Rubriche

Trump, Clinton e le banche

Nuova finanza pubblica La rubrica settimanale a cura di Nuova finanza pubblica

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 12 novembre 2016

La notizia della settimana è ovviamente il risultato delle elezioni negli Usa. Dopo qualche giorno è forse possibile cercare di capire l’orientamento dei candidati sui temi di banche e regolamentazione finanziaria.

Clinton pare avesse idee chiare nel sostenere una forte regolazione. Esprimendo la sua posizione in un lungo documento per la campagna elettorale aveva attestato chiaramente di voler difendere la legge Frank-Dodd (che dovrebbe regolare più strettamente il settore bancario e finanziario) tanto attaccata dai repubblicani; svantaggiare fiscalmente le imprese finanziarie con un elevato rischio; imporre una maggiore trasparenza al sistema finanziario ombra; potenziare la Volcker Rule (volta a limitare l’attività speculativa delle banche); rafforzare le autorità regolatorie, ecc.

Nel complesso un programma di continuità con la presidenza Obama, o, almeno con i suoi passi iniziali che può esssere considerato piuttosto positivo.

Purtroppo tutto ciò è un po’ diverso da quello che emerge dalle rivelazioni di Wikileaks: la nota organizzazione di Assange ha diffuso le trascrizioni di conferenze pagate (considerabile una larvata forma di finanziamento) a Clinton da banche come Goldman Sachs. Ai cui uomini di punta già mesi fa era trapelato avesse detto: ’’io ricorderò sempre il vostro sostegno e metterò le vostre priorità sopra le altre’’.

Del resto 51 interventi privati le eavevano fruttato circa 11 milioni di dollari… Del resto è questo il tenore delle accuse di Bernie Sanders che rinfacciava durante la campagna delle primarie, di essersi messa in tasca i soldi di Wall Street. Nel testo recentemente diffuso la candidata democratica nel 2013 si mostra più entusiasta dell’aiuto che gli uomini di Golman possono dare ai legislatori che della regolazione che non dev’essere «né troppa né troppo poca».

Trump sembra un po’ più confuso in merito. Di certo c’è solo che (l’allora) candidato miliardario aveva detto nettamente che la legge Frank-Dodd è orribile e promesso di abrogarla; ma interrogato sulla Volcker Rule (che ne è uno dei capisaldi) era assai più caotico, asserendo di non essere sicuto che Volcker (l’ispiratore della norma, già governatore della Fed a fine anni Settanta) la approvasse, ed in quel caso… sarebbe andata bene anche a lui. Il motivo per l’abrogazione della Frank-Dodd sarebbe che «le banche sono immobilizzate da essa… e non possono prestare soldi in modo da creare lavoro».

Un articolato piano di regolazione finanziaria era stato promesso ma nessuno ne ha mai avuto notizia. Presumibilmente Trump non si interessa della cosa e non ne sa molto. Ed il suo vice, Mike Pence? Di lui si ricorda l’opposizione tanto ai salvataggi bancari (2008) che alle nuove regole di Obama (2010) ma con dichiarazioni stringate e senza approfondire il tema.

In conclusione per Clinton avremmo saputo sia cosa ha promesso sia i legami che renderebbero comprensibilmente scettici sul fatto che avrebbe voluto mantenere. Su Trump non si sa e si dovrebbe cercare di capirlo da altri punti del programma, salvo vedere le nomine nel settore specifico ( i nomi che stanno emergendo dicono tutto…).

Salvo il fatto saltato fuori recentemente che lui è personalmente in debito con Deutsche Bank, una delle banche più compromesse del mondo con i giochi speculativi; la quale è a capo della cordata che nell’ambito delle negoziazioni per il Ttip (Trattato Transatlantico) cerca di fare pressioni per una regolazione più morbida sui servizi finanziari. In particolare proprio sulla legge Frank-Dodd, che Trump appare incline a abrogare. Ma che caso.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento