Un giudice di New York, Arthur Engoron, ha dato ragione alla procuratrice generale dello stato, Letitia James, e ha sentenziato che l’ex presidente Donald Trump e i suoi figli adulti sono colpevoli di «frode persistente e ripetuta», avendo ingannato banche e assicurazioni per circa 10 anni, fornendo informazioni finanziare false, gonfiando il valore dei loro beni sino a 3,6 miliardi di dollari per ottenere prestiti.

UNA SENTENZA importante perché, nella causa civile che comincerà lunedì, la procuratrice accusa Trump e i suoi due figli maggiori di avere sistematicamente gonfiato e sgonfiato il valore delle proprietà dell’organizzazione a seconda che stessero chiedendo prestiti o pagando le tasse. Gli avvocati di Trump avevano chiesto al giudice di rigettare l’accusa prima del processo, concedendo un giudizio sommario a favore del tycoon. La stessa richiesta era stata presentata da James, che aveva chiesto un giudizio sommario che condannasse Trump, e il giudice le ha dato ragione. Dopo la decisione di Engoron, James ha dichiarato: «Non vediamo l’ora di presentare il resto del nostro caso al processo».
Engoron ha stabilito che una figura indipendente continuerà a supervisionare le operazioni della Trump Organization, e anche se l’ordine non scioglie la società di Trump, che è un insieme di centinaia di entità, impone comunque che alcune delle licenze commerciali vengano revocate, rendendo così quasi impossibile per il tycoon e i suoi figli fare affari a New York. La notizia non è piaciuta a The Donald che si è immediatamente sfogato sulla sua piattaforma social, Truth: «É una grande compagnia che è stata diffamata e calunniata da questa caccia alle streghe politicamente motivata».

TRUMP ha lamentato l’assenza di una giuria ed ha sostenuto, parlando in terza persona, che la decisione è stata presa in modo univoco da «un giudice che odia Trump e dalla procuratrice generale Letitia James». Nella sua narrativa, l’ex presidente non ha mai commesso niente di scorretto: «le dichiarazioni finanziarie non comprendevano l’asset più pregiato, il mio brand» e recavano una «clausola che limita la responsabilità». In realtà il valore degli asset di Trump è stato gonfiato in modo ridicolo: la residenza di Mar-a-Lago, per esempio, valutata a 22 milioni di dollari, è elencata a 600 milioni di dollari.

NON È CHIARO se la decisione di Engoron significhi che la Trump Organization e le entità correlate dovranno cessare del tutto ogni operazione a New York, o se le società potranno essere ricostituite legalmente in seguito, di certo questo è un brutto colpo per l’immagine di Trump di brillante uomo d’affari
Durante uno dei dibattiti della sua campagna elettorale del 2016, accusato proprio di gonfiare e sgonfiare il valore dei suoi beni a favore di banche o di dichiarazione dei redditi, Trump aveva risposto «Sì, sono stato furbo». Ad essere intaccata ora è proprio l’immagine di questa furbizia capace di giocare con le regole, e vincere. Un avvocato di Trump, Christopher Kise, ha dichiarato che farà appello contro la decisione, che ha definito «oltraggiosa» e «completamente disconnessa dai fatti e dalla legge applicabile».

Per il giudice sono stati l’ex presidente e gli altri imputati, compresi i suoi due figli adulti e la sua azienda, ad ignorare la realtà quando si adattava alle loro esigenze aziendali. «Nel mondo degli imputati – ha scritto il giudice – gli appartamenti con affitto calmierati valgono quanto gli appartamenti non regolamentati; la terra vincolata vale quanto la terra non vincolata; le restrizioni possono evaporare nel nulla. Questo è un mondo fantastico, non il mondo reale». Per sottolineare questa divergenza dalla realtà, in una nota a piè di pagina Engoron ha aggiunto una battuta di Chico Marx nel film La guerra lampo dei fratelli Marx: «Beh, a chi crederai, a me o ai tuoi stessi occhi?».