Trump fa campagna sui diritti umani: Amnesty, Hrw e Oxfam «antisemite»
Stati Uniti Il Dipartimento di Stato pronto a inserire in black list le ong che criticano le politiche di Israele verso i palestinesi, scrive Politico. Una mossa per lisciare i gruppi pro-israeliani e le chiese evangeliche sioniste, equiparando le critiche a un governo con le minacce a una religione
Stati Uniti Il Dipartimento di Stato pronto a inserire in black list le ong che criticano le politiche di Israele verso i palestinesi, scrive Politico. Una mossa per lisciare i gruppi pro-israeliani e le chiese evangeliche sioniste, equiparando le critiche a un governo con le minacce a una religione
A meno di due settimane dalle presidenziali, succede che nel tritacarne della feroce campagna elettorale trumpiana finiscano associazioni per i diritti umani tra le più note e rispettate del mondo.
Lo scoop è di Politico: l’amministrazione Trump avrebbe intenzione di inserire nella black list delle organizzazioni antisemite ong del calibro di Amnesty International, Oxfam e Human Rights Watch. A dirlo sono due fonti governative: la dichiarazione dovrebbe uscire dal Dipartimento di Stato guidato dal falco Pompeo entro la settimana.
Un attacco senza precedenti a organizzazioni operative in tutto il globo dalla fine della Seconda Guerra mondiale (nel caso di Oxfam, ancor prima: è nata nel 1942 a Oxford) che con ricercatori in quasi tutti i paesi del mondo compilano rapporti dettagliati su violazioni dei diritti umani, fame, povertà, repressione, discriminazioni strutturali, detenzioni politiche, abusi di Stato, torture, omicidi extragiudiziali. E si potrebbe continuare.
A spingere per apporre l’infamante etichetta sarebbe proprio Pompeo, interessato a raccogliere il favore delle lobby e dei gruppi pro-Israele e delle chiese evangeliche sioniste, parte consistente della base trumpiana (a differenza della comunità ebraiche americane, in buona parte democratiche e progressiste).
Una mossa che liscia il pelo a chi non accetta critiche alle politiche israeliane nei confronti dei palestinesi sotto occupazione. Non fossero bastati accordi di Abramo, trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme, riconoscimento unilaterale della sovranità israeliana su territori considerati internazionalmente occupati, ora l’amministrazione punta a tagliare le gambe a chi denuncia gli abusi, nell’idea folle che criticare un governo significhi minacciare una religione o che l’ebraismo coincida con lo Stato di Israele.
Gli effetti di una simile mossa sarebbero significativi: se Amnesty, Oxfam e Hrw tengono a precisare di non ricevere un soldo dall’amministrazione americana, essere bollati di antisemitismo avrebbe sicuramente conseguenze sui finanziamenti di privati e governi e potrebbe legittimare gli Stati a chiudere loro le porte.
Resta da capire se l’intenzione scoppierà come una bolla di sapone o sarà concretizzata (con Trump tutto è possibile): sono molti i funzionari contrari a una mossa palesemente in violazione del diritto di espressione e dunque vulnerabile ad azioni legali.
A stretto giro giungono le reazioni delle ong interessate. «Oxfam e i nostri partner israeliani e palestinesi lavorano da decenni per promuovere i diritti umani», dice Noah Gottschalk (Oxfam America). «Combattiamo la discriminazione in ogni sua forma, compreso l’antisemitismo – spiega Eric Goldstein di Hrw – Criticare le politiche di un governo non corrisponde ad attaccare un gruppo di persone».
[do action=”quote” autore=”Bob Goodfellow (Amnesty)”]La Dichiarazione universale dei diritti umani, documento fondante del nostro lavoro, è stata possibile proprio per le atrocità commesse contro gli ebrei. Le nazioni si sono unite e hanno detto “mai più”. Mai più atrocità come quelle commesse con l’Olocausto perché i governi riconoscono che tutti gli esseri umani hanno diritti[/do]
E poi c’è Amnesty, con Bob Goodfellow, direttore esecutivo negli Usa: «Le accuse senza fondamento di Pompeo sono un altro tentativo di zittire e intimidire le organizzazioni per i diritti umani. Il nostro lavoro esiste grazie alle azioni prese dalla comunità internazionale dopo l’Olocausto. Qualsiasi processo volto a una pace giusta e sostenibile in Israele e Palestina deve includere fine degli abusi sistematici dei diritti umani, smantellamento delle colonie illegali israeliane e giustizia per le vittime. Lo prescrive il diritto internazionale, che a Pompeo piaccia o no».
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