesso tutto ciò di cui è accusato. Qui ci sarebbe da riflettere sull’ossessione americana di registrare le conversazioni private, che già costarono a Nixon la presidenza nel 1974.

L’INDAGINE SUL 6 GENNAIO si è accelerata dopo che il Procuratore speciale Jack Smith si è incontrato con Brad Raffensberger e con Doug Ducey, l’ex governatore dell’Arizona a cui Trump chiese di manipolare l’esito del voto nel suo Stato. Trump è stato invitato a presentarsi davanti a un Gran giurì entro quattro giorni, il che significa che è pronta la richiesta di rinvio a giudizio per “tentativo di rovesciare con la forza il governo degli Stati Uniti”. Quello che da noi si chiama alto tradimento e attentato alla Costituzione. In altre parole lo scontro finale, con la sola alternativa fra l’assoluzione e l’ergastolo.

La tattica abituale di Trump è entrata in azione nei giorni scorsi: attaccare personalmente il Procuratore speciale e la sua famiglia, gridare alla persecuzione, al complotto dei democratici, alla strumentalizzazione politica della giustizia. Si tratta di un copione recitato con successo fin dal 2015 e che per il momento continua a funzionare presso i suoi seguaci: minoranza nel Paese ma minoranza numerosa, fanatica e pericolosa. Uno di loro è stato arrestato la settimana scorsa nelle vicinanze della casa di Barack Obama a Washington, armato fino ai denti. La retorica di Trump, però, appare sempre più bolsa, i suoi discorsi sempre più sconnessi, quasi privi di senso. I suoi limiti come politico e come candidato alla presidenza sono sempre più evidenti ma questo ma lo potremo davvero verificare soltanto quando inizieranno le primarie repubblicane, nel gennaio 2024.

In realtà la campagna elettorale è già iniziata da qualche settimana e ci sono una decina di politici repubblicani che aspirano alla candidatura. Per il momento nessuno ha serie possibilità di superare Trump nel voto popolare: il suo principale concorrente, il governatore della Florida Ron DeSantis sta a 30 punti di distanza nei sondaggi fra gli elettori repubblicani. Tutti gli altri si aggirano fra l’1% e il 5% dei consensi.

CERTO, NESSUNO può dire cosa succederebbe se davvero l’ex presidente venisse processato, arrestato, condannato e incarcerato (c’è un precedente: nel 1920 il candidato socialista Eugene Debs fece la sua campagna elettorale dalla cella dov’era stato rinchiuso per sedizione). Trump si trova nella posizione di un candidato alla presidenza accusato dal dipartimento della Giustizia di una serie di reati lunga come la celebre Route 66 da Chicago a Santa Monica, in California.

PER ANNI L’FBI e i procuratori federali sono stati assai lenti e timidi nell’avviare le azioni giudiziarie, temendo appunto le reazioni dei sostenitori di Trump e le indagini, fino a poco tempo fa, erano andate estremamente a rilento. Il Procuratore generale Merrick Garland potrebbe semplicemente rinunciare, o rinviare, l’azione legale sugli eventi del 6 gennaio 2021, per il timore di precipitare il paese nel caos, anche se ormai questo appare improbabile.

Trump, un po’ per arroganza caratteriale e un po’ per fiuto politico, continua a minacciare sfracelli contando sul rapporto particolare instaurato con i suoi seguaci. Un rapporto più simile a quello del leader di una setta religiosa che a quello di un capo politico. Il 70% degli elettori repubblicani lo vorrebbe di nuovo come presidente nonostante le indagini e le possibili condanne. Ha avuto meno voti dei candidati democratici sia nel 2016 che nel 2020 ma conta sull’impopolarità di Joe Biden, che una maggioranza di elettori democratici preferirebbe sostituire con un candidato più giovane (Biden avrebbe 86 anni alla fine di un eventuale secondo mandato). La compattezza della base repubblicana e le distorsioni del sistema elettorale americano potrebbero addirittura permettere a Trump ritornare alla Casa Bianca nel 2024.

UN SEGNALE che le sue speranze assomiglino sempre più a delle illusioni è arrivato però da un’altra notizia degli ultimi giorni: il suo più fedele sostenitore, l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, è andato volontariamente a incontrare i procuratori federali che indagano su Trump. Giuliani aveva un ruolo chiave nei tentativi di sovversione dopo le elezioni del 2020: era stato lui, infatti, a concepire lo schema che dava una vernice di legalità al pasticciato golpe. Se è andato a parlare con chi conduce le indagini, può significare che sta cercando un accordo: l’immunità per se stesso in cambio di una testimonianza contro Trump. Un patteggiamento comune nei processi americani, sempre fatale per gli accusati, in particolare nel caso di organizzazioni mafiose o criminali.
Per la banda Trump potrebbe essere davvero l’inizio della fine: sullo sfondo, però, di una guerra civile latente.

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