Trump e i falchi, incompetenti
Killerson La politica internazionale americana entra così in una sorta di terra incognita, dove la bussola del presidente è ora nelle mani di un politico del Kansas (Pompeo è stato un congressman, cocco della destra del Tea Party) che è molto simile a lui per temperamento e indole decisionista (sono le principali ragioni date della sua scelta da Trump, che con lui sente sulla stessa «lunghezza d’onda»)
Killerson La politica internazionale americana entra così in una sorta di terra incognita, dove la bussola del presidente è ora nelle mani di un politico del Kansas (Pompeo è stato un congressman, cocco della destra del Tea Party) che è molto simile a lui per temperamento e indole decisionista (sono le principali ragioni date della sua scelta da Trump, che con lui sente sulla stessa «lunghezza d’onda»)
Quel «deficiente» di Trump ha messo alla porta il suo segretario di stato con la sbrigativa stoltezza con cui, nei panni del Boss dello show The Apprentice, pronunciava il fatidico «you’re fired», sei licenziato, rivolto al concorrente eliminato dal gioco. «Deficiente» («moron») non è un nostro insulto al presidente degli Stati uniti, ma la definizione che ne diede proprio Rex Tillerson in un fuori onda, lo scorso ottobre, dopo neppure un anno di esasperanti rapporti con la Casa bianca.
Da allora la relazione tra T-Rex, Tyrannosaurus Rex, come hanno soprannominato Tillerson al dipartimento di stato, e The Donald non ha fatto che peggiorare. La crisi nel rapporto tra i due, costellato da innumerevoli stroncature del suo operato via tweet presidenziali, era nell’aria da tempo, ma, adesso che si realizza davvero, stupisce.
Non tanto per la modalità con cui avviene, che ormai è la cifra di questo presidente – il solito tweet, senza preavviso, sostiene Tillerson – , quanto per la sua immediata sostituzione con Mike Pompeo, l’attuale direttore della Cia, un personaggio totalmente a digiuno di diplomazia, se non per l’esperienza, che non è esattamente diplomatica, di alcuni mesi alla guida dell’agenzia spionistica.
La politica internazionale americana entra così in una sorta di terra incognita, dove la bussola del presidente è ora nelle mani di un politico del Kansas (Pompeo è stato un congressman, cocco della destra del Tea Party) che è molto simile a lui per temperamento e indole decisionista (sono le principali ragioni date della sua scelta da Trump, che con lui sente sulla stessa «lunghezza d’onda»).
Un personaggio, dunque, per quanto è dato finora sapere, che non farà niente per contenere o smussare le sortite del presidente ma al contrario gli farà volentieri da sponda e da moltiplicatore. L’opposto di quel che cercava di fare T-Rex, uomo di mondo con la sua lunga esperienza alla guida di una multinazionale, la Exxon-Mobil, anch’egli privo di un curriculum diplomatico ma avvezzo per mestiere alle trattative con i più diversi e più distanti interlocutori.
Con l’uscita di Tillerson e l’ingresso di Pompeo, l’unico «adulto» tra i ministri che contano è adesso Mad Dog Mattis, il segretario alla difesa, un militare che sa riconoscere, dopo anni di inutile crudeltà bellica, che l’unica via in Afghanistan è quella della diplomazia. Un falco anch’egli, ma non un avventurista. Chissà se in grado di fare da contrappeso al duo Trump-Pompeo.
Della «visione internazionale» di Pompeo è soprattutto nota l’idiosincrasia petulante all’intesa con l’Iran, quell’Iran Deal che con la distensione con Cuba, è la pietra miliare della politica internazionale dell’era Obama.
L’ex petroliere Tillerson non voleva sentir parlare di rompere il patto, anche perché sottoscritto da Ue, Francia, Germania, Regno Unito, Germania, Cina e Russia, oltre che da Usa e Iran. La divergenza con Trump è l’unico punto di merito citato dal presidente per giustificare la frattura con il segretario di stato.
Si va dunque verso una nuova crisi nelle relazioni con la nazione sciita? Mentre verso la Corea del nord Trump tende la mano?
Si tratta di capire come si connettono tra loro i due quadranti medio ed estremo orientali che in questo momento sono al centro dell’attenzione degli americani. A questa considerazione va aggiunta la questione dei dazi, con i suoi riverberi nelle relazioni internazionali. La recente uscita del principale consigliere economico di Trump, Gary Cohn, in dissenso con lui sulla questione dei dazi per acciaio e alluminio, può essere collegata all’estromissione di Tillerson, che per formazione non è un sostenitore del protezionismo oggi in voga alla Casa bianca.
Un protezionismo che complica le relazioni commerciali con partner storici ma anche inevitabilmente, le relazioni politiche.
Quel tanto, molto poco per la verità, di ragionevolezza che poteva ancora albergare nell’amministrazione Trump sembra evaporare del tutto.
Falchi e incompetenti dominano incontrastati la cerchia ristretta del presidente. Falchi particolarmente deplorevoli, come lo stesso Pompeo e soprattutto la sua vice, che ha preso il suo posto.
Sarà pure la prima donna a ricoprire il ruolo di direttrice della Cia, come si vanta l’illustre alfiere delle donne che l’ha nominata, ma è uno dei personaggi più loschi dell’agenzia. Gina Haspel è nota per aver gestito una prigione segreta della Cia in Thailandia, «Occhio di gatto» all’epoca della presidenza Bush, dove detenuti sospettati di essere parte di al Qaeda subivano torture terribili, tra cui il famigerato waterboarding, una pratica che simula l’annegamento. Trump è un sostenitore del waterboarding, e coerentemente ha promosso Gina, che da qual periodo in poi, si è distinta per altre nefandezze, una scelta oggi opportunamente denunciata da Human Rights First.
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