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Trump fa ridere l’Onu e poi spara a zero su mezzo mondo

Trump fa ridere l’Onu e poi spara a zero su mezzo mondoIl presidente Usa Trump, ieri, durante il suo discorso all’Assemblea Generale dell’Onu – Afp

Nazioni unite Discorso dai toni novecenteschi contro socialismo e migranti. Attacca Teheran, Caracas e Pechino, ma dalla sala partono risate. Rouhani risponde con la legalità internazionale: «Dialogo per uscire dalla crisi»

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 26 settembre 2018

Il secondo intervento di Donald Trump all’Assemblea generale dell’Onu resterà nell’immaginario collettivo per la risata che ne ha accolto l’incipit. «Sono qui per condividere il progresso straordinario che abbiamo fatto – aveva appena cominciato a dire, The Donald – In meno di due anni la mia amministrazione ha raggiunto più di quasi ogni amministrazione nella storia del nostro Paese».Quando le risate si sono spente, ha aggiunto: «Non mi aspettavo questa reazione, ma va bene».

Poi il presidente è apparso come sgonfiato ma ha recitato fedelmente tutto il suo discorso, impiegando ancora una volta retoriche e contenuti novecenteschi, dallo spauracchio del socialismo all’isolazionismo da America First. C’è stato anche il tempo per ribadire che gli Usa non daranno incondizionato sostegno economico al di fuori dei confini: «Gli Usa sono di gran lunga il donatore più grande al mondo, in tema di aiuti stranieri, ma pochi danno qualcosa a noi».

Il discorso oltre che politico è stato economico e ideologico, contro il globalismo e a favore del patriottismo: «Non rinunceremo mai alla nostra sovranità in favore di una burocrazia globale non eletta e non perseguibile. L’America è governata da americani». «Aiuteremo solo i Paesi che ci rispettano», ha precisato.

Il tono è stato cupo e belligerante: Trump ha lanciato avvertimenti ai leader di Iran, Siria, Venezuela e Cina su ciò che ha descritto come comportamenti canaglia. E ha chiarito che gli Stati uniti, sotto la sua guida, non saranno legati ad alleati e partner tradizionali.

Se il nemico numero uno alla scorsa Assemblea generale era stato la Corea del Nord, ora l’arcinemico è l’Iran: nonostante il tweet di poche ore prima dove Donald aveva scritto di credere che nel futuro si incontrerà con il presidente iraniano Hassan Rouhani («Sicuro che sia un uomo assolutamente adorabile»), nel suo discorso ha attaccato Teheran.

Riferendosi alla guerra civile in Siria, Trump ha accusato la «dittatura corrotta dell’Iran» di alimentare il conflitto attraverso il denaro e il sostegno al regime di Bashar al-Assad. «Seminano il caos, la morte e la distruzione – ha detto Trump – Gli Usa stanno conducendo una campagna di pressione economica per negare al regime i fondi necessari per far avanzare la loro sanguinosa agenda».

Dopo aver ritirato gli Usa dall’accordo nucleare iraniano negoziato dall’amministrazione Obama e da diversi altri Paesi, Trump ha aggiunto che nei confronti dell’Iran «il 5 novembre riprenderanno sanzioni aggiuntive ed altre ne seguiranno» e ha chiesto a tutti i Paesi di isolare Teheran.

Poche ore dopo a rispondere dallo scranno Onu è stato il presidente iraniano Rouhani che ha accusato Washington di aver violato il diritto internazionale e la risoluzione Onu che sanciva l’accordo sul nucleare del 2015. Forte il richiamo alla legalità internazionale, non senza avvertimenti: «Impegno per impegno – ha detto Rouhani – Minacce per minacce. Le sanzioni Usa sono terrorismo economico». Per concludere con un appello al dialogo, sola via all’uscita dalla crisi.

Ma Teheran non è stato il solo target. Attaccando il governo venezuelano del presidente Maduro, Trump ne ha approfittato per mandare un messaggio agli Usa: dopo aver affermato che il socialismo ha mandato in bancarotta il Venezuela, nonostante sia un Paese ricco di petrolio, ha invitato a «resistere al socialismo e alla miseria che porta a tutti», un evidente eco di politica interna, dove i candidati che si definiscono socialisti stanno riscuotendo un successo nuovo di zecca per gli Stati uniti.

Sul tema della sovranità nazionale, e ribadendo la sua antipatia per le Nazioni unite, Trump ha sottolineato la decisione della sua amministrazione di non supportare il Global Compact Onu sulla migrazione.

«Non saremo governati da un organismo internazionale che è inspiegabile per i nostri cittadini», ha dichiarato aggiungendo che l’unica soluzione a lungo termine della crisi migratoria è «aiutare le persone a costruire futuri più brillanti nei propri Paesi», vero cavallo di battaglia del populismo internazionale.

Dal podio Onu Trump è tornato ad attaccare l’Opec («Deve smetterla di aumentare i prezzi del petrolio») e la Cina («Gli scambi commerciali devono essere equi e reciproci»), il giorno dopo l’imposizione di nuovi dazi sui prodotti cinesi.

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