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«Trump è un truffatore» che crea una realtà parallela

«Trump è un truffatore» che crea una realtà parallelaNew York, il sosia di Donald Trump davanti alla Trump Tower – Ap

Stati uniti La sentenza a pochi giorni dall’inizio del processo civile contro l’azienda del tycoon

Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 settembre 2023

Un giudice di New York, Arthur Engoron, ha dato ragione alla procuratrice generale dello stato, Letitia James, e ha sentenziato che l’ex presidente Donald Trump e i suoi figli adulti sono colpevoli di «frode persistente e ripetuta», avendo ingannato banche e assicurazioni per circa 10 anni, fornendo informazioni finanziare false, gonfiando il valore dei loro beni sino a 3,6 miliardi di dollari per ottenere prestiti.

UNA SENTENZA importante perché, nella causa civile che comincerà lunedì, la procuratrice accusa Trump e i suoi due figli maggiori di avere sistematicamente gonfiato e sgonfiato il valore delle proprietà dell’organizzazione a seconda che stessero chiedendo prestiti o pagando le tasse. Gli avvocati di Trump avevano chiesto al giudice di rigettare l’accusa prima del processo, concedendo un giudizio sommario a favore del tycoon. La stessa richiesta era stata presentata da James, che aveva chiesto un giudizio sommario che condannasse Trump, e il giudice le ha dato ragione. Dopo la decisione di Engoron, James ha dichiarato: «Non vediamo l’ora di presentare il resto del nostro caso al processo».
Engoron ha stabilito che una figura indipendente continuerà a supervisionare le operazioni della Trump Organization, e anche se l’ordine non scioglie la società di Trump, che è un insieme di centinaia di entità, impone comunque che alcune delle licenze commerciali vengano revocate, rendendo così quasi impossibile per il tycoon e i suoi figli fare affari a New York. La notizia non è piaciuta a The Donald che si è immediatamente sfogato sulla sua piattaforma social, Truth: «É una grande compagnia che è stata diffamata e calunniata da questa caccia alle streghe politicamente motivata».

TRUMP ha lamentato l’assenza di una giuria ed ha sostenuto, parlando in terza persona, che la decisione è stata presa in modo univoco da «un giudice che odia Trump e dalla procuratrice generale Letitia James». Nella sua narrativa, l’ex presidente non ha mai commesso niente di scorretto: «le dichiarazioni finanziarie non comprendevano l’asset più pregiato, il mio brand» e recavano una «clausola che limita la responsabilità». In realtà il valore degli asset di Trump è stato gonfiato in modo ridicolo: la residenza di Mar-a-Lago, per esempio, valutata a 22 milioni di dollari, è elencata a 600 milioni di dollari.

NON È CHIARO se la decisione di Engoron significhi che la Trump Organization e le entità correlate dovranno cessare del tutto ogni operazione a New York, o se le società potranno essere ricostituite legalmente in seguito, di certo questo è un brutto colpo per l’immagine di Trump di brillante uomo d’affari
Durante uno dei dibattiti della sua campagna elettorale del 2016, accusato proprio di gonfiare e sgonfiare il valore dei suoi beni a favore di banche o di dichiarazione dei redditi, Trump aveva risposto «Sì, sono stato furbo». Ad essere intaccata ora è proprio l’immagine di questa furbizia capace di giocare con le regole, e vincere. Un avvocato di Trump, Christopher Kise, ha dichiarato che farà appello contro la decisione, che ha definito «oltraggiosa» e «completamente disconnessa dai fatti e dalla legge applicabile».

Per il giudice sono stati l’ex presidente e gli altri imputati, compresi i suoi due figli adulti e la sua azienda, ad ignorare la realtà quando si adattava alle loro esigenze aziendali. «Nel mondo degli imputati – ha scritto il giudice – gli appartamenti con affitto calmierati valgono quanto gli appartamenti non regolamentati; la terra vincolata vale quanto la terra non vincolata; le restrizioni possono evaporare nel nulla. Questo è un mondo fantastico, non il mondo reale». Per sottolineare questa divergenza dalla realtà, in una nota a piè di pagina Engoron ha aggiunto una battuta di Chico Marx nel film La guerra lampo dei fratelli Marx: «Beh, a chi crederai, a me o ai tuoi stessi occhi?».

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